12/31/20

bUon anNno nuovO!

 A * u * g * u * r * i



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Immagine tazza: cortesia di Laurie Williams Music Gift Shop


12/21/20

Oggi Frank Zappa avrebbe compiuto 80 anni

 Zappa appartiene al Parnaso. Al Pantheon dei migliori musicisti di sempre.



Come chitarrista sicuramente tra i più bravi in assoluto, vanta una discografia sconfinata (60 e più album) che comprende i più disparati generi musicali (dal rock al vaudeville, dal jazz alla fusion). E non scordiamoci che le basi di Frank erano "classiche", con conoscenza anche della musica lirica e una predilizione per la dodecafonia...

Figlio di un italiano, Frank Zappa si dimostrò fin da tenera età ribelle e provocatore, sviluppando un disgusto verso la gastronomia italiana (come se volesse in quel modo antagonizzare o ripudiare suo padre) e più tardi verso il cattolicesimo, come denotano i testi delle sue canzoni.




La sua verve ironica e dissacrante non era - né ancora è - roba per tutti. Purtuttavia, fin dagli esordi fu un "faro" per tanti musicisti. Basti pensare che Freak Out! (tra i primissimi doppi album della storia) fu di fondamentale influenza nel concepimento e nella stesura di Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, dei Beatles.



Nato nel 1940 a Baltimora, nel Maryland, nelle sue vene scorreva sangue non solo italiano ma anche francese, arabo e greco.

La sua famiglia si trasferì in California e lui a dodici anni iniziò a interessarsi alle percussioni. Nel 1956 suonava già la batteria in un gruppo chiamato Ramblers. Ma, per via dei suoi ampi interessi, gli stavano stretti il rock’n’roll e il rhythm&blues (anche se furono Howlin’ Wolf, Muddy Waters, Johnny “Guitar” Watson e Clarence “Gatemouth” Brown ad accendergli la passione per la chitarra elettrica). 




Dopo un oscuro apprendistato come autore di canzoni e arrangiatore e qualche 45 giri a proprio nome che ebbe scarsa risonanza, nel 1964 fondò le Mothers Of Invention. Come rivela il nome della band, l'idea di fondo era quella di "aguzzare l'ingegno", di proporre qualcosa di nuovo. Ray Collins, Jim Black, Roy Estrada ed Elliot Ingber erano gli altri membri. Il loro primo disco (il già citato Freak Out!, del '66) sconvolse molti ascoltatori per l'avventato mix di doo wop e sperimentazione, rock psichedelico e teatro di varietà.





Anche i successivi dischi per la Verve sono sulla medesima falsariga: Absolutelly Free (contenente la celebre “The duke of prunes”), We're Only In It For The Money (che prende in giro la controcultura e il Sgt. Pepper beatlesiano) e Lumpy Gravy (con la partecipazione di una grande orchestra). Frank Zappa intanto è un nome noto e, pronunciandolo, si pensa subito a un talento incontenibile, enciclopedico, iconoclasta. Nonché scomodo: è uso criticare i moralisti, i fanatici religiosi e l'“American Way of Life”.





Fondò una propria etichetta insieme al manager Herb Cohen e le diede il nome "Bizarre". La libertà acquisita non poteva che essere benefica: arrivarono i capolavori di jazz-rock e fusion Uncle Meat e Hot Rats. Quest'ultimo, primo disco senza le Mothers Of Invention e dove spicca il violino di Jean-Luc Ponty, conta cinque "instrumental" e vi si segnala l'apparizione di un altro singolare ed eccentrico personaggio della musica americana: Captain Beefheart.




Di lì in poi, non ci furono più freni per la creatività di Zappa. A volte Frank si lasciò pure sviare, intraprendendo la via delle canzoni easy... 
Ringo Starr fece una comparsa nel film 200 Motels (interpretando lo stesso Zappa)... La colonna sonora del film (pubblicata su doppio album) include, insieme al solito miscuglio di generi, alcune composizioni orchestrali di Frank Zappa - ispirate da Stravinskij, Edgard Varèse e Anton Webern.






 
Dopo avere collaborato con John Lennon e Yoko Ono (nel concerto del giugno 1972 al Fillmore East documentato nell’album Sometime in New York City), Zappa tornò al jazz-rock con Waja/Jawaka e The Grand Wazoo (con il tastierista George Duke e il batterista Aynsley Dunbar a rinforzare la line-up). Poi, siglato un accordo con la Warner Bros, incassò con Apostrophe (), nel 1974, l’unico disco d’oro della sua carriera. Il single trainante della raccolta entrò nella Top Ten: “Don’t eat the yellow snow”. 
Vi furono beghe legali con la Warner, ma ciò non riuscì a frenare la forza e l'energia dell'estroso musicista, che continuò a fare la spola tra ironia irriverente, critica sociale (neppure tanto velata) e musica orchestrale di sponda dodecafonica. Collaborò con il direttore d'orchestra Kent Nagano e poi con Pierre Boulez, chiamato a dirigere "The Perfect Stranger" e altri due brani dell'album omonimo. Questo The Perfect Stranger è un'altra curiosità musicale, dove Zappa non suona la chitarra ma siede al synclavier - sintetizzatore digitale collegato a un campionatore musicale -, strumento che suonerà anche in seguito. 







Ultimo evento orgasmatico nel 1993 con The Yellow Shark, disco dal vivo inciso in Germania con l’aiuto di una formazione tedesca di musica classica e di avanguardia contemporanea, l’Ensemble Modern. L'Ensemble Modern aveva già suonato in maniera straordinaria diversi brani di Zappa e fu ciò a convincere l'artista americano ad accettare il progetto.
In quel torno di tempo Zappa soffriva già di un tumore alla prostata che lo costringeva a sedute di chemioterapia, tanto che, durante le plauditissime presentazioni dal vivo di Yellow Shark in terra germanica - tutte seguite da standing ovations -, poté dirigere l'orchestra soltanto poche volte. Morì il 4 dicembre 1993, mentre ancora lavorava: era impegnato nel recupero dei nastri delle sessions di Lumpy Gravy. Tale lavoro, uscito postumo, avrebbe portato il nome Civilization Phaze III


12/14/20

Una nuova entry tra le webradio "prog"!

La nostra lista di radio dedicate al prog-rock si aggiorna con Realerock, emittente brasiliana. Una dicitura assai significante da qualche parte nella website dice:

 "A rádio mais progressiva da web." 

Certo è che i responsabili di questa emittente sono affidabilissimi e la musica da loro scelta (neo-progressive ma anche qualche "classico") è davvero ottima!






Il resto delle radio web e dei programmi online di progressive rock da noi consigliati lo trovate in questo post. (Clicca!


Per comodità, riportiamo l'elenco anche qui sotto:



- Italiano -  


Max M., noto anche come "Max Prog Polis", dirige anche il "giovedì italiano" presso l'emittente brasiliana ProgSky.

L'homepage di Prog Rock Polis - la Città del Rock Progressivo è questa: https://www.rockpolis.net/ e c'è anche una pagina su Facebook.

*** 

'Prog & Dintorni' è la trasmissione del venerdì sera (dalle 21 alle 23) diretta da Gianmaria Zanier e che va in onda su radiovertigo1.com
Pagina Facebook ("Prog 2.0 (e dintorni)"): https://www.facebook.com/groups/prog2.0/

***

Menzione particolare per 'Mach 3 - il progressive rock che non ti aspetti' che va in onda ogni domenica dalle 20 alle 22 su Radio City Trieste (www.radiocitytrieste.it). Mach 3 si distingue dagli altri programmi perché manda in onda, in gran parte, perle sconosciute (ed anche "esotiche"!) del rock progressivo di tutti i decenni. 



Intanto che ci sei, vieni a prenderti un caffè sul nostro sito FB Prog Bar Italia!






- Inglese -

Progrock.com trasmette 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana. 

***

Ugualmente affidabile la vetusta, "storica" Morow.

***


***

... e poi c'è Progzillahttp://www.progzilla.com/listen/

Solo per citare i nostri preferiti.


- Germania - 

Prog Alley ("Ancient, Modern & Future Progressive Rock Music."). Per ascoltarla, clicca  qui 
oppure qui







12/06/20

Qirsh - 'Sola andata'

Le cronache dicono: questo è il loro secondo album. Ma no. Sola andata è in realtà il primo album dei Qirsh, dovendo escludersi il loro iniziale, giovanile tentativo (Una Città per Noi), anche per mancanza di... prove! (È praticamente irreperibile.) 

 L'album primevo...

... e quello del 2013 



Gruppo savonese che da sempre ha amato esibirsi dal vivo (e immagino come debbano sentirsi a disagio adesso che non si può più far nulla, praticamente, se non stando da soli al chiuso), i Qirsh non si sono mai limitati a un genere particolare mentre erano sul palco; a parte attenersi al "programma" di voler suonare buona musica. Risultato: che lo abbia voluto o meno, il sestetto (oggi sono in sette) ha finito per creare uno stile proprio, un elettroromanticismo tra classico artrock e alternative odierno.

A fine 2013 dunque esce Sola andata, composizioni nate nei quattro-cinque anni precedenti, ed è un gran bell'album anche otticamente, a coronamento di un'esistenza, come ensemble, ormai alquanto lunga. (Since 1993 or 1994.) Il CD è in confezione di lusso, con un libretto pieno di belle grafiche, foto, e completo dei testi.


Compralo su GT Music



Piacevolissimo e chiaro per lunghi tratti, Sola andata presenta liriche che esprimono quel nomadismo moderno cui ormai sono protagonisti tanti di noi. 

Specializzati nelle armonie vocali, il cantato dei Qirsh entra nel cuore quando loro creano cori solari. Ma già riverberano in quest'album anticipazioni della cupezza del recente Aspera Tempora.


"Rianimazione" è il loro brano che li sintetizza tutti. Nel senso che c'è l'anima stessa della loro musica. Molto bello quello appena successivo: "Malaria", dove viene utilizzato il vocoder. In altre tracce, il genere canzone sa mischiarsi bene con il progressive. Poi ci sono brani più bastardi - anche nel senso di "cattivi", sì - ma negli intermezzi, nelle code e nelle reprise, si sente la natura idealista e sentimentale di questa band.

 Old days!




"Non siamo certo animali da palcoscenico, ci piace suonare senza mai prenderci troppo sul serio.  Ma ci piace molto interagire con il pubblico, infatti tante volte durante le nostre serate abbiamo invitato le persone a salire sul palco e suonare con noi. Molto spesso loro suonavano meglio di noi!"


(Da un'intervista del 2013.)




 Studio Album, released in 2013


Songs / Tracks Listing

1. Artico (8:22)

2. Mercato Ghardaia (5:35)

3. Mayflower (3:14)

4. Figli Del Piccolo Padre (8:29)

5. 5A, Finestrino (3:47)

6. Rianimazione (5:53)

7. Malaria (3:46)

8. Vento Delle Isole (4:06)

9. La Nebbia (5:02)

10. La Nebbia (reprise) (2:15)


Line-up / Musicians

- Leonardo Digilio / keyboards, piano

- Pasquale Aricò / keyboards and vocals

- Michele Torello / electric guitar, acoustic guitar

- Daniele Olia / electric guitar, 12-string guitar, lute, keyboards and vocals

- Marco Fazio / drums, percussion

- Andrea Torello / acoustic bass, electric bass and vocals


Lizard RecordsRelease date: December 20, 2013



Sola andata è disponibile presso questi NEGOZI

BTF  e

Lo trovate inoltre su Spotify, Youtube, etc.


 Il libro sui Qirsh!


>> Vent’anni fa. Sei ragazzini con tanta voglia di suonare. Vent’anni fa nessuno dei Qirsh aveva ancora conosciuto la ragazza che avrebbe sposato, ma i Qirsh c’erano già. Vent’anni fa nessuno dei Qirsh aveva idea di cosa avrebbe fatto da grande, ma, prima del diploma, prima della laurea, prima del posto fisso, i Qirsh c’erano già. Già, i Qirsh, un brutto nome che ha fatto una storia, piccola, certo, ma storia. È una storia di sei amici, di sei persone che si sono trovate e non si sono lasciate più, oltre gli impegni scolastici, il lavoro, la famiglia. Qualcuno è emigrato, ma il mondo non è mai troppo grande per i Qirsh. Alla fine, loro dicono che ritrovarsi insieme è ogni volta nuovo e sempre uguale; suonare, incidere album, fare concerti non è più il fine che li univa, ma è diventato, con gli anni, il mezzo per stare insieme. Allora, come hanno detto molti presentatori alzando il braccio destro verso le quinte, “ecco a voi i Quirsh, Quirich, Quierech, Quiersh, Kirsh, insomma, quelli che volevano essere i Pink Floyd!”.<<

Così inizia Volevamo essere i Pink Floyd, il libro di Gerolamo Pedemonte su questi musicisti. Sottotitolo: "La storia dei primi vent'anni di un gruppo musicale famosissimo." 
Opera umoristica, soprattutto quando narra dei primordi della band. Se trovate l'autore, costringetelo a vendervi o regalarvi una copia. È davvero un monumento ai Qirsh... e a tutti quei ragazzi che si divertono a far musica, finché la musica non si trasforma nel senso vero della vita.


          LINKS






11/30/20

L'arte sublime dei Phideaux - 'Infernal'

 L'inferno quadripartito dei Phideaux.

Infernal, degli americani Phideaux (stiamo parlando del progetto ormai stabile e di lungo corso di Xaver Phideaux), è suddiviso in quattro sezioni. Qui, l'album nel suo completo splendore.

Phideaux merita di certo un successo maggiore...


Phideaux - una presentazione che avevamo già fatta sul nostro blog

11/29/20

'Cut the Tongue' del Julius Project. "La" recensione!

Chi si approccia a questo album senza conoscerne la storia, ne riconoscerà subito le coordinate a prescindere: è rock sinfonico, progressivo, melodico. E, più si va avanti con l'ascolto, più si ha il dubbio se si tratti di un'opera rock invece che di un concept, per la varietà degli "attori" e il susseguirsi di cambi di vocalists.

  

È un grande album (suonato tra l'altro con un bel numero di strumenti vintage... vedi in fondo all'articolo) ed è giusto non solo parlare dei suoi contenuti, ma raccontarne anche la vicenda particolare. 

   Un assaggio dei primi tre brani

Noi di Prog Bar, occupandoci di prog-rock sia a livello di mera passione sia professionalmente, ci siamo imbattuti in diversi individui, appassionati del genere, che, raccolta ogni loro disponibilità e facendo sacrifici oltreché investendo gran parte del loro tempo, si sono fatti un "regalo" assembrando un gruppo di musicisti per stampare un full-lenght. Ma la storia del Julius Project le batte tutte. L'incipit risale al capodanno del 1978 - come già accennato in questo nostro primo articolo a proposito di Cut the Tongue.

>> Tutti i pezzi sono stati ripresi solo nel 2014, dopo trentatré anni di “sonno” nel cassetto. E subito si è posto un problema di ordine concettuale: se rispettare lo stile originale del 1978/81 oppure adattarlo all’attualità. Abbiamo scelto la prima soluzione, quindi siamo passati a costruire una prima struttura provvisoria e a definire gli arrangiamenti, per decidere “chi suona cosa e quando”. In seguito, il coinvolgimento degli artisti è stato progressivo. Abbiamo raccolto i diversi contributi man mano che c’era l’opportunità e la possibilità. Anche per questo il lavoro ha richiesto molto tempo. <<
                        (Da un'intervista rilasciata da Giuseppe "Julius" Chiriatti)




Cut the Tongue è un viaggio... come quello di Rael dei Genesis in The Lamb Lies Down On Broadway. Qui c'è l'alcool, ci sono le droghe, le corse clandestine... e il protagonista, Boy, arriva all'autodeterminazione per liberarsi dai "falsi profeti".

Per inciso, la voce di Boy è della figlia di "Julius", che, con il nome d’arte di Bianca Berry, canta la maggior parte dei brani.


Bianca Berry -  lead vocal

Marco Croci - bass, lead & backing vocals

Filippo Dolfini - drums

Francesco Marra - acoustic, 12 strings & electric guitar

Mario Manfreda - 12strings & electric guitar

Paolo Dolfini - keyboards, backing vocals

Julius - keyboards, lead & backing vocals


Guest Stars:

Richard Sinclair - lead vocal

Dario Guidotti - flute, lead vocal

Daniele Bianchini - lead guitar

Flavio Scansani - 12strings & electric guitar

Egidio Presicce - sax

Martina Chiriatti - the prophet's voice


Lyrics and music: Giuseppe Chiriatti

Arrangements: Paolo Dolfini


 

   Altro trailer 



TRACKLIST:


  1. The Fog (6:27)
  2. In the Room (3:40)
  3. You Need a Prophet (3:30)
  4. Mask & Money (4:23)
  5. Welcome to the Meat Grinder (3:10)
  6. Speed Kings (3:33)
  7. Clouds pt. 1 (3:06)
  8. Clouds pt. 2 (4:45)
  9. Cut the Tongue (5:06)
  10. The Swan (2:17)
  11. Island (1:56)
  12. We Know We Are Two (2:06)
  13. I See the Sea (3:07)
  14. Glimmers (3:55)
  15. Castaway (1:07)
  16. Wood on the Sand (3:06)
  17. Wandering (1:39)
  18. Desert Way (2:53)

I titoli sono didascalici e ci suggeriscono già le immagini che "vedremo" gustando la musica, ma, sfogliando l'album, si scoprono talmente tante sfumature e dettagli in secondo e terzo piano che ci rendiamo conto che questo prodotto artistico, questo insieme di quadri progressive, è realmente composito, nasconde storie nelle storie; con la spezia del Fantastico, della surrealtà, che va a spruzzare i momenti anche più duramente reali di Boy.

 Les Paul Mini Humbucker di Daniele Bianchini



Iniziamo a guardare i dagherrotipi. "The Fog" "entra" subito in "The Room" che a sua volta lascia il posto ai cattivi maestri pronti a traviare il protagonista ("You Need A Prophet", bel brano rock che ricorda i Roxy Music) e, tra fiati sognanti, tastiere decise e chitarre anche hard, passiamo da una canzone all'altra, da una scena filmica alla prossima, come fosse, davvero, una versione di Tommy che si sposa ad Arancia meccanica e a qualche altro grande mito della cultura pop degli Anni Sessanta-Settanta. L'italianità, tuttavia, è alquanto presente, malgrado i testi in inglese. I motivi dolci, le arie soavi, non mentono...

 G. Chiriatti



Un sogno, dicevamo, che dura dal 1978-79, quello di Giuseppe Chiriatti, tastierista e compositore leccese. Nel 2019 "Julius" (è il suo nickname, per chi non lo sapesse ancora)  scrive l’ultimo brano, quello che dà il titolo all'album, su liriche proprie risalenti a decenni prima. E, giusto in questa traccia centrale (la nona, delle diciotto che compongono la scaletta; e, decisamente, l'apice: è una composizione ben riuscita, suggestiva, perfetta, pari forse solo a "Island", a "Wood on the Sand" e a qualche altra), si è aggiunta la straordinaria collaborazione di Richard Sinclair. Sì, proprio lui: l'ex Caravan, Hatfield and the North, Camel... uno dei protagonisti della scena prog di Canterbury. È sua la voce in "Cut the Tongue". 

È stato Paolo Dolfini, ex Jumbo, ad abbracciare entusiasticamente il progetto e a dare il via alla realizzazione, consapevole che coordinare un tale lavoro effettuato a distanza tra Lecce e Milano non sarebbe stato semplice. Inoltre, Paolo Dolfini suona le tastiere in diversi brani e ne cura gli arrangiamenti.

 Chiriatti e R. Sinclair



I musicisti
(tredici tra membri della band e ospiti, sparsi fra la Lombardia e il Salento)

Chiriatti ha chiamato a collaborare innanzitutto una sezione ritmica composta dal figlio di Paolo, Filippo Dolfini, alla batteria, e dal bassista e cantante Marco Croci (ex Maxophone), che hanno costruito l’impalcatura intorno a cui si struttura l'intera opera. In seguito si sono aggiunti i contributi degli ex Jumbo Dario Guidotti (al flauto e alla voce) e Daniele Bianchini (chitarra), nonché del chitarrista Flavio Scansani. Ciò, per quanto riguarda la "squadra del Nord".
In Salento, invece, oltre allo stesso Julius alle tastiere e alla voce in alcuni brani, hanno contribuito alla realizzazione del disco Francesco Marra e Mario Manfreda alle chitarre, Egidio Presicce al sax, e Martina Chiriatti, l’altra figlia di Giuseppe, alla voce.

Da aggiungere c'è che Marco Croci interpreta in maniera convincente l'organizzatore delle corse clandestine, in "Speed Kings", sesto titolo di Cut the Tongue.




Ritratto: Richard Sinclair – voce solista in "Cut The Tongue", title track.
Fin da In the Land of Grey and Pink (Caravan, 1971), è un protagonista del rock progressivo melodico e canterburiano, anche grazie alla sua voce bassa e morbida. Si è detto entusiasta di cantare "Cut The Tongue", elargendo un ennesimo gioiello della sua arte.


Altro ospite d’eccezione: Flavio Scansani, chitarra solista e 12 corde in "Glimmers" e "Wandering". Una vita a studiare e suonare lo strumento. Al liceo fonda il suo primo gruppo, ispirato dal rock classico di Ten Years After, Santana, Deep Purple. Poi, l'incontro con il progressive. Concerti in giro per l'Europa, numerose collaborazioni anche con i grandi della musica leggera italiana. È stato Paolo Dolfini a coinvolgerlo nel progetto di Julius, Cut the Tongue.


Di nuovo un ospite di tutto riguardo: Daniele Bianchini, già chitarrista dei mitici Jumbo. Ha regalato una sua perla, suonando le chitarre nella title track "Cut The Tongue".
Bianchini mise le mani sulla sua prima chitarra nel 1961. Suonò con un paio di gruppi prima di iniziare la propria avventura nel mondo prog con i Jumbo (1969). Tre album in tre anni, tante esibizioni live, e i festival di Parco Lambro nel 1975 e 1976. Il gruppo si scioglie, per tentare di riformarsi nel 1983 - proprio su iniziativa di Daniele Bianchini - con qualche cambio nella formazione. Registrazione dell'album Violini d'autunno. Segue nel 1990, con Paolo Dolfini alle tastiere, un concerto a Parigi, dal quale venne prodotto un CD live. 
Negli anni '80 Bianchini fonda il gruppo Moving Music Multimediality, nei '90 produce il CD Passing By, nei 2000 il DVD Jumbo Anthology e l'album solista Poche Parole. La sua attività continua con la band Tri-On...

 

 
 


 STRUMENTI vintage utilizzati nell'album: Hammond Organ A122 (1964), Fender Jazz Bass (1966), Gibson Les Paul (1968), Gibson Les Paul (1972), Rickenbacker bass 4001 (1975), Minimoog model D (1976), Korg Lambda (1979), Wal bass mark (1984), Fender Staratocaster (1986).


In aggiunta ci sono ovviamente gli strumenti più attuali, quali (tra le tastiere) Mellotron M4000D mini, Moog Voyager, Kurzweil PC3, Nord Stage 2...

 Stupendo ensemble: Julius Project


 Dall'interno del digipack








11/22/20

Van Der Graaf Generator - 'The Aerosol Grey Machine'

Pubblicato nel 1969 dalla Mercury, questo è risaputamente il primo album solista di Peter Hammill, ma non ci dispiace che il disco sia uscito sotto il moniker "Van Der Graaf Generator" poiché la band vale, eccome! (Anche se ancora priva del sax di David Jackson.)


 Su Amazon, l'edizione speciale per il 50. anniversario dell'uscita dell'album.

Van der Graaf "Mark I",  oltre a Peter Hammill al canto e alla chitarra acustica, vede la bellezza di: Hugh Banton alle tastiere, Keith Ellis al basso e Guy Evans alla batteria e percussioni.



The Aerosol Grey Machine, prodotto da John Anthony, è il risultato di sole 12 ore in studio e altrettante al missaggio. Qui il prog-rock è ancora in tutina da bambino, ma si sente già il "mostro" crescere: il sound complessivo - privo di overdubs e rifiniture - possiede già quella cupezza, quella serie di dubbi cosmici, quella crepuscolarità che si affermerà gloriosamente nei tre dischi successivi, usciti per la Charisma Records di Tony Stratton-Smith, primo vero grande supporter della band. 


TRACCE

Tutti i brani sono composti da Peter Hammill, salvo il 6.

1. Afterwards – 4:55

2. Orthenthian St., Pts. 1 & 2 – 6:18

3. Running Back – 6:35

4. Into a Game - 6:57

5. Aerosol Grey Machine – 0:47

6. Black Smoke Yen (Hugh Banton, Keith Ellis, Guy Evans) – 1:26

7. Aquarian – 8:22

8. Necromancer – 3:38

9. Octopus – 8:00


 Hammill 


L'album, registrato nel 1968, uscì solo negli U.S.A. Per anni in Italia si nutrirono dubbi se questo lavoro esistesse davvero, Da noi Aerosol Grey Machine divenne reperibile solo nel 1974. Alcune registrazioni effettuate per la BBC offrono versioni alternative dei pezzi del primo periodo dei Van der Graaf Generator, con il basso del giovanissimo Nic Potter in evidenza. 

In Aerosol, degne di nota sono la ballata "Afterwards" (solare, melodica, non troppo gotica e tutt'altro che dark-jazz) e "Necromancer", dove già ci si imbatte nel songwriting intriso di misticismo del carismatico frontman.
Contiene anche brani quali "Running Back" e "Aquarian".


Sito di Van Der Graaf Generator and Peter Hammill

11/21/20

"Hope for Happiness", Soft Machine

I can tell like the ring of a bell
A chime that is clear and true
But if a crack, the sound is flat
Like happiness that's become untrue
Out of the East, the sun flew West
Trailing its golden spray...


(Soft Machine: dagli esordi a Third)


Viva Canterbury, che ci ha dato una grandiosa "scena" progressive e soprattutto quei formidabili avanguardisti di Robert Wyatt (batteria, voce), Kevin Ayers (basso, chitarra, voce), Daevid Allen (chitarra) e Mike Ratledge (organo)! 

La miscela fermentò in locali londinesi dell'underground come l'UFO, lo Speakeasy e il Middle Earth in un periodo (il 1966-67) dove gli impulsi davvero non erano pochi. Nella capitale del Regno si segnalava tra l'altro la presenza di un certo Jimi Hendrix...

La Riviera Francese e in particolare la scicchissima e artistica Saint Tropez era a un tiro di sasso (la band, che ai suoi inizi era nota come The Wilde Flowers, si esibì in musica psichedelica per i ricchi e per gli sbandati che erano amanti dell'arte e delle novità) e la gratificazione per i Soft Machine (questo il loro nome definitivo... o quasi: più tardi si chiameranno The Soft Machine) sarebbe stato un posticino all'apertura dei concerti nord-americani di Hendrix (1968).



Allen, che era australiano ed ebbe problemi col permesso di soggiorno, intanto non c'era già più e, tanto per gradire, fondò a Parigi i Gong. Andy Summers (più tardi Police) prese il suo posto, ma nel primo album, The Soft Machine, già non c'era più neppure lui, su insistenze di Ayers che non lo poteva soffrire.
Quel disco, registrato durante il tour americano con la Jimi Hendrix Experience, venne realizzato con/da Wyatt, Ayers e Ratledge, e con l'aggiunta soltanto di Hugh Hoppers al basso in "Save Yourself" e del trio femminile di The Cake in "Why Are We Sleeping?" (brano di chiusura dell'album). The Soft Machine risultò un disco altamente sperimentale col suo mix di rock psichedelico, jazz e soft rock.




Kevin Ayers non parteciperà alla registrazione di Volume Two (1969), perché stanco della tournée americana (il cantante raggiunse Daevid Allen in quel di... Ibiza, dove entrambi si ricrearono e si ricomposero). Al posto di Ayers subentrerà Hugh Hoppers (sì, il bassista che collaborò a un track del debutto americano), mentre il nuovo cantante sarebbe stato Wyatt.
Volume Two manca dell'enfasi "pop" di Ayers ed è più "dada" (almeno così leggiamo in diverse critiche di lingua inglese). Certo è che in questo prodotto si riconferma il genio di Robert Wyatt, il quale, ancora una volta, contribuisce alla grande in abiti da compositore: in pratica, tutti i brani di Volume Two sono suoi.





E arriviamo al 1970 e al leggendario Third, un doppio LP di cui ogni facciata contiene un'unica, lunga composizione.
La scaletta dei brani è questa:

  1. "Facelift" (scritta da Hugh Hopper) – 18:45
  2. "Slightly All the Time" (Mike Ratledge) – 18:12
    Including: "Noisette" (Hopper), "Backwards" (Ratledge) and "Noisette Reprise" (Hopper)
  3. "Moon in June" (Robert Wyatt) – 19:08
  4. "Out-Bloody-Rageous" (Ratledge) – 19:10

Bonus disc from 2007 CD re-issue

  1. "Out-Bloody-Rageous" (Ratledge) – 11:54
  2. "Facelift" (Hopper) – 11:22
  3. "Esther's Nose Job" – 15:39
    1. "Pig" (Ratledge)
    2. "Orange Skin Food" (Ratledge)
    3. "A Door Opens and Closes" (Ratledge)
    4. "Pigling Bland" (Ratledge)
    5. "10:30 Returns to the Bedroom" (Ratledge / Hopper / Wyatt)

    *******************************************************
In Third la formazione dei Soft Machine è la seguente:




  • Mike Ratledge –organo, sintetizzatore, piano 
  • Hugh Hopper – basso
  • Robert Wyatt – batteria, voce, piano, basso
  • Elton Dean – sax alto, saxello


  • E in più:
    • Lyn Dobson – sax soprano, flauto
    • Jimmy Hastings – flauto, clarinetto basso
    • Rab Spall – violino
    • Nick Evans – trombone




    Il medesimo quartetto (Wyatt, Hopper, Ratledge e Dean) avrebbe realizzato l'anno successivo (1971) Fourth (primo loro disco unicamente strumentale) servendosi di numerosi ospiti prevalentemente della scena jazzistica (Lyn DobsonNick EvansMark CharigJimmy HastingsRoy Babbington, ancora Rab Spall).
    Nel link sottostante ne parliamo a sufficienza. Dopo Fourth, i Soft Machine avrebbero dovuto continuare senza il grande, ispirato (e sfortunato) Wyatt...



    Un altro articolo sul blog Topolàin riguardante la "Morbida Macchina":

    "Soft Machine: 'Fourth / Fifth'"







      *******************************************************

    Ricoprì il ruolo di cantante dopo la dipartita di Kevin Ayers: Robert Wyatt, una delle più belle voci del rock progressivo