The Lodge: la "continuazione" elegante degli Henry Cow.
John Greaves, Peter Blegvad, Kristoffer Blegvad, Jakko Jakszyk, Anton Fier, Lisa Herman. Fantastico! Album registrato a New York con l'aggiunta a Cambridge (GB) di sovraincisioni. Purtroppo rimase l'unico lavoro della promettente formazione.
La storia di The Lodge parte da lontano...
1975. In seguito allo scioglimento degli Slapp Happy, band che si era in parte fusa con i più politicizzati Henry Cow, il chitarrista e cantante Peter Blegvad tornò a NYC per lavorare nel mondo dei cartoni animati. Non abbandonò del tutto la musica... anzi! Con John Greaves, bassista degli Henry Cow, e con la cantante e pianista Lisa Herman, realizzò l'album Kew. Rhone. Lo spirito della scena di Canterbury sembrava essere rimasto invariato. Rianimato e carico al massimo, Peter Blegvad tornò in Inghilterra nel 1982, dove lavorò con diversi musicisti, ma il successo rimase men che modesto. Quattro anni dopo, riattraversò il Grande Stagno. Negli States collaborò con The Golden Palominos, guidati da Anton Frier, ex batterista dei Pere Ubu.
Il gruppo The Lodge ebbe vita breve anche perché i singoli membri erano impegnati in vari, anzi troppi progetti; sia collettivi che individuali. Realizzarono un unico album (questo. Acquistalo su Bandcamp) e arrivarono a esibirsi soltanto in piccoli club del Greenwich Village e in location simili. (La loro era, in fondo, "pretentious music"... art rock.) In più, fecero qualche concerto europeo.
Formazione storica:
- Kristoffer Blegvad: voce
- Peter Blegvad: chitarra e voce
- Jakko Jakszyk: chitarra e flauto e voce
- Anton Fier: batteria
- John Greaves: basso, tastiere e voce
Altri musicisti e turnisti:
- Gavin Harrison: batteria
- Lyndon Connah: tastiere
- Steve Franklin: tastiere
- Nic France: batteria
Ulteriori supporti musicali per la registrazione dell'album furono forniti da:
- Gary Windo: sax tenore
- David Hofstra: contrabbasso
- Michael Blair: percussioni
- Chris Botti: tromba
- Deborah Berg e Jane Edwards: voci secondarie
Formazione del 2008:
- John Greaves: voce e pianoforte
- Peter Blegvad: programmazione e voce
- Lisa Herman: voce femminile
- Jef Morin: chitarra
- David Lewis: tromba e flicorno
- Daniel Yvinec: basso
- Simon Goubert: batteria
- Cecile Bohler: cori
Peter Blegvad (New York, 14 agosto 1951) è un musicista di avant-progressive rock nonché fumettista. Noto soprattutto per aver fatto parte degli Slapp Happy (la cui strada si sovrappose, per lo spazio di due album, a quella degli Henry Cow).
John Greaves (gallese, nato il 23 febbraio 1950) è stato un membro degli Henry Cow, dei National Health e del supergruppo Soft Heap.
Michael „Jakko“ Jakszyk (propriamente: Michael Lee Curran, nato l'8 giugno 1958 a Londra) ha collaborato con David Jackson, Gavin Harrison, Franco Battiato... È stato ne The Tangent. E avrebbe più tardi sostituito Adrian Belew nei King Crimson.
Questo è un libro che si deve leggere e far leggere. Io personalmente ne ho regalato una copia a mio fratello e l'ho raccomandato a molti miei conoscenti. Together we stand, divided we fall (che Randone ha scritto con il contributo di Nino Gatti) è un'analisi critica compiuta da un musicista; dunque abbiamo da una parte molti dettagli tecnici interessanti, tuttavia il grosso del volume è costituito dalle osservazioni di un grande fan dei Pink Floyd e del rock in generale, perciò possiamo stare certi che qui c'è dell'entusiasmo genuino, c'è il cuore, c'è la sensibilità di chi sa cogliere sentimenti e sfumature poetiche.
La storia la sappiamo: il film diretto da Alan Parker uscì nel 1982 e fu immediatamente un successo, sulle ali della fama del 'concept album' The Wall. L'ispirazione è ovviamente quella della straordinaria narrazione su pentagramma incisa sul doppio disco pluripremiato; inoltre ci si serve qui dell'interpretazione sentita e dunque credibile di Bob Geldof nei panni di una rock star in forte crisi. È un film tradizionale? No, come sappiamo. È un insieme - un vero mix - di linguaggi espressivi. Pink Floyd The Wall visualmente è basato in gran parte sulle animazioni di Gerald Scarfe, costruite su disegni iconici che nel frattempo hanno fatto scuola. (La scelta cadde su Scarfe non in maniera casuale: nel Regno Unito, era già noto come fumettista satirico.)
Nicola Randone fa un lavoro anche di ricerca linguistica, illustrandoci le espressioni idiomatiche e quelle inconsuete (per noi non-inglesi) contenute nell'opera.
>> A proposito dell'uso dei "modi di dire" in THE WALL, che abbiamo già avuto modo di riscontrare In the Flesh? nell'espressione "space cadet glow", è chiaro che l'autore Roger Waters non sia il classico paroliere che gira sempre intorno alle stesse parole ma che, da uomo inglese tutto d'un pezzo, ami servirsi della tradizione linguistica della sua terra proprio come uno scrittore colto. Non a caso, chi mastica un po' d'inglese e non ha alcuna difficoltà a comprendere il testo cantato di gruppi come i Led Zeppelin o i Deep Purple, quando si trova davanti a un testo di Roger deve spesso ricorrere al vocabolario. <<
Per questo motivo Randone ha analizzato anche l'etimologia dei modi di dire: per arrivare a una più profonda comprensione dell'opera. Oltre alla descrizione dei singoli capitoli, anzi: delle singole scene della pellicola, ci sono un mucchio di informazioni particolareggiate sul periodo in cui le singole canzoni sono state composte, per quale occasione, in quale situazione esistenziale di questo o quel componente della band, cosa vogliano dire veramente e, come c'è da aspettarsi, vengono scandagliati i retroscena dietro alle sequenze del film, gli incidenti sul percorso, le curiosità, i contributi di questo o quel membro della troupe, le scelte artistiche e di montaggio fatte da Alan Parker e dai suoi collaboratori...
Il lettore può così "gustarsi" Pink Floyd The Wall anche se non ha il DVD sottomano, rivivendo nel proprio spirito il racconto in tutte le sue nuances e persino imparando qualcosa di più circa i Pink Floyd. All'interno del gruppo, infatti, si erano già innescati quei meccanismi che avrebbero ben presto portato alla separazione di/da Waters...
Come un po' tutto il Krautrock (Ash Ra Temple, Klaus Schultze, Amon Düül, e inoltre Jane, Neu!...), anche i Tangerine Dream sono figli putativi di Karlheinz Stockhausen.
Altre influenze della band, che il lituano-tedesco Edgar Froese guidò fino all'ultimo (la sua morte avvenne nel 2015): Ligeti, Corelli, Ravel, Beethoven, Terry Riley, Steve Reich... oltre a qualche visionario della letteratura: William Blake, il nostro Dante...
Strumenti: sintetizzatori a iosa, e poi chitarre, flauto, percussioni, basso, archi (violino, violencello), sassofono.
In questo concerto (a Zurigo) suona, insieme ai Tangerine Dream, la splendida artista viennese Linda Spa. La Spa rimase con i Tangerine Dream per diversi anni, fino al 2015, in qualità di sassofonista e tastierista; pur non andando sempre in tournée con loro.
Due delle tappe dell'ElectricMandarine Tour 2012 toccarono anche l'Italia: Padova e Milano.
Per chi ama le lunghe sequenze ipnotico-psichedeliche: Liliental, band appartenente al cosiddetto "Krautrock". Con qualche "escapade" space-rock tipo Pink Floyd era Ummagumma.
Non lasciatevi trarre in inganno da chi ve li presenta con la acca dopo la ti: in realtà il nome della band è Liliental.
Lilienthal (gli altri; quelli con 'h') era un gruppo di folkrock attivo nello stesso periodo. Invece Liliental (quelli del video) rappresentavano un "side project" di Dieter Moebius, inaugurato dopo che i Cluster si erano (momentaneamente) sfasciati.
Io li trovo meno sperimentali delle classiche band krautrock, ma non per questo meno coraggiosi nel tentativo di non ricalcare le melodie e i modi di suonare del rock anglosassone. Tuttavia, scriviamo già l'anno 1978 e intanto il prog d'Oltremanica e d'Oltreoceano si era sviluppato in maniera tale da sorpassare sulla corsia di destra anche i gruppi teutoni più avanguardistici e perciò i Liliental appaiono a tanti come meri eponimi di band più famose, mentre chi conosce le vicissitudini e gli intrecci della musica tedesca sa che si meritano un posto d'onore negli annali del rock mitteleuropeo.
Sia pure abbiano realizzato un unico album.
L'opera dura non più di 35 minuti e l'ascoltatore "sente" che manca il brano risolutivo, quello che poteva costituire un degno epilogo. Ma prendere o lasciare. Se si vuole essere liberi, anarchici, occorre esserlo anche nella scelta del finale di un lavoro artistico... Così pensavano Moebius e Conny Plank (vedi più giù).
Come detto, non ci saranno purtroppo altri dischi targati "Liliental", ma Moebius riprenderà il discorso nei rinati Cluster...
Ad accompagnare il musicista in questa avventura mono-episodica sono due membri del famoso gruppo jazz-rock Kraan: Helmut Hattler (al basso elettrico) e Johannes Pappert (che suona alcune parti all'alto sax). Ingegnere del suono è Konrad "Conny" Plank. Plank è un personaggio importante per il Krautrock, morto purtroppo a soli 47 anni. Ha partecipato alla realizzazione di diversi album dei Cluster e qui è presente anche come polistrumentista, suonando la chitarra, il sintetizzatore e con le "voci manipolate".
In generale, l'ascolto di Liliental è piacevole e "relaxed", anche se si avverte il lavoro complicato sui loop elettronici e il tentativo di tenere in equilibrio i (rari) costrutti sperimentali nella struttura generale cool jazz.
C'erano due Amon Düül: gli Amon Düül propriamente detti e gli Amon Düül II.
Gli Amon Düül nacquero in una 'Kommune' di artisti di Monaco di Baviera e parteciparono, con la loro musica, a diverse manifestazioni di protesta politiche. (Erano molto vicini alla Kommune 1 di Berlino.) Durante gli happenings, una fazione dei communardi predicava per un tipo di musica libero da ogni schema, l'altra fazione invece era per una musica ben strutturata e con certe connotazioni accademiche.
Accadde così che negli Essener Songtage del 1968 (organizzati da Rolf-Ulrich Kaiser e dai Tangerine Dream) si presentarono, accanto agli Amon Düül, anche gli Amon Düül II.
Oggi ci è difficile dire quale gruppo (anzi: collettivo!) fosse il migliore. Ambedue furono importanti per lo sviluppo del Krautrock. Noi proviamo forse un po' più di affetto per il primo, perché produsse brani di matrice tribale e hippy, avvicinando idealmente Monaco, Berlino e tutta la Germania alla California di quei giorni. Ma, obiettivamente, gli album tecnicamente superiori sono quelli degli Amon Düül II (Phallus Dei e Yeti in primis). Che, infatti, ebbero un successo di vendite non indifferente.
A inizio luglio Renate Knaup ha raggiunto l'età di 75 anni. Protagonista del Krautrock, è tutt'altro che un rudere. In Germania questo genere esiste ancora e lei, anche dopo la sua carriera "ufficiale", si è divertita a collaborare con qualcuno dei nuovi gruppi, epigoni dei Can, degli Embryo, degli Amon Düül, dei Neu!, dei Grobschnitt, dei Faust, dei Guru Guru ecc.
Video: Renate Knaup con gli Amon Düül II in Play Phallus Dei del 1968.
Si può dire che per gli Amon Düül questa fu la prima "uscita" su pellicola come formazione di psychedelic underground. Uno degli operatori che girò il documentario era Wim Wenders.
L'anno dopo, il gruppo avrebbe registrato il suo album di debutto ufficiale Phallus Dei.
Risaputamente, la discografia della cantante ha questo aspetto (metà dischi con iDüül, metà con i Popol Vuh, più o meno):
1968: Amon Düül II – plays Phallus Dei
1969: Amon Düül II – Phallus Dei
1970: Amon Düül II – Yeti
1971: Amon Düül II – Tanz der Lemminge
1972: Amon Düül II – Carnival in Babylon
1973: Amon Düül II – Wolf City
1973: Amon Düül II – Utopia
1973: Amon Düül II – Live in London BBC 1973
1974: Amon Düül II – Vive la Trance
1974: Maschine Nr. 9 – Headmovie
1975: Amon Düül II – Hijack
1975: Amon Düül II – Made in Germany
1975: Popol Vuh – Live in Milan
1976: Popol Vuh – Letzte Tage, letzte Nächte
1979: Popol Vuh – Die Nacht der Seele
1981: Popol Vuh – Sei still, wisse ICH BIN
1981: Amon Düül II – Vortex
1983: Popol Vuh – Agape Agape Love Love
1985: Popol Vuh – Spirit of Peace
1987: Popol Vuh – Cobra Verde
1991: Popol Vuh – For You and Me
1995: Amon Düül II – Nada Moonshine
1996: Amon Düül II – Live in Tokio
Amon Düül II - "Race From Here to Your Ears" (da: Tanz der Lemminge, 1971)
La voce femminile del Krautrock: Renate Knaup
La Knaup, nata nell'Allgäu (Algovia), a 19 anni si trasferì a Monaco di Baviera e lì entrò nella comune artistica da cui scaturirono gli Amon Düül II. A questi veterani del Krautrock il successo arrise con Yeti, album del 1970, e non in patria ma in Inghilterra dapprima, poi in tutto il mondo occidentale. Le varie tournée cui partecipò fecero divenire Renate Knaup un'icona del rock alternativo tedesco. Nel 1975 si unì ai Popol Vuh. Nel 2017 entrò nel progetto sperimentale Dot Product, dei musicisti Chris Jarman e Adam Winchester, di Bristol.
Vive a Berlino dal 2013 e ha una figlia dal suo matrimonio con l'attore Philipp Sonntag.
Popol Vuh - "When Love is Calling You"
(dal 17° album dei Popol Vuh, For You and Me del 1991)
Qui la Knaup è accompagnata al canto dal soprano coreano Djong Yun.
Renate Knaup scelse anche lo pseudonimo "Enrichetta Codadirospo" (Henriette Krötenschwanz). Era e rimane una parte non secondaria del suo essere, l'uso dell'ironia allo scopo di non prendersi troppo sul serio e di scongiurare il pericolo di diventare un idolo.
In questo breve stralcio di un documentario della BBC, ci sono sequenze del suo divenire artistico insieme ai membri originari degli Amon Düül II. Le comuni erano sì politicizzate ma non in senso violento, tuttavia ci furono incroci con i membri della RAF (Rote Armee Fraktion, celebre gruppo terroristico). Gudrun Ensslin, che era ricercato dalla polizia tedesca, pensò di fare capolino nella casa degli Amon Düül che sorgeva su un lago presso Monaco di Baviera, ma la band lo cacciò via.
Importante soprattutto la spiegazione sul perché il Krautrock, la musica "nuova" tedesca, rappresentò una rivoluzione culturale, nella Germania che era ancora piena di incalliti tradizionalisti e nostalgici nazisti.
Amon Düül II live in BBC Radio 1
(1973)
Al Golders Green Hippodrome. Ma il presentatore dice: "Hippy-drome"!
La storia del Rock Progressivo è approdata a Taranto con Richard Sinclair
di Vito Piepoli
Sinclair è considerato uno dei capostipiti della “scena di Canterbury”, corrente del rock progressivo che si è sviluppata tra gli anni
Sessanta e i primi Settanta, legata anche alla contaminazione di generi come il rock psichedelico, il jazz, la musica d’avanguardia e la musica elettronica.
È tra i fondatori di gruppi fondamentali di questa scena nata nel Kent in Inghilterra, come Wilde Flower a soli 15 anni, Caravan ed Hatfield and the North, e membro in altrettanti gruppi
come Camel, National Health, In Cahoots.
Nel 2006 ha lasciato la sua storica casa di Canterbury per trasferirsi definitivamente in Italia, in un trullo a Martina Franca (Taranto).
La sua musica dopo tanti anni, ha la freschezza magica del tempo sempre vivo, la magia dei suoni ‘giusti’ e delle emozioni condivise, come si è ascoltato l’altra
sera nel progetto “Taranterbury band of dreams”, nell’Arena della Villa Peripato nella 4° edizione di Taranto Jazz Festival, sotto la direzione artistica di Antonio Oliveti.
Da sinistra: Vito Rizzi, Richard Sinclair, Angelo Losasso, Gianluca Milanese, Francesco Festinante
Il suono di Canterbury si è risentito, sospeso tra fremiti progressivi, spigolature jazz e d’avanguardia, schegge
di psichedelia, rock e vibrazioni elettroniche, melodie rigogliosamente poetiche e nel bisogno generale di ritrovare la magia, ormai quasi perduta, di fare musica mentalmente aperta e senza paraocchi.
Nel corso della sua carriera è stato circondato da tanti musicisti innovativi, sempre protesi a creare qualcosa di nuovo.
Per Sinclair la scrittura e la composizione non sono mai attività che si esauriscono con la registrazione dei brani, perché anche i pezzi più ‘definiti’ possono
essere sempre aperti a una reinterpretazione, la vita continua e sia il pubblico che i musicisti cambiano nel corso degli anni.
I concerti, invece, conferiscono nuova linfa alle composizioni, spesso con l’aiuto di nuovi musicisti.
E con lui voce e basso si sono esibiti, Francesco Festinante alla chitarra con la quale sua band ‘Il Sogno di Rubik’ arriveranno altre collaborazioni ed esibizioni, come quella avutasi
in occasione del concerto al Jackstore Social Club di S.Vito (TA) a settembre del 2022 e Vito Rizzi tastierista della stessa band.
Inoltre Angelo Losasso, batterista in pianta stabile da oltre vent’anni. Al flauto, Gianluca Milanese, unico flautista italiano ad aver suonato
con Joe Zawinul (Weather Report), attivo sul panorama italiano da 30 anni ed al fianco di Richard Sinclair da venti.
“La maggior parte della musica che ho fatto è stata possibile grazie al contributo di quelli che condividevano le mie stesse idee musicali; per questo ora sono felice con i miei nuovi
amici e spero di poter registrare presto nel mio studio personale, immerso nella natura. Mi piace ancora viaggiare e suonare dal vivo. Si cresce pensando ai soldi come a una priorità imprescindibile, piuttosto che a
cercare di raggiungere la felicità tramite la creatività personale” aveva riferito Richard Sinclair in una sua intervista.
Una cosa è certa, lui sul palco si diverte e lo si è visto anche da come duettava alla chitarra in sintonia con Francesco Festinante (foto) con il quale collabora da due anni e da
questa collaborazione è nata la registrazione di un brano e la composizione di brani inediti.
Sinclair e Festinante
La voce principale della scena di Canterbury, il canto e il basso di Richard Sinclair sono stati una costante fonte di gioia per gli amanti della musica di Canterbury presenti l’altra
sera.
Una voce profonda e bassa, la sua, un talento per melodie memorabili, il suo, che pochi possono eguagliare, oltre a una tecnica fantasiosa e fluida al basso.
Per gli intenditori, i brani eseguiti sono stati: "Rifferama", "What’s Rattlin", "Felafel Shuffle", "Out of the Shadows", "What in the World", "Disassociation", "In the Land of Grey and Pink", "Golf Girl" e "Who do you think you are".
L’atteso Richard Sinclair, bassista straordinario, improvvisatore instancabile e vocalist, nel corso degli anni ha portato il proprio contributo a decine di progetti nei territori
del rock progressivo e del British Jazz più avanzato.
A Taranto ha confermato di rimanere il portabandiera di una forma di canzone che incorpora armonie sofisticate, influenze ‘popular’ e humor di stampo tipicamente britannico,
in una commistione assolutamente unica.