Canzoni dalle sfumature psichedeliche e classiche in una cornice progressive
"Over the hills and far away" sta scritto sul retro del libretto: un pensiero poetico e nostalgico che abbraccia sia il ricordo del compagno prematuramente dipartito sia la bellezza malinconica - e assertiva a un tempo - del paesaggio rupestre umbro.
Grande CD! Uno di quelli che, appena ascoltati, si fanno ripartire immediatamente nel 'player'. Questo ipsilon (o Y) è l'opera di un trio noto come Old Rock City Orchestra, accasato a Orvieto.
Fin dalle prime battute capiamo che si tratta di un ensemble esperto e ben armonizzante. Poi, tramite la loro homepage, scopriamo, non senza sorpresa, che ipsilon è già il loro quarto album.
Album trailer
ipsilon inizia con un brano strumentale molto interessante, "Y", seguito da 10 canzoni di cui buona parte dalla struttura più semplice, altre arzigogolate al punto giusto.
Cinzia Catalucci è responsabile del canto e opera anche alle tastiere, Michele "Mike" Capriolo [R.I.P.] aziona batteria e percussioni. Un'abbondante porzione del lavoro la fa Raffaele Spanetta (acoustic ed electric guitars, bass, backing vocals, keyboards).
- Raffaele Spanetta: chitarre elettriche ed acustiche, basso, voce, tastiere
- Michele “Mike” Capriolo: batteria
TRACKLIST :
1 – "Y" (3:30)
2 – "The Warning" (2:23)
3 – "Gypsy’s Prediction" (4:35)
4 – "Take My Hand" (3:37)
5 – "Preacher" (3:26)
6 – "No Way" (4:11)
7 – "Daimon" (3:12)
8 – "The Magic Pathways" (2:48)
9 – "Stranger" (4:09)
10 – "Fly Away" (3:01)
11 – "We’ll Be One" (4:18)
Nostri brani preferiti: "Y" (lo strumentale d'apertura, che giustamente dà il titolo all'album), "Gypsy's Prediction" (terza traccia), "Take My Hand" (quarta traccia)... Beh, quelle di ipsilon sono tutte composizioni molto belle ed eseguite fantasticamente. Difficile fare una classifica di preferenza.
Suggestivi i testi, che hanno il pregio di non essere "sovraccarichi" e lasciano abbastanza spazio alla fantasia, regalandoci immagini in movimento, che si rincorrono e si incastrano navigando sul pentagramma. Si tratta di narrazioni di vita impermeate di figure e situazioni misteriose, da sogno; il sogno che, coadiuvato dall'accompagnamento musicale stretto e avviluppante, sgorga dalla bella, kate-bushiana voce di Cinzia Catalucci. (Soprattutto nel brano "Take My Hands"; in alcune altre tracks ci pare di cogliere somiglianze con Annie Haslam dei Renaissance e, qualche volta, con le ugole di Stevie Nicks e Christine McVie dei Fleetwood Mac... fermo restando che Cinzia - elegante e sicura di sé - mantiene il proprio carattere vocale distinto).
Facit
Splendido album, che invita automaticamente al reiterato ascolto. E ad approcciarsi anche alle opere "passate" della band progressive - decisamente progressive! - orvietana.
Piccola storia
Apprendiamo che l'Old Rock City Orchestra inizialmente era un quartetto: c'era anche Giacomo Cocchiara al basso. Il primo EP lo realizzarono nel 2010; poi, ampliandolo di quattro canzoni, lo trasformarono in un album: Once Upon A Time, che uscì nel 2012 per M.P. & Records.
Il gruppo si è esibito fin da subito in vari eventi importanti e in alcuni pub e club d'Italia. L'esordio non ufficiale era stato un promo, registrato nel 2010 al Doremilla Studio di Perugia con la partecipazione di musicisti classici come il Maestro Laurence Cocchiara, violinista eclettico e special guest durante i 'live' dell'Old Rock City Orchestra. (Da molti anni Laurence Cocchiara lavora anche nella scena rock indipendente italiana.)
Nel 2013 la Old Rock City Orchestra si imbarcò in un tour europeo che toccò l'Inghilterra, la Francia, il Belgio, l'Olanda e la Bulgaria. Quest'ultimo Paese sembra aver assunto un ruolo non secondario nella storia dell'"Orchestra", come vedremo presto.
2014: la band funse da opening act per l'ex-PFM Bernardo Lanzetti. Dopodiché uscì la loro opera seconda, Back To Earth, edizione M.P. & Records, distribuito da G.T. Music.
L'anno successivo, al festival 'Prog to Rock' di Torino, la Old Rock City Orchestra fece da apripista per i giganti del prog italiano Biglietto per l’Inferno.
Fu a novembre dello stesso anno che Cocchiara lasciò il gruppo. Il resto dei membri decise di rinunciare al bassista e di proseguire come trio. Registrarono in studio una magnifica cover di "Need", dei Circus 2000...
Y ('ipsilon') viene registrato nell'estate del 2021 e pubblicato nel marzo 2023 con una dedica all'intanto scomparso batterista Michele "Mike" Capriolo.
L’album esce su etichetta M.P. & Records, distribuito da G.T. Music di Antonino Destra. Edizioni Musicali Micio Poldo. Promozione a cura di Micio Poldo Communication.
Elaborazioni grafiche e video di OndemediE
Prodotto da Vannuccio Zanella e Old Rock City Orchestra.
Progressive rock, neo-progressive rock, art rock, acoustic rock, alternative rock, pop rock
Solstice. Anni di attività:1980–presente
Labels: EMI, Capitol
"Bubul Tarang", dall'album Light Up (2023) - esibizione live
Sull'homepage ufficiale dei Solstice, "prog rock band from GB" (da non confondersi con i Solstice, gruppo metal death degli Stati Uniti! Né con vari altri gruppi dallo stesso nome), c'è un link per poter downloadare gratis un loro live album: il Sia live 2021, concerto dal vivo incentrato sul loro sesto album, appunto Sia.
Il sito è pieno di informazioni sulla band - oggi un sestetto che vede in formazione due donne: Jess Holland e la nuova violinista Jenny Newman.
Jess Holland, Steve McDaniels, Peter Hemsley, Jenny Newman, Robin Phillips, Andy Glass
"A New Day", dall'album Sia
#folk #folkrock #folkprog
"Brave New World", dall'album Silent Dance
La versatilità dei quasi-londinesi Solstice. Questo gruppo #progfolk (e #progrock e #jazzrock), originario dal South East, ha suonato anche al 2Days Prog + 1 di Veruno.
Il brano sottostante, dall'album Light Up - già uscito quest'anno - è: "Wongle No9".
Solstice (quelli autentici, quelli di vicino Londra - originariamente provengono da meno di 100 km. dalla capitale -, dediti al progressive rock e guidati da Andy Glass): il loro Light Up, pubblicato a gennaio 2023, è presente su Bandcamp.
Il penultimo album in studio dei britannici Solstice: Sia (parola galeica che significa "six", "sei").
Del 2020.
Tipici per questa band sono i suoni del violino e la voce femminile (Jess Holland), oltre alle parti improvvisate e agli intermezzi puramente sinfonici.
Nel dettaglio
I Solstice sono un gruppo folk rock neoprogressivo formatosi nel 1980 a Milton Keynes, a nord-ovest di Londra (Buckinghamshire, regione del South East England). Sono guidati dal chitarrista Andy Glass, che è l'unico membro fondatore rimasto nella band.
Si misero insieme nel 1980, eseguirono sessions presso la BBC e, nonostante la buona copertura mediatica (da parte della stampa musicale nazionale), si sciolsero nel 1985. Il loro unico album pubblicato in questo lungo periodo di gavetta fu Silent Dance (1984).
Una ristampa su CD di Silent Dance (inizialmente dato alle stampe privatamente) suscitò nuovo interesse verso i Solstice e ci fu una reunion negli Anni Novanta, seguita da due uscite in studio: New Life e Circles, nonché un album dal vivo, The Cropredy Set.
Nel video seguente, una tappa importante nella carriera del gruppo che fa capo ad Andy Glass (chitarrista, cantante, compositore, produttore): il loro concerto a Veruno dell'anno scorso (4 settembre 2022).
Dopo The Cropredy Set (2002), il leader dei Solstice mise la band ancora una volta "in folle", per concentrarsi sulla propria formazione folk 3sticks (con Peter Hemsley e Jenny Newman). Un'uscita su DVD della loro performance nella località di Cropredy (alla 'Fairport's Cropredy Convention') diede il via a un'altra reunion nel 2007, con l'intero catalogo rimasterizzato e pubblicato in forma "Definitive Edition" ampliata. La band fece una tournée nel Regno Unito e, per la prima volta, nell'Europa continentale. Nella primavera del 2022, i Solstice intrapresero un nuovo lungo tour nel Regno Unito e nel resto d'Europa a sostegno dell'album Sia. Seguì Solstice Live at MK11, un live meramente digitale registrato al 'Craufurd Arms' di Wolverton, durante due serate nel settembre 2021.
Membri attuali
- Andy Glass: guitars
- Jess Holland: vocals
- Peter Hemsley: drums
- Steve McDaniels: keyboards
- Jenny Newman: violin
- Robin Phillips: bass
Ex membri
- Emma Brown: vocals
- Ken Bowley: bass
- Clive Bunker: drums
- Barbara Deason: vocals
- Marc Elton: violin, keyboards
- Mark Hawkins: bass
- Heidi Kemp: vocals
- Sandy Leigh: vocals
- Shelley Patt: vocals
- Sue Robinson: vocals
- Craig Sunderland: bass
- Martin Wright: drums
Discografia
(Studio albums)
Silent Dance (1984)
New Life(1993)
Circles(1997)
Spirit (2010)
Prophecy (2013)
Sia (2020) Light Up (2022)
(Live albums)
The Cropredy Set (2002)
Kindred Spirits (2011)
Live in Veruno (2022)
(Compilation albums)
Pathways(1998)
Maggio 2023. Tre concerti in Inghilterra dei Solstice con La Maschera Di Cera. Tra l'altro hanno tenuto uno show nel locale londinese '229'. Lì è stata suonata una canzone dei Solstice che era contenuta nella loro primissima cassetta...
Light Up, label: Giant Electric Pea. Album promo
Uno dei loro dischi più riusciti è senz'altro Prophecy, del 2013.
Nato a Perivale, Inghilterra, il 18 maggio 1949, da piccolo sognava di principesse da liberare e altre romantiche tenzoni... e fu anche questa sua passione, da lui trasposta in musica, a portarlo un'infinità di volte sulle copertine di riviste di progressive rock e di classic rock! Quella qui sotto è la cover di Prog di febbraio 2023, n. 137, dedicata al celebre tastierista.
"Quando suoni, stai dipingendo usando le note". Così diceva a Rick Wakeman la sua insegnante di pianoforte. Una lezione che Rick non dimenticò mai. In una galleria di quadri ci sono temi, forme e colori diversi e Wakeman cercò sempre di comporre come se fosse un pittore.
È uscito lo scorso novembre A Gallery of the Imagination, album realizzato insieme alla sua English Rock Ensemble.
La line-up è la medesima dello scorso disco di Wakeman, The Red Planet: si tratta dei componenti di un gruppo (ERE o, appunto, English Rock Ensemble) che, con gli inevitabili rimescolamenti di formazione, accompagna il mago delle tastiere fin dalle sue prime scorribande musical-imprenditoriali. Nella fattispecie:
Lee Pomeroy al basso, il chitarrista Dave Colquhoun, il batterista Ash Soan e, al canto, Hayley Sanderson, nota per aver partecipato al programma della BBC Strictly Come Dancing (il nostro Ballando con le stelle).
Richard Christopher Wakeman (questo il suo nome completo) si formò come pianista classico prima di passare alle tastiere e ai sintetizzatori. Fece da session man per diversi artisti (David Bowie, Elton John, Cat Stevens, Lou Reed, i Black Sabbath, John Williams, Al Stewart...) ed entrò negli Strawbs per poi passare agli Yes.
In "Space Oddity", straordinario brano cantato da David Bowie, è Rick a suonare il Mellotron.
Yes - 'Fragile'
Anno 1971. Affinché l'astronave Yes possa per davvero decollare, occorre che arrivi il tastierista Rick Wakeman al posto di Tony Kaye. Il gruppo ha già alle spalle due gradevoli album di pop sinfonico che non sono dissimili dallo stile dei Moody Blues e in più ha pubblicato The Yes Album, che è già una svolta verso il progressive rock.
La formazione è adesso:
Anderson, Howe, Squire, Bruford e Wakeman,
ed è questa che, oltre a Fragile, produrrà anche il successivo, altrettanto fantastico album Close To The Edge.
"Close To The Edge", brano di 18 minuti dall'album eponimo, ha tutto ciò che caratterizza il progressive rock. Ripetiamo i nomi: Jon Anderson, Bill Bruford, Rick Wakeman, Steve Howe, Chris Squire. Si recita come una poesia. Subito dopo questo lavoro, Bill Bruford, il batterista, abbandonerà inaspettatamente gli Yes per passare ai King Crimson.
La copertina dell'LP è di Roger Dean e stavolta non presenta un disegno fantastico e arzigogolato, eppure un certo effetto lo fa, con quel verde diffuso e la scritta (che dovremo definire, d'ora in poi, "roger-deaniana") con il logo della band, oltre al titolo, scritto con caratteri simili. "Close To The Edge" è un'espressione traducibile: "vicini al bordo".
Per molti, questo è il concept album più bello della storia del rock. Per altri, una delle dieci pietre miliari del progressive (ma noi crediamo che siano più di dieci; fermo restando che i più famosi rimangono Foxtrot, Pawn Hearts, In The Court..., Red, Thick As A Brick, Third...). Resta comunque uno dei capolavori del nostro genere preferito e, in termini di bellezza assoluta, nella discografia degli Yes si rimane indecisi se dare la corona a questo oppure a Fragile. (O a The Yes Album!)
Certo è che, tra tanti dischi stupendi, sarebbe utopico voler stilare una classifica.
Periodo di registrazione di Close To The Edge: dal febbraio 1972 al giugno dello stesso anno. (Pubblicazione: a settembre.)
Il film Yessongs, sugli Yes e sulla loro musica, venne prodotto nel 1975. Regia: Peter Neal. Qui vediamo gli Yes durante il loro 'Close To The Edge Tour' (dicembre 1972). Sul palco c'era già Alan White alle pelli d'asino. Fino ad allora White aveva suonato con e per Steve Winwood, John Lennon (nonché nella Plastic Ono Band), George Harrison (nell'album All Things Must Pass) e, dal vivo, con Joe Cocker.
Un rock a tratti ridondante (con il gentile aiuto degli altri membri degli Yes) a base di Mellotron, Moog, organo Hammond, organo di chiesa, piano elettrico, pianoforte a coda, vari synth.
Yes - 'Tales From Topographic Oceans'
L'attività degli Yes continua senza soluzione di continuità. 7 dicembre 1973: esce Tales From Topographic Oceans, un doppio LP, sesto lavoro in studio della band.
Le opinioni di critici e fan furono assai discrepanti... Gli Yes qui erano - come abbiamo detto - senza Bill Bruford, che aveva imboccato la strada dei King Crimson ma, comunque, per lui era subentrato, alle pelli d'asino, l'eccellente Alan White.
Doppio album, ripetiamo; e una delle critiche principali mosse a Tales From... è proprio la lunghezza. Secondo alcuni recensori di allora, l'album avrebbe potuto avere maggiore coerenza e impatto se fosse stato contenuto in sole due facciate di vinile.
Questione di punti di vista. Fatto è:
Side One e Side Two dell'opera risultano essere eteree, cristalline a tratti e a tratti nebbiose, fumose; con qualche lungaggine, certo. Side Three e Four sono invece più ritmiche, vi si sente più acciaio.
In tutto e per tutto, ad ogni modo, traspare lo stile tipico degli Yes. E, anche se non sempre è magia, trattasi di certo di buona musica.
Yes:
- Jon Anderson (Lead Vocals, Acoustic Guitar, Percussion)
- Steve Howe (Guitar, Electric Sitar, Backing Vocals)
Un po' più di fantascienza stavolta e meno saghe medievali e fantasy... Journey to the Centre of the Earth. Il fascino di questo racconto divenuto sinfonia rock è inalterato ancor oggi e, fin dalle battute iniziali, pare di tornare al momento della genesi dell'opus, all'esecuzione con registrazione in presa diretta. E "vediamo" la pomposità della messa in scena, con l'orchestra di là, la band di qua e, immerso in decine di vari strumenti a tastiera, lui, lo stregone, l'alchimista, ancora molto giovane e bello e dalla lunga capigliatura bionda.
'No Earthly Connection' (1976)
Con l'album The Myths & Legends of King Arthur and the Knights of the Round Table e la sua implementazione teatrale (con tanto di orchestra e persino balletto sul ghiaccio!), Rick Wakeman si era superato; in tutti i sensi. Anche in senso finanziario. Così nel 1976 dovette ridimensionare la squadra che lo accompagnava, facendone un "ensemble rock". E quale tema si sarebbe potuto adattare al suo nuovo album? Certo, qualcosa che rendesse giustizia al suo ego smisurato! Il tema glielo fornirono i libri di Erich von Däniken, uno dei guru della cosiddetta paleoarcheologia, un sostenitore dell'esistenza degli alieni.
No Earthly Connection è musica del futuro, ha testi esoterico-filosofici e, quasi obbligatoriamente per quell'epoca e per musicisti come Wakeman, è un concept album. La copertina interna mostra il tastierista degli Yes che salta dal cerchio di pietre di Stonehenge. E la copertina esterna? Beh, insomma! Non bellissima. Sembra il risultato di un trip andato a male e non ci guadagna neppure come cover per il CD. Anzi... Solo chi possedeva l'edizione originale del disco (dell'LP) sa che l'immagine anteriore e quella posteriore possono essere visualizzate... con la pellicola a specchio che era inclusa nel disco.
È il suo quarto album da solista (alcuni dicono il sesto...) e, almeno fino a Prayers del 1993, quello in questione è uno degli ultimi degni di nota nella sua tentacolare discografia! (Però i due a noi più vicini sono molto belli, secondo noi.) Considerando che Rick Wakeman è senza dubbio uno dei musicisti più acclamati, occorre dire che ha realizzato un'incredibile quantità di dischi solisti alquanto... scarsi. Passiamoli velocemente in rassegna: colonne sonore snervanti (Crimes of Passion), dischi rock che dicono poco e niente (Rhapsodies), pasticci vari a sfondo "divino" (A Suite Of Gods), una cover dei Beatles di sicuro superflua (Tribute To The Beatles) e un sacco di deliri magico-esoterici (come Aspirant Sunshadows). Recentemente ha realizzato The Red Planet e poi anche A Gallery of the Imagination, che lo hanno riportato ai livelli di classici come The Six Wives of Henry VIII, ...King Arthur..., del live Journey To The Center of the Earth o perlomeno di Two Sides of Yes; tuttavia negli ultimi anni ha sfornato anche materiale deboluccio. Tra le cose che si possono salvare, l'album The Living Tree, insieme al collega degli Yes Jon Anderson.
No Earthly Connection del '76 è energia elettronica e poesia ad un tempo, è spazio infinito e mistero. Sembra svanita la pesantezza dei full-length orchestrali. È un disco che testimonia dell'abilità e della capacità espressiva del tastierista e contiene alcune parti vocali non proprio malvagie.
Rick Wakeman a 'The Old Grey Whistle Test' (BBC) nel 1976
'1984'(1976)
Dopo aver abbandonato gli Yes all'inizio del 1980, Wakeman riprese la sua carriera da solista. Riformò la propria band, l'English Rock Ensemble, che altro non erano che i suoi vecchi amici del pub Valiant Trooper capitanati dal cantante Ashley Holt (curiosa omonimia con un'attuale chef televisiva statunitense), e completò un tour europeo. Per uno dei progetti precedenti, il tastierista si era assicurato un contratto discografico con la Charisma Records, che gli garantì un anticipo per realizzare un album.
Wakeman aveva programmato circa due anni e mezzo per il concept in questione, dall'ideazione al completamento. (E si sa che, per lui, quasi ogni concept è in realtà una rock opera!) Il suo desiderio di lavorare con altri musicisti che non fossero gli Yes era forte già prima della sua fuoruscita. E d'altronde non era mai scemata la sua passione di fondere le tastiere elettroniche con un'orchestra e un coro. Anche in questo caso non voleva scrivere un album ambientato nel passato di Britannia, bensì nel futuro. Scelse, come tema del suo nuovo lavoro, 1984, il celebre romanzo distopico - del 1948 - di George Orwell.
Compose la musica del nuovo progetto durante le pause del tour con gli Yes, incluso un periodo di tempo trascorso nella casa francese a Beaulieu-sur-Mer, vicino Monaco. Chiese poi a Tim Rice - affermato "lyricist" - di dargli una mano con i testi. E arruolò uno stuolo di cantanti.
Non c'era stavolta, tra di loro, l'amico Ashley Holt... che, tanto, lo aveva accompagnato in tournée con l'English Rock Ensemble e che avrebbe cantato ancora in altri suoi album. I cantanti di 1984 erano: Chaka Khan, Kenny Lynch, Steve Harley, Tim Rice, Jon Anderson.
Ecco i musicisti principali (calcolando che, aggiungendoci l'orchestra, i cantanti e le coriste, si arriva a una squadra di 82 persone!):
- Steve Barnacle (aka "Boghead"): Fender bass guitar
- Tim Stone (aka "Beaky"): guitar
- Tony Fernandez: drums
- Gary Barnacle: selmer saxophone
- Frank Ricotti: Ludwig drums
Che cosa spinse Rick Wakeman e Jon Anderson a lasciare gli Yes nel 1980? Beh, ci furono - come accadeva in altre band - dispute finanziarie e disaccordi sullo stile musicale da seguire. Anderson e Wakeman erano per una musica più melodica ed "easy" mentre Steve Howe, Chris Squire e Alan White tendevano a un suono più prossimo all'hard rock.
Fu una separazione dolorosa. Ma il destino del tastierista Wakeman e del cantante Anderson era legato agli Yes, loro navicella-madre. Entrambi infatti vi avrebbero fatto ritorno negli Anni Novanta... previo un gruppo chiamato Anderson Bruford Wakeman Howe.
Rick Wakeman, parte solista in 'An Evening of Yes Music Plus', tour degli Anni '90. Include parti di "Madrigal", "Gone But Not Forgotten", "Catherine Parr" e "Merlin the Magician"
Rick Wakeman e uno dei suoi medley (Montreux Jazz Festival, 14 luglio 2003)
Ecco cosa succede quando alcune leggende del Rock (con la "r" maiuscola) si ritrovano insieme su un palco a fare "jam". Questa è "Würm", parte finale di "Starship Troopers" (Yes). Rick Wakeman e Brian May le stelle dello show.
Ma ammirate soprattutto l'assolo di David Calcqoun (è quello con la Les Paul blu)!
Concerto di Rick Wakeman e la sua ERE, English Rock Ensemble, all'isola di Tenerife ("Live at Starmus", festival della musica e dell'astronomia)
Nel 1970 debuttava un gruppo che avrebbe dato un'impronta particolare al folk-rock: gli Amazing Blondel.
Molti non lo sanno o non se ne ricordano, ma John Gladwin e Terry Wincott suonavano entrambi in una band molto "elettrica": i Methuselah.
I Methuselah erano un gruppo di hard rock tendente al rock progressivo... e al folk. Si inquadrano in un periodo in cui in Inghilterra diventava più forte l'interesse per sonorità rinascimentali (ne sono testimonianza "Lady Jane" dei Rolling Stones o anche alcune canzoni di Donovan). In seguito i Methuselah si trasformarono in Blondel e da lì in Amazing Blondel, producendo un LP in stile rock con influssi blues ed elementi di psichedelia.
Fu Evensong, del 1970, a segnare la svolta, attraverso la quale gli Amazing Blondel (John David Gladwin, Terence Alan Wincott, Edward Blair) esplorarono il mondo delle ballate e dei madrigali medievali. Il trio familiarizzò con strumenti quali: liuto, oboe, cittern (una sorta di cetra), contrabbasso, organo a canne, armonium, flauti dolci, cromorno, chitarra, ocarina, percussioni.
Nel successivo Fantasia Lindum (più vicino al rock progressivo) si sarebbero aggiunti la cornamusa, il dulcimer, la ghironda e il clavicembalo.
Dall’album seguente in poi, gli Amazing Blondel abbandonarono le atmosfere elisabettiane per spostarsi verso sonorità simili a quelle degli Steeleye Span.
Dal Medioevo: Amazing Blondel
La dolcezza dei suoni "elisabettiani" degli Amazing Blondel
Forse i più giovani non lo sanno, ma ad inizio Anni '70 gli Amazing Blondel vennero spesso a suonare in Italia, dove si era formato un accanito gruppo di loro aficionados...
Quando nel 1973 gli Amazing Blondel rimasero in due per l'uscita di John David Gladwyn - che voleva continuare a indirizzarsi soprattutto verso la musica medievale -, pubblicarono, fra il 1973 e il 1976, quattro album con la formazione a due: Blondel ("l'album viola", il nostro preferito, con un certo Steve Winwood al basso!), Mulgrave Street, Inspiration e il pessimo Bad dreams.
Tornarono insieme, in tre, nel 1997, com'è testimoniato dall'album Restoration, che di nuovo tendeva più verso la musica delle origini della band.
Poi nel 2010 arrivò The Amazing Elsie Emerald, di nuovo senza Gladwin, e quell'album fu una cattiva idea (lo mettiamo quasi al livello del deludente Bad dreams). Dopo, fu la fine definitiva.
>> Nessuno, ascoltandoli la prima volta, si sognerebbe di catalogare gli Amazing Blondel come gruppo rock, né tantomeno "progressive". Eppure [...] <<
Chitarre acustiche più strumenti antichi quali il liuto, il clavicembalo, l’harpsichord, l’oboe, il dulcimer, la cetra, il cromorno, l'harmonium, la ghironda...: ecco i tre musicisti degli Amazing Blondel che ci invitano nel loro salotto medieval-elisabettiano.
Apre l'LP la suite "Fantasia Lindum", che occupa tutto il lato A. La voce di John Gladwin, leader della band, si svolge attraverso melodie e atmosfere rese ancora più suggestive dai cori degli altri due membri (anche loro polistrumentisti), Terence Wincott ed Eddie Baird.
Parte la seconda facciata e constatiamo che, pur restando fermo l'orientamento folk-britannico, i brani si arricchiscono di spunti di influenza West Coast, con accenti un po' à la Crosby Still & Nash.
Chiude il disco “Seige Of Yaddlethorpe", marcia militare con cornamuse e soprattutto con rullate di batteria ad opera di Jim Capaldi, batterista dei Traffic, gruppo anch'esso sotto contratto con la label Island.
"L'album viola" è forse il capolavoro degli Amazing Blondel, anche se la critica e molti fans non sono d'accordo. Secondo noi, è proprio qui, qui che i menestrelli inglesi si allontanano un po' dalle atmosfere medievaleggianti, pur restando in ambito di "musica antica", "tradizionale", quella musica che risalta l'arte, l'anima stessa del loro progetto. Canzoni dolci, bucoliche. Suoni pacati, voci "mellow" e, soprattutto, la bellezza delle melodie.
Certo: non erano più gli "Amazing Blondel": ora erano i "Blondel" e basta... Ma sapevano - e sanno - ben avvolgere l'ascoltatore e trasportarlo sulla piazza e nelle viuzze di un borgo inglese di 400, 500 anni prima!
'The Purple Album' è progressive folk, sicuramente. Con questo disco si lasciano alle spalle il sound elisabettiano pur gradevole e intraprendono lo stesso percorso che intrapresero i Gryphon già a partire dal secondo album per arrivare a destinazione con il quarto Treason.
La defaillance di Eddie Baird
Un vecchio giornale musicale: Sounds. Un articoletto a pagina 3 del numero del 30 novembre 1974. Vi si parla dei (molti) concerti degli Amazing Blondel successivi all'uscita dell'album Mulgrave Street. Sul palco: i Roxy Music e i Blondel (questi ultimi accompagnati da un'orchestra): strano abbinamento, anche se si pensa che i Roxy Music erano sotto contratto presso Island Records mentre gli Amazing Blondel erano passati a un'etichetta minore, la DJM (Dick James Music Records, che venne poi chiusa nel 1986).
Da tempo gli Amazing Blondel avevano - parzialmente - rinunciato alla musica antica, cercando di produrre brani più "accessibili". Sarebbe stato questa scelta a causare vari strappi all'interno del terzetto, come sappiamo. Il conflitto maggiore era tra il desiderio dei manager, i quali premevano per organizzare un numero maggiore di concerti, e quello del gruppo, che invece voleva passare più tempo in studio di registrazione a produrre nuovo materiale. Alla fine, tale situazione portò, nel 1973, alla partenza di John Gladwin, colui che aveva scritto la maggior parte dei loro brani. I rimanenti due membri decisero di continuare come duo, accorciando il nome del gruppo in "Blondel" ed esibendosi in compagnia di formazioni orchestrali.
Quello del 1974 fu un tour vario, sia in Europa che sull'Isola, con viaggi qui e là; a macchia di leopardo.
Nell'articolo si dice:
>> Eddie Baird ha avuto un mancamento poco prima di salire sul palco al Politecnico di Newcastle, la scorsa settimana. Trasportato all'ospedale, gli è stato riscontrato 'un esaurimento'. Sembrava essersi ripreso e difatti si è fatto trovare pronto, venerdì scorso, per esibirsi con la band al Goldsmiths College di Londra. Ma lunedì purtroppo è collassato nuovamente.<<
Al di là di questa "curiosità": spulciando i vari articoli d'epoca sugli Amazing Blondel, si nota l'atteggiamento altezzoso, a volte arrogante di tanta critica musicale, atta a seguire i generi alla moda ed escludere dai propri favori gli artisti che producevano suoni alia. Era quasi già un miracolo trovare qualcosa circa gli Amazing Blondel su una qualche rivista rock della metà degli Anni Settanta. Ricordiamoci tra l'altro che furoreggiava il punk...
#medieval #folkrock #progfolk
Annie Barbazza at Club Giardino.
Covers di:
Amazing Blondel, Genesis, King Crimson, Yes.
Il prog-folk acustico) degli Amazing Blondel sul palco del "Folkest" di Spilimbergo (Pordenone) nel 1998
Ci sono tutt'e tre i membri: John David Gladwin,Terry Wincott ed Eddie Baird. E la musica che a quel punto loro producono è ancora bella come lo era quasi 30 anni prima!