11/08/20

Camel

Quando si accenna ai Camel, il pensiero corre subito a due immagini iconografiche: il cammello che campeggia sulle copertine di molti loro dischi (e per cui il gruppo ebbe addirittura qualche guaio giudiziario con una nota fabbrica di sigarette...) e Andy Latimer che suona il flauto con la chitarra appesa al collo.

 

  





Nei primi album sicuramente la loro musica ha qualche somiglianza con quella dei Caravan, ma questo basta davvero per ascriverli alla Scena di Canterbury? Per molti "studiosi" del progressive rock, i Camel non hanno alcun legame vero con la scena suddetta, se si esclude il fatto che, dopo Moonmadness, Richard Sinclair e qualche altro membro dei Caravan entrò nel gruppo.
Del resto, lo stesso termine "Canterbury" è un concetto nebuloso, se si pensa che quasi nessun complesso della Scena di Canterbury proveniva da quella città di circa 50.000 abitanti non lontana dalla capitale del Regno... 
Ovviamente, il luogo è una scelta di comodo per indicare la tendenza a suonare "Psychedelic Jazz in Rock". Sì, è questo il motivo: molti dei gruppi che vengono fatti rientrare nella Scena di Canterbury fanno spesso ricorso ad elementi di jazz oppure psichedelici; o ambedue insieme. 

[ ... La musica rock-jazz fusion trova probabilmente il suo apice non in Inghilterra ma in Olanda! Andatevi ad ascoltare Present From Nancy, album del 1970 dei Supersister. Più "canterburiani" di così...!  ]




La storia dei Camel ebbe inizio nel Surrey (Sud-Est dell'Inghilterra, alle porte di Londra). Il periodo: metà Anni ’60. Un giovane chitarrista capace anche di suonare il flauto, tale Andrew Latimer, forma una band: The Fantom Four. Attivi localmente, nel '68 costoro si ribattezzano "Strange Brew", in seguito semplicemente "The Brew". Il posto di bassista viene occupato da Doug Ferguson, a cui segue l’entrata nel gruppo nel 1969 del batterista Andy Ward, all’epoca quattordicenne.

Una delle demo di The Brew finisce nel 1971 nelle mani dell’ex produttore dei Beatles, Dick James. James li convince a fare i sessionmen per un album del tastierista Phillip Goodhand-Tait. Disco che non ha alcun riscontro commerciale. Ma l’esperienza con quel tastierista spinge i ragazzi a mettere un annuncio per trovarne uno di ruolo. Una risposta arriva da Peter Bardens, il cui curriculum elenca collaborazioni con Mick Fleetwood, Peter Green, Rod Steward, Beryl Mardsen, Van Morrison...

 


 
Novembre 1971: cambiano nome ancora una volta. Ora si chiamano appunto "Camel", e i Camel, nella formazione classica (Peter "Pete" Bardens alle tastiere, Andrew "Andy" Latimer alla chitarra, alla voce e al flauto, Doug Ferguson al basso, Andy Ward alle pelli), giungono a una certa credibilità grazie a una serie di concerti, tanto da ottenere un contratto discografico con la MCA. Verso la fine del 1972 iniziano le registrazioni dell'LP Camel, che uscirà nel febbraio del 1973. 

Camel rivela influenze dei Pink Floyd sydbarrettiani ("Mystic Queen"), dei Jethro Tull (assolo flautistico in "Never Let Go") e dei Soft Machine e di Brian Auger per la scrittura jazzistica dell'organo. È Pete Bardens la colonna portante del gruppo. Come detto, Bardens non era Mister Nobody: aveva suonato nei Them con Van Morrison, aveva accompagnato Rod Stewart e aveva alle spalle due album solisti: The Answer (Transatlantic, 1970), con Peter Green alla chitarra, e un album eponimo (Transatlantic, 1971).
Ascoltando oggi Camel, ci sorprendiamo piacevolmente per l'equilibrio tra grinta e atmosfere bucoliche... Sono sette tracce - alcune di 4 minuti circa, le altre di 6 minuti circa - che tradiscono appena qualche ingenuità. Con la voce di Peter Bardens che riesce a piacere (almeno a noi) più di quella di Latimer.

L'album non ebbe successo. Di conseguenza, i Camel decisero di lasciare la MCA Records e di passare alla Decca.




Mirage (1974) si apre con "Freefall", dove la chitarra di Andy Latimer è protagonista in un magnifico duetto con l'organo di Bardens. Segue, come da regola, una canzone delicata ma pimpante, "Supertwister", costruita su misura per il flauto di Latimer. "Nimrodel: The Procession / The White Rider" (ispirata al Signore degli Anelli di Tolkien) è una suite molto evocativa: atmosfere fiabesche e medievali, con tanto di marcia trionfale iniziale, rulli di tamburi, campane. Il resto del disco si snoda tra funambolismi e passeggiate attraverso paraggi sonori meno frenetici. Il pezzo forte di Mirage è "Lady Fantasy", 13 minuti di musica splendidamente eseguita, assai affascinante. 



Neanche quest'opera riscosse successo in Inghilterra ma permise ai Camel di farsi notare nella West Coast degli USA, conducendoli a un tour di 3 mesi in quella regione. Si iniziava a decollare...



 La band







1975. La musica progressive è in procinto di tramontare e i Camel non si possono definire esattamente "commerciali". Tuttavia il quartetto inglese ha ormai un proprio stile. Ebbene: decidono di affinarlo. 
Bardens, Latimer, Ferguson & Ward hanno all'attivo due ottimi album e ne sfornano un terzo che piace - e piacerà - agli amanti del progressive. Soprattutto a coloro che non hanno nulla da ridire contro le linee melodiche chiare. The Snow Goose è una suite in sedici sezioni caratterizzata da temi di natura classico-romantica. Il discorso pentagrammato è ulteriormente snellito rispetto ai primi due dischi. Brillante Latimer al flauto. Ma ci stiamo allontanando sempre più da Canterbury...
 Ispirato all'omonimo racconto dell'autore americano Paul Gallico è, questo, un concept scritto in sole due settimane in una sorta di ritiro dentro un cottage del Devon. (Saranno poi costretti a cambiare il titolo del disco in Music Inspired by The Snow Goose per le obiezioni sollevate - per vie legali! ma perché? - dallo scrittore.) 
Le parti vocali, da sempre non molto diffuse negli album dei Camel, svaniscono interamente qui, lasciando l'ascoltatore da solo con le suadenti note della chitarra di Andy Latimer e con il piano struggente di Bardens. E in più il flauto, certo. Un po' troppo mieloso il tutto...
Ad ogni modo! Il racconto è ambientato durante la ritirata di Dunkerque del 1940. The Snow Goose (di Gallico) narra dell'amicizia tra un solitario e deforme guardiano del faro dell'Essex e un'oca delle nevi che è ferita. Ambedue assistono impotenti e stupefatti alla disfatta delle truppe anglo-francesi... I Camel rendono bene la narrazione del romanziere usando la forma prettamente musicale. Molti passaggi tuttavia risultano soporiferi. Ma che importa? Il successo dà loro ragione: saranno invitati a tenere un concerto nella Royal Albert Hall insieme alla London Symphony Orchestra. (Ott. 1975.) E risulterà un 'tutto esaurito'.




Moonmadness (1976) è un altro esempio di pop sinfonico, ma ritorna il cantato, con l'aggiunta di qualche impulso jazz e con Pete Bardens ai tasti e Andy Ward alla batteria più in forma e più convinti che mai. È un riflusso di vita, dunque, nei suoni dei Camel. Si è ai livelli di Mirage... 
Molto bella e suggestiva "Spirit Of The Water", quarta traccia.

                                

Rain Dances (1977) segna l'entrata di Richard Sinclair (Caravan) al basso e al canto, al posto di Ferguson. Il sound diventa più decisamente "jazzy". All'album collaborano Eno (suoni elettronici, effetti di studio) e Mel Collins (sassofonista, ex King Crimson). Già la prima traccia colpisce nel segno: la stupenda "First Light"... La seconda, "Metrognome", è ugualmente piacevole, ritmica, mossa e ben eseguita. Ma manca, nel full-lenght, l'organicità, e alcuni fan della band hanno come l'impressione di uno sbandamento e una perdita d'orientamento, mentre per altri è questo invece il loro album più originale e meglio suonato. In generale dobbiamo ammettere che non c'è quella certa coerenza stilistica degli album precedenti. Tuttavia, si ha in Rain Dances, come detto, un suono più jazzato, non solo grazie a Richard Sinclair, ma anche perché, con Fiona Hibbert all'arpa, Martin Drover al flugelhorn e Malcolm Griffiths al trombone, i Camel dispongono di una piccola orchestra jazz.

Breathless dell'anno successivo rappresenta - grazie soprattutto a Mel Collins e Richard Sinclair - un nuovo vertice nella carriera dei Camel: una serie di composizioni gentili di buon livello, con il canto che torna a essere centrale. Nessuna delle nove songs è da scartare: tutte dolci e gradevoli. Bella la voce di Richard Sinclair in "Breathless", "Down on the Farm" e "Summer Lightning". Qualche divagazione jazzrock, poche sperimentazioni.


Dopo questo lavoro, Pete Bardens lascia il gruppo per riprendere la carriera solista (formerà i Mirage proprio con Richard Sinclair). A lui succedono Dave Sinclair (cugino di Richard) e Jan Schelhaas (due tastieristi!), entrambi provenienti dai Caravan, mentre Latimer è ora il leader indiscusso.




L'album del 1979, il loro settimo in studio, I Can See Your House from Here, è in generale in stile pop, softrock, con qualche pezzo dance. Invano si cerca di trovare l'ispirazione di Breathless. È, finora, il loro disco più debole, a detta di tanti recensori. Tuttavia, paradossalmente, segna il ritorno nelle classifiche degli album più venduti (nel Regno Unito in primis, dove raggiunge la 45. posizione), per la prima volta dopo Snow Goose. E ciò malgrado i pubblicitari abbiano difficoltà a rendere il prodotto appetibile alla massa, a causa della cover che mostra un astronauta crocefisso che, dall'alto, osserva la Terra. 


Al termine del tour, i cugini Dave e Richard Sinclair abbandonano il gruppo, sostituiti dal tastierista Kit Watkins, già leader degli statunitensi Happy The Man, e dal bassista (ma è polistrumentista) Colin Bass.

Due anni dopo, un concept album dal titolo Nude. Intanto anche Watkins ha lasciato il gruppo, sostituito da Duncan Mackay (che, al keyboard, è stato presente nei primi tre album di Kate Bush). Nude racconta di un soldato giapponese abbandonato in un'isola del Pacifico dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e ritrovato solamente trent'anni dopo. (Una storia autentica.) Qui, i Camel tornano al rock o meglio pop progressivo dalle melodie semplici di The Snow Goose, con una ripresa di atmosfere pinkfloydiane. Album dignitoso, con qualche traccia ("Drafted" ad esempio) che ha la funzione di canzone orecchiabile.

The Single Factor (1982) vede all'opera ben cinque tastieristi: Latimer, Mackay, il produttore Hydne Bendall, Anthony Phillips di genesisiana memoria e Francis Monkman degli Sky. Un sound che ricorda l'Alan Parsons Group, con melodie tra il rock e la neoclassica tipo E.L.O. Il "fattore singolo" del titolo potrebbe riferirsi al fatto che Latimer è rimasto ormai l'unico dei membri originali. Infatti, anche Andy Ward ha lasciato il gruppo, per gravi motivi personali. (Pensieri suicidali causati da alcool e droga...) 




Stationary Travel (1984; concept ambientato nella Berlino divisa in due dal Muro) reitera senza sorprese la scrittura di Nude. Ma anche quella dell'album successivo a Nude e precedente a questo, The Single Factor, con tastiere a manetta e, alla voce, Chris Rainbow, dell'Alan Parsons Group.

Segue un periodo di silenziosa crisi - ben otto anni - e Latimer, trasferitosi a Los Angeles e ormai padrone unico del marchio, incide nel '92 Dust and Dreams, ispirato al romanzo Furore di Steinbeck (musica ancora dettata dall'influenza dei Pink Floyd).
Nuova base operativa è Mt. View (CA) e la realizzazione di questo e degli album successivi è resa possibile dalla neoformata Camel Productions. Dust and Dreams viene inciso peraltro con l'apporto di nuovi sessionmen. Ha un tono malinconico ed esprime concetti profondi. Nella foto in copertina (in bianco-e-nero) è mostrato un bambino, in quella del retro (sempre in bianco-e-nero) un vecchio: a significare il viaggio della vita.

[ Anche Bardens intanto si è trasferito a Los Angeles e tenta in tutti i modi di sfondare nella musica commerciale, ma senza riuscirci. Lascerà questo mondo nel 2002, a soli 57 anni, per un  cancro ai polmoni. R.I.P., mitico Pete. ]


E il progressive in tutto questo dov'è?
Beh, Andy Latimer in realtà parlando della propria musica non la considerava esattamente progressive rock. Lui la chiamava "emotional music"... Ad ogni modo, ascoltando bene, il progressive (rock...?) è ancora presente. 




Harbour of Tears del 1996 è un album autobiografico sulle radici irlandesi di Latimer. Suo padre è morto nel 1993 e il musicista-compositore-cantante compie una ricerca genealogica alla ricerca del passato della propria stirpe. Ecco uscirne fuori, dunque, questo concept-album che parla delle famiglie costrette ad abbandonare la propria terra e cercare fortuna su litorali e continenti lontani. Belle canzoni e non mancano momenti di buona ispirazione melodica (l'assolo chitarristico che chiude "For Today"). Il disco offre un copioso fioccare di temi che restano in testa. Ma di prog vero o comunque di sperimentalismo c'è ben poco. 






Rajaz (1999) e A Nod and a Wink (2002) sono buoni prodotti artrock in cui, oltre alla solenne tranquillità pinkfloydiana, ci sono momenti ispirati ai Genesis della seconda metà degli Anni Settanta.

Rajaz: atmosfere orientaleggianti, con il brano intitolato proprio così - "Rajaz" - a significare il canto dei poeti che accompagnavano la carovana usando una metrica che si accordava con il passo del cammello...

The music of poets once carried caravans across the great deserts. Sung to a simple metre of the animal's footsteps, it transfixed weary travellers on their sole objective... journey's end. This poetry is called "Rajaz". It is the rhythm of the camel.

... e "Lawrence", possente brano dedicato a Sir Thomas Edward Lawrence, noto come "Lawrence d'Arabia". 
Rajaz è un album che vuole trasportarci, riuscendovi, in luoghi distanti e atmosfere esotiche.  





 

In continua evoluzione musicale, con nuove idee motivate dal successo del precedente lavoro, l’ultima fatica per il cammello porta ancora una volta un cambio di rotta. La magnifica copertina è la sintesi perfetta di questo particolare e coraggioso disco, atmosfera fiabesca e il passare in lontananza di un treno a vapore che si muove verso chissà dove! Proprio il fischio di una locomotiva apre il disco, seguito dal frizzante flauto di Latimer; la canzone è completata da un finale carico di angoscia e malinconia. 
Le composizioni di A Nod and a Wink sono slegate concettualmente, ma unite dal un comune significato: la magia dell’esistenza. Il brano migliore è "Fox Hill", che è anche il brano più vario e progressivo di tutto il lotto. 
Disco suonato e prodotto benissimo. Da segnalare "For Today", un pezzo commovente dedicato alle vittime dell'11 settembre 2001.





Una lunga malattia colpisce Andy Latimer, ma i Camel tornano con un tour europeo nel 2013 e subito dopo esce una rinnovata versione di The Snow Goose, dedicata da Latimer allo scomparso Peter Bardens. A questo punto del loro viaggio, i Camel sono formati da Andrew Latimer (chitarre, fiati, tastiere); Guy LeBlanc (tastiere); Denis Clement (batteria, percussioni); Colin Bass (al basso).

Di nuovo in giro per l'Europa nel 2014, con due tappe italiane nel mese di marzo (a Torino e a Vicenza). 2015: nuovo tour sul Vecchio Continente per Andy Latimer e la sua band (dal 6 al 25 luglio). E l'anno successivo suonano in Giappone dal 18 al 22 maggio...


Album in studio

1973 - Camel
1974 - Mirage
1975 - Music Inspired by The Snow Goose
1976 - Moonmadness
1977 - Rain Dances
1978 - Breathless
1979 - I Can See Your House from Here
1981 - Nude
1982 - The Single Factor
1984 - Stationary Traveller
1991 - Dust and Dreams
1996 - Harbour of Tears
1999 - Rajaz
2002 - A Nod and a Wink

Inoltre: dozzine di album dal vivo e compilation. Tra queste ultime consigliamo Lunar Sea (1973-1985). Ottimo anche il doppio A Live Record (1978). 











Vedi anche il nostro articolo









Nessun commento:

Posta un commento