5/23/25

Versatilità e inglesità: gli Haken

Tutte le cronache iniziano con: "Gli Haken si sono formati a Londra nel 2007". In realtà i tre amici di scuola che diedero inizio alla band l'avevano formata già nel 2004, solo che "il lato serio della vita" (ossia lo studio) li separò. Dunque si concentrarono per un po' sui libri. Stiamo parlando di Ross Jennings, cantante, e dei due chitarristi Richard Henshall e Matthew Marshall. Volevano suonare un prog rock moderno ed è quello che cominciarono a fare tre anni dopo, insieme ad altri tre musicisti - tra cui il batterista Ray Hearne

Nel luglio dello stesso anno (2007) diedero già il loro primo concerto, insieme ai polacchi Riverside. Registrarono un demo - Enter the 5th Dimension e il primo album, Aquarius, era già sulla rampa di lancio. Ogni cosa si presentava promettente; tuttavia, il chitarrista Matthew Marshall e il tastierista Peter ("Pete") Jones se ne partirono per altri lidi. Con i nuovi componenti, il giovane sestetto si esibì ancora, sempre nella zona di Londra; tra gli altri, come supporto ai King's X (a Wolverhampton e Camden, nel gennaio 2009). Nell'ottobre 2009, la band divise il palco con i losangelini Bigelf nel loro tour attraverso il Regno Unito.




Intanto, al posto di Jones era subentrato il tastierista Diego Tejeida. La formazione a questo punto era composta da:

Ross Jennings (cantante), Richard "Hen" Henshall (chitarra, tastiere, cori), Charles Griffiths (chitarra, cori), il suddetto Tejeida, Thomas MacLean al basso e Raymond Hearne alla batteria. Oggi, di quella line up (che compare anche nei credits di Aquarius) sono ancora presenti Jennings, Henshall, Griffiths e Hearne; Peter Jones (il tastierista) è ritornato 4 anni fa circa per sostituire Tejeida, e Corner Green è, dal 2014, il nuovo bassista.

Ross Jennings

Gli Haken sono considerati - e non da oggi! - una delle band più talentuose e autentiche del progressive metal moderno. Sono noti per la loro abilità strumentale straordinaria e per la capacità di fondere in modo assai fluido elementi di progressive rock classico, metal, jazz, pop e perfino djent. Album come The Mountain (2013, il loro primo per Inside Out Music) e Vector (2018) mostrano una grande varietà stilistica, con composizioni complesse ma accessibili.

   The Mountain, l'album del 2013


Pur richiamando influenze di gruppi del rango di Dream Theater o Porcupine Tree, hanno un suono distintivo, spesso caratterizzato da armonie vocali ricche e cambi di atmosfera dinamici. Paragonati ad altre formazioni famose, come ad esempio i Transatlantic, gli Haken hanno dalla loro - oltre all'"inglesità", che giustamente viene spesso sottolineata - anche la compattezza degli album. The Mountain o anche Fauna sono focalizzati su atmosfere cinematografiche e melodie accattivanti, pur presentando l'obbligatorio groviglio calcolato di suoni e combinazioni nodali. 

 Richard Henshall
 Raymond Hearne


Haken vs Transatlantic

(Un tentativo di capire le differenze tra i due gruppi)

Mentre i Transatlantic hanno un approccio più ottimista e spirituale, con testi che spesso evocano temi universali o narrativi grandiosi, tipici del prog americano che guarda a un’etica di speranza e trascendenza, gli Haken tendono a esplorare temi introspettivi, surreali o concettuali (es.: Vector, album che parla di esperimenti psicologici), con un tocco di ironia britannica (es.: "Cockroach King", brano che richiama il Re Crimson con un pizzico di umorismo; è molto in stile Queen, a dire il vero).

Gli Haken hanno un sound più moderno e pulito, con una produzione che enfatizza riff pesanti e dinamiche contrastanti.

Di contro, i Transatlantic hanno un suono più caldo e organico, che richiama il prog vintage, con tastiere analogiche e un’atmosfera più "retro".


Haken vs. Dream Theater

Pur essendo influenzati dai Dream Theater, gli Haken prediligono meno i virtuosismi individuali e si concentrano piuttosto sull’equilibrio tra melodia e passsaggi intricati. I loro pezzi sono generalmente più concisi (5-10 minuti, con le ovvie eccezioni) e incorporano elementi non-metal, come pop o elettronica, dando alla musica un tocco più "europeo".

I notissimi Dream Theater, pionieri del progressive metal, come cifra stilistica hanno una tecnica estrema (soprattutto il batterista Mike Portnoy e il chitarrista John Petrucci) e nelle loro composizioni si spingono fino al limite del virtuosismo. È il caso di Images and Words o Metropolis Pt. 2. Il loro sound è più ancorato al metal americano, con riff potenti e assoli spettacolari.

Gli Haken usano testi più astratti o narrativi, con un’ironia sottile e un’estetica che ricorda decisamente il prog britannico (richiami a King Crimson o Genesis). La loro musica ha dunque un tocco di eccentricità e raffinatezza.

I Dream Theater tendono a testi più diretti o emotivi, spesso incentrati su aspetti personali, conflitti interiori o storie epiche, con un approccio che può sembrare più "cinematografico" nel senso hollywoodiano.

Le differenze più evidenti sono nella struttura: gli Haken bilanciano momenti tecnici con melodie accessibili, rendendo la loro musica più immediata per un pubblico moderno, mentre i Dream Theater spesso si lasciano andare a lunghe sezioni strumentali e alle già accennate dimostrazioni di abilità tecnica.


Haken vs altri gruppi

Rispetto ad altre band prog/metal americane come Spock’s Beard (più melodici e vicini al prog rock classico), Symphony X (più sinfonici e power metal) o Tool (più oscuri e atmosferici), gli Haken si distinguono per il sound più eclettico, che spazia tra generi senza rimanere ancorati a un’unica corrente o a un unico genere. Anche la raffinatezza melodica è evidente: in confronto al prog americano, che tende a essere più diretto o enfatico, gli Haken hanno una sensibilità melodica più delicata e stratificata. La loro è una produzione che si rivolge sì ai fan del prog classico, ma forse soprattutto a un pubblico giovane abituato al metal contemporaneo. Il loro output è meno “epico” o “grandioso” in confronto a quello di band come Symphony X.

   Fauna, del 2023


L’“inglesità” degli Haken è evidente?

La loro origine britannica si percepisce certamente, anche se non è sempre esplicita come in band prog classiche quali Genesis o Yes. Essa emerge grazie all'eccentricità e all'ironia. Gli Haken hanno infatti un senso dell’umorismo e un gusto per il surreale che può essere quasi solo britannico! I loro testi spesso giocano con immagini bizzarre o concetti intellettuali, tipici appunto della tradizione inglese.

Come già detto, è abbastanza evidente che il loro suono sia stato plasmato dal prog britannico. Così, nella musica degli Haken sentiamo risuonare echi non solo dei Genesis (nelle armonie vocali) e dei King Crimson (nella sperimentazione), ma anche dei Porcupine Tree (nell’atmosfera moderna).

               
                     


Estetica visiva e concettuale

Le copertine dei loro album (es. The Mountain o Affinity) e gli argomenti trattati hanno un’aura “artistica” e intellettuale che si allinea con la tradizione del prog inglese, più che con l’approccio spesso più viscerale o narrativo degli americani.


Performance dal vivo

I loro concerti sono molto apprezzati per l’energia e la precisione, con una fanbase fedele che ne loda l’impatto dal vivo.


Evoluzione

Ogni album tende a esplorare nuove direzioni, mantenendo un equilibrio tra sperimentazione e melodie memorabili. Il loro ultimo full-lenght, Fauna (2023), ha ricevuto ottime recensioni per la sua ambizione e coesione. (Interessante anche l'EP Lovebite, dello stesso anno.)


Storia o meglio non-storia del nome

A differenza di gruppi con nomi legati a concetti filosofici o letterari (i già citati Genesis e King Crimson, i Van der Graaf Generator, i Gentle Giant...), gli Haken hanno scelto un nome più astratto, lasciando che sia la loro musica a definire la loro identità.

Sono state formulate varie ipotesi, ma il nome "Haken" non ha un significato specifico o chissà che elaborata genealogia. Secondo quanto è stato riportato in varie interviste dagli stessi componenti, la denominazione è stata scelta principalmente perché "non suona male", perché ha un impatto fonetico e, nel contempo, per la sua semplicità. 

Qualcuno ha notato che, in tedesco, "Haken", significa "gancio", "uncino". In effetti questo sarebbe un vocabolo che riflette l'obiettivo dei londinesi di creare musica "accattivante" (hooky, in inglese), con melodie che catturano l’ascoltatore, anche in presenza di strutture intricate. Tuttavia, nessuno della band ha mai dichiarato esplicitamente la connessione del nome con il termine tedesco. Fino a...

Nell'agosto 2019, il programma 'Rock et cetera' della Deutschlandfunk ha trasmesso un ritratto dettagliato della band (durata: un'ora). È stata una delle tante occasioni per domandare al frontman, Ross Jennings, il significato di "Haken". Jennings ha spiegato che originariamente avevano scelto la denominazione "Haaken", poiché suonava come se provenisse dalla mitologia nordica, per poi appunto trasformarla in "Haken" ("gancio in lingua tedesca").

La Germania è la seconda patria di molti artisti anglosassoni e lo è diventato fin da subito per gli Haken. Ottenuto un contratto da Sensory Records, hanno potuto registrare il loro album di debutto proprio in Germania, presso gli Spacelab Studios di Christian "Moschus" Moos, a Kempen. Anche il mastering è avvenuto in Germania, nello Eroc’s Mastering Ranch, esistente fin dagli Anni Sessanta. (Responsabile: Joachim Heinz Ehrig, conosciuto come Eroc, tra l'altro batterista dei Grobschnitt.) 

Vari concerti seguirono nel 2010, insieme a (per citare due nomi) Karmakanic e Agents of Mercy. Nel settembre 2011 gli Haken si esibirono negli U.S.A. nella cornice del 'ProgPower' e lo stesso anno (a novembre) suonarono con Threshold e Vanden Plas. Nel frattempo, sempre per Sensory Records, ecco uscire il loro secondo lavoro, Visions.

   “Drowing in the Flood”


Il cantante Ross Jennings, sui primissimi passi della band e il primo album Aquarius, ha dichiarato:

"Dopo le demo, eravamo ben consapevoli di essere una band prog rock e prog metal e sentivo che dovevamo fare una dichiarazione chiara e programmatica con l'album di debutto: doveva essere un concept possibilmente perfetto. Così, ho lavorato a stretto contatto con Richard, che ha scritto la musica, e ho ideato la storia e i testi. Inizialmente parlava di acqua, poi è diventata una storia sul riscaldamento globale, sulle inondazioni. E quindi sono entrati in gioco i personaggi. Aquarius si è evoluto in modo abbastanza naturale".

Charlie Griffiths spiega: "Con il progressive puoi fare qualsiasi cosa, è una tela bianca. Ciò, da una parte può rivelarsi un problema, perché a volte diversi pezzi non si incastrano. Ultimamente, sono stato molto attento ad assicurarmi che la musica fosse coerente, che una canzone fosse coerente, ma in Aquarius ci sono molti cambiamenti bruschi. Se dovessimo ri-registrarlo ora, proverei a dividerlo in brani più brevi invece che in lunghe 'suite'. Ma è così: si vive e si impara".

    “Celestial Elixir


Charlie Griffiths: "Nel secondo album, che la band ha registrato un anno dopo, i brani arrivano al dunque più rapidamente, ma il suono è lo stesso. E Visions, così come Aquarius, è un concept".

Ross Jennings: "Non era previsto all'inizio, ma sono venuti fuori appunto due concept album già in partenza. Però volevamo rimanere più sul lato prog metal, attenerci al sound orecchiabile e stare attenti a non mescolare gli stili in modo  irregolare. La differenza di Visions rispetto al primo album è questa. Ma è pur sempre un concept, e se devo spiegare la storia... Dio mi aiuti! È basata su un sogno che ho fatto. 'Premonition' parla di una premonizione, di qualcuno che "si vede morire". Mi son chiesto: e se succedesse davvero? Potrei influenzare il mio destino?"

Charlie Griffiths: "Per una band come la nostra, a volte è più difficile scrivere canzoni non troppo tecniche, con un riff o un assolo dietro l'altro. Noi, in questo caso, volevamo semplificarle, con un semplice cambio di accordi e una bella melodia. E penso che abbia funzionato con 'Deathless': mi piace la canzone!"

Ross Jennings: "È una ballata, ma posso assicurarvi che non è una canzone d'amore. È piuttosto triste, però molto bella da suonare, e i fan la vogliono ascoltare spesso".


   “Deathless”


Consiglio dell'esperto

Prima di The Mountain, gli Haken erano ormai una chicca tra gli appassionati di progressive, considerati una delle migliori band dal vivo sulla scena. Avevano suonato insieme a King's X, Anathema, IQ e Dream Theater. Le aspettative per il terzo disco erano grandi. Nei primi due, Jennings si occupò dei testi e Henshall della musica: questa volta il processo creativo fu più democratico. Tutti i membri scrissero i testi. E, sebbene The Mountain sia chiaramente rock progressivo con forti riferimenti alla musica degli anni '70, Haken vi inserisce elementi di altri generi come ambient, soul, jazz ed elettronica. "Questa volta, la posta in gioco per la band era alta" afferma il chitarrista Charlie Griffiths.

Per The Mountain arrivò un contratto con InsideOut Music (la label sotto cui ancora sono). The Mountain contiene "Cockroach King", di 8 minuti, uno dei loro brani più noti e amati in assoluto.

Il 25 settembre 2013 gli Haken annunciarono che il bassista Tom MacLean si separava da loro. Un'altra separazione sarebbe arrivata nel novembre 2021: quella di Diego Tejeida. E ciò segnò il ritorno del tasterista originario Peter Jones (attenzione: esiste un altro tastierista inglese con quel nome, Peter e/o Pete Jones, anche lui bravissimo: è quello noto per il progetto Tiger Moth Tales...).

    Vector, 2018


Discografia

                              Album in studio

2010: Aquarius (Sensory Records)

2011: Visions (Sensory Records)

2013: The Mountain (InsideOut Music)

2016: Affinity (InsideOut Music)

2018: Vector (InsideOut Music)

2020: Virus (InsideOut Music)

2023: Fauna (InsideOut Music)

                       Album dal vivo

2018: L-1VE (InsideOut Music)

2018: L+1VE (solo vinile e come download; InsideOut Music)

2025: Liveforms: An Evening With Haken (InsideOut Music)

                     Altre pubblicazioni

2007: Demo (pubblicazione in proprio)

2008: Enter the 5th Dimension (demo, pubblicazione in proprio)

2014: Restoration (EP, InsideOut Music)


    Virus, l'album del 2020 

Homepage ufficiale   


Gli Haken su Bandcamp   


5/13/25

L'album 2024 degli inglesi PRR: 'Coming Up to Consciousness'

"PRR" sta per Pure Reason Revolution e il loro album più recente è stato pubblicato da InsideOut

Che musica fanno? Presto spiegato: "progressive alternative"! (Se cercate un hashtag: provate con #progalt.)



Il "progressive alternative" è un sottogenere di rock alternativo che enfatizza strutture complesse e tempi "non convenzionali". È musica sperimentale che incorpora elementi del jazz, della musica classica e dell'elettronica. 

I Pure Reason Revolution sono al loro 6° album (uscito a settembre 2024).


Coming Up to Consciousness è un "concept" che si incentra su tradimento, inganno, paura, dolore, mortalità e sulla questione della sanità mentale.

Il gruppo si formò nel 2003 alla University of Westminster. Storiche formazioni ammirate dai membri dei Pure Reason Revolution: Pink Floyd, Porcupine Tree, Nirvana, Justice, Kraftwerk, Fleetwood Mac.

I due fratelli Courtney (Jon e Andrew) avevano formato a Reading il gruppo The Sunset Sound. Con loro era la cantante, polistrumentista e compositrice Chloë Alper. Poi, diversi cambi di nome (The Wow, Pendulum Dawn...) e la decisione finale di battezzarsi Pure Reason Revolution (PRR).

La Alper è rimasta, almeno fino a prima di questo album; chi se ne è andato è Andrew, uno dei due Courtney. Per Coming Up to Consciousness è stata ingaggiata, alla voce, Annicke Shireen.



Musicisti dell'album (nel dettaglio)

Da citare per primo è Jon Courtney, che vive a Berlino e che, insieme all"'americano" Greg Jongha scritto diverse canzoni di questa e di opere precedenti dei PRR. (Greg Jong in realtà è, anche lui, originario delle verdi sponde dell'Inghilterra, ma residente ormai nel Pacific Northwest.) Un loro hit in passato è stato "The Bright Ambassadors of Morning" (durante il loro terzo anno di studio). Nell'album attuale troviamo inoltre Guy Pratt, musicista di session (il suo strumento è il basso) che ha lavorato tra gli altri con i Pink Floyd. Alla batteria: Ravi Kesavaram (componente di My Vitriol), che era già andato in tour con i PRR nel 2022.
Altri collaboratori: Lewin Krumpschmid (Rhodes & piano), Bruce Soord (guitars: sì, il famoso il fondatore e frontman del gruppo musicale rock progressivo The Pineapple Thief!), Jon Sykes (bass).


Attualmente la line up fissa comprende solamente:

Jon Courtney – vocals, guitars, keyboards

Greg Jong – vocals, guitars (2003–2005, 2021-current)


ma è sempre fluttuante. Vecchi componenti dei Pure Reason Revolution:

Chloë Alper – vocals, bass guitars, keyboard

Jamie Willcox – vocals, guitars (2005–2011)

Paul Glover – drums (2006–2011)

Jim Dobson – keyboards, bass guitar, violin, guitars, vocals (2003–2006)

Andrew Courtney – drums (2003–2006)

 Chloë Alper (1)
Chloë Alper (2); tornerà mai nei PRR? 

    "The Bright Ambassadors of Morning" (da The Dark Third, 2006)

Le quattro foto sottostanti ritraggono l'olandese Annicke Shireen


                   


Discografia dei Pure Reason Revolution (studio albums)


The Dark Third (2006)

Amor Vincit Omnia (2009)

Hammer and Anvil (2010)

Eupnea (2020)

Above Cirrus (2022)

Coming Up to Consciousness (2024)


Homepage ufficiale



4/25/25

I due lavori di transizione del Banco

 Nella formazione storica della band capitolina militavano i fratelli Gianni e Vittorio Nocenzi (tastiere e pianoforte), Francesco di Giacomo (voce), Rodolfo Maltese (chitarra; e occasionalmente fiati) e Pierluigi Calderoni (batteria); ma sono stati numerosi i cambi di personale, specialmente nella sezione ritmica. 

 Tra il 1972 e il 1985 pubblicarono ben dodici album, anzi: diciamo dieci, visto che Banco (1975) fu una specie di 'best of' in inglese e As in a Last Supper è solo la versione inglese di Come in un’ultima cena, 1976. 

Come in un'ultima cena fu tra l'altro il terzo e ultimo album del Banco prodotto dalla Manticore Records (degli Emerson, Lake & Palmer). Un onore che, per quanto riguarda gli artisti del Bel Paese, la storica etichetta aveva riservato solo alla PFM.


È logico che, per gli amanti del rock progressivo, gli album del Banco da possedere a tutti i costi sono soprattutto il primo (ha fatto storia il vinile in una confezione a forma di salvadanaio di terracotta), il suo seguito dal titolo Darwin! e ovviamente Io sono nato libero: tutti usciti tra il 1972 e il 1973. 

In quest'ultimo ci sono le splendide "Non mi rompete" (che fa capire in che maniera la band, similmente a Le Orme, riesce a nobilitare la forma "canzone") e "Canto nomade per un prigioniero politico" (che dura più di 15 minuti e rappresenta uno dei punti massimi del rock progressivo italiano). Darwin! è un concept album sull’evoluzione. E l'album di debutto contiene capolavori del prog rock come "Requiescat in pacem" e "Il giardino del mago" (lunga oltre 18 minuti).


Nonostante queste tre pietre miliari della musica in assoluto (al di là dei generi), ci si rattristisce ad apprendere che, presso la massa dei consumatori, la loro canzone più famosa sia "Moby Dick", pezzo del 1983 la cui risonanza li portò, due anni dopo, a partecipare al Festival di Sanremo (con "Grande Joe"). (Molto popolare anche "Paolo Pa", dall'album Urgentissimo del 1980.)



 ... di Terra

(1978)

                     Primo album a recare il solo nome "Banco" 

... di Terra e l'album successivo Canto di Primavera ('79) sono stati gli ultimi due dischi in studio davvero belli del Banco prima che finalmente uscissero - in tempi recenti - Transiberiana e Orlando: Le Forme dell'Amore, che sono riusciti, in qualche modo, a rappacificare i fans con il gruppo. In mezzo, tutta una serie di album in studio pochissimo o per niente amati dalla maggioranza degli aficionados del BMS. Forse si salvano veramente, di quel periodo di transizione, solo il remake di Banco del Mutuo Soccorso (ossia l'album Salvadanaio, riproposto nel 1991) e il remake di Darwin! (stesso anno, 1991).

Dopo il deludente Il 13 (1994), un silenzio - almeno in sala di registrazione - durato ben 25 anni, fino all'uscita appunto di Transiberiana. Ma Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese, purtroppo, nel fattempo se n'erano andati (uno nel 2014, l'altro nel 2015) e Gianni Nocenzi aveva lasciato la band di gran lunga.


              Line up di ... di Terra 

      (un album notevole, strumentale, ispirato dalla musica classica, in cui il progressive rock si inserisce al momento giusto)

  - Rodolfo Maltese: electric & acoustic guitars, trumpet

  - Vittorio Nocenzi: Crumar DS2 synth, Pari organ, electric piano, orchestration & conducting

  - Gianni Nocenzi: piano, orchestrations

  - Renato d'Angelo: bass

  - Pierluigi Calderoni: drums, timpani, percussion

              With:

  - Alan King: flute, contralto sax

  - Orchestra dell'Unione Musicisti di Roma

  - Antonio Scarlato: orchestrations


I titoli dei brani, letti di seguito, compongono una poesia vergata da Francesco Di Giacomo:

“Nel cielo e nelle altre cose mute, terramadre, non senza dolore, io vivo.

Né più di un albero non meno di una stella nei suoni e nei silenzi di terra”.


Dunque il Banco si avvicina piano piano alla forma canzone pop più classica, abbandonando le lunghe composizioni tipiche del rock progressivo. Ma attenzione: lo fanno senza mai rinunciare alla qualità! E c'è sempre qualcosa di "traverso", richiami colti, allusioni anche letterarie nel loro (sigh!) pop.

Il cambio di strada è una scelta e noi non riteniamo di dover pronunciare la parola "pop" in maniera denigratoria: anche il progressive rock, alla sua nascita, era chiamato "pop" (pur se, più propriamente, si trattava di rock sinfonico - vedi i nostri articoli su Procol Harum e The Moody Blues -, andatosi via via arricchendo di elementi jazz - la Scuola di Canterbury, King Crimson, Van Der Graaf Generator e altri). 

Una delle più belle composizioni brevi del Banco è la splendida "E mi viene da pensare" che è contenuta in Canto di primavera del 1979, album che segna l’abbandono (parziale!) del progressive e l’accettazione della forma canzone da 4 o 5 minuti. In questo che è il loro ottavo album, caratterizzato da suggestioni etniche e atmosfere pastorali, Giovanni Colaiacomo (dei Kaleidon) subentra al basso, sostituendo D'Angelo.


Siamo ancora su buoni livelli compositivi, i brani si ascoltano con piacere; tracce come "Sono la bestia", la terza dell'album, farebbero la loro porca figura in qualsiasi platter di qualsiasi gruppo di rock progressivo di ieri e di oggi. 

Sempre ottimo il lavoro di tastiere dei fratelli Nocenzi; funzionale qui il canto di Di Giacomo, non centrale come in altre opere e tuttavia "sentito" nelle due ballad "Niente" e nella suddetta "E mi viene da pensare", le quali richiamano il lato più intimo e delicato del gruppo. In particolare colpisce la performance di "Big Francesco" nel secondo dei due brani citati, che verrà successivamente dedicato alla memoria di Demetrio Stratos - cantante degli Area che era venuto a mancare dopo una malattia proprio nel 1979.

Altra canzone "ricantabile" e bella nella sua intimità urbana che profuma di stanzette di adolescenti solitari è "Interno Città" (la più lunga del lotto, con i suoi 6 minuti e 46 secondi).


                      Lineup di Canto di primavera

  - Francesco Di Giacomo: vocals

  - Rodolfo Maltese: electric & acoustic guitars, charango, bouzouki, trumpet, horn

  - Vittorio Nocenzi: keyboards, synthesizers

  - Gianni Nocenzi: Yamaha electric piano, clarinet

  - Gianni Colaiacomo: bass, fretless bass, 6-string bass

  - Pierluigi Calderoni: drums, timpani, percussions

                    With:

  - Luigi Cinque: soprano sax, harmonica, Mongol mouth harp

  - George Aghedo: percussions


Canto di Primavera rappresenta quindi un'operazione di rinnovamento stilistico del Banco del Mutuo Soccorso (Banco o BMS che dir si voglia). A così tanti decenni di distanza dall’uscita di questo disco, si può serenamente affermare l’evidente bontà dei pezzi. Canto di Primavera chiude con successo il periodo artisticamente migliore della formazione romana che, a partire da quel momento e per tutto il decennio Ottanta e buona parte dei Novanta, rimodellerà il proprio modo di scrivere canzoni, distanziandosi - in parte, almeno - dal glorioso passato.

 Il nuovo Banco del Mutuo Soccorso, con Tony D'Alessio alla voce


LINKs correlati

4/24/25

Riascoltando 'Orlando: Le Forme dell'Amore'

Album del 2022 del Banco del Mutuo Soccorso


76 minuti di acrobazie musicali e il tentativo, nientedimeno, di replicare l'Orlando Furioso. Così Vittorio Nocenzi, unico membro fondatore rimasto nella formazione del Banco del Mutuo Soccorso - e ormai ultrasettantenne -, ha cercato di ridare vitalità alla band e di rinverdirne i fasti.



La prima presentazione dell'opera - se vi ricordate - è avvenuta a Ferrara, città di cultura e di grandi letterati, ove l'Ariosto morì (il poeta era emiliano).
Ma perché la scelta è caduta su questo tema? Beh, perché è interessante, perché fa parte della grande tradizione letteraria italiana ma anche per chiudere in qualche modo il cerchio (così immaginiamo noi). L'avventura musicale del Banco del Mutuo Soccorso, infatti, cominciò con "In Volo". Ricordiamoci del magico verso cantato allora da Di Giacomo ("Big Francesco"): "Lascia lente le briglie del tuo ippogrifo, o Astolfo".
È stata una piccola eternità fa ed è chiaro che, dopo che a vent'anni hai sfornato capolavori come il Salvadanaio, Darwin e Io sono nato libero (che hanno fatto di te un mostro sacro), non c'è più niente da fare: il confronto resterà sempre impietoso e, anche se ti presenti con opere valide come Transiberiana e appunto questo Orlando: Le Forme dell'Amore (e con un bravissimo cantante come Tony D'Alessio!), riceverai delle critiche.
Per me è un ottimo disco. Corposo, tra l'altro. Per seguire la vicenda o meglio le vicende del protagonista (già abbastanza incasinata nel poema cavalleresco dell'Ariosto, che si era ispirato all'incompiuto Orlando Innamorato del Boiardo), è meglio orientarsi con il libretto accluso al CD.




1. "Proemio" (2:13)
2. "La Pianura Rossa" (6:38)
3. "Serve Orlando Adesso" (4:52)
4. "Non Mi Spaventa Più L'amore" (5:01)
5. "Non Serve Tremare" (4:06)
6. "Le Anime Deserte Del Mondo" (5:01)
7. "L'isola Felice" (3:57)
8. "La Maldicenza" (6:17)
9. "Cadere O Volare" (5:09)
10. "Il Paladino" (2:52)
11. "L'Amore Accade" (3:42)
12. "Non Credere Alla Luna" (6:56)
13. "Moon Suite" (11:49)
14. "Come È Successo Che Sei Qui" (3:38)
15. "Cosa Vuol Dire Per Sempre" (6:48)


Line-up / Musicians

- Vittorio Nocenzi: piano, keyboards, vocals
- Filippo Marcheggiani: guitar, vocals
- Nicola Di Già: guitar
- Marco Capozi: bass
- Fabio Moresco: drums
- Tony D'Alessio: vocals


 Tony D'Alessio

Di Orlando: Le Forme dell'Amore avevamo già scritto qua al tempo della pubblicazione dell'album.


      Altri links correlati:


   Transiberiana (2019)

Quando il Banco del Mutuo Soccorso "went English"

L'articolo di Fabio Zuffanti su Rolling Stone "Do you speak prog? Dieci tentativi di internazionalizzare il progressive italiano" ci rammenta degli anni in cui gruppi come la Premiata Forneria Marconi, Il Banco, Le Orme e compagnia bella sognarono (lecitamente!) di poter conquistare il mercato anglosassone offrendo, al pubblico di altre lande, la loro musica con i testi nella lingua di Shakespeare.

                          

Oggi ci sono gruppi nostrani come i Barock Project che si esibiscono senza difficoltà in Germania, Olanda... Successo meritato, sia pure non eclatante in fatto di vendite. Nel tempo che fu (è trascorso mezzo secolo e oltre!) occorreva appoggiarsi ai "compagni di genere" e i sogni erano immensi. La Manticore Records, così come certe etichette discografiche giapponesi, ha fatto molto per il RPI (Rock Progressivo Italiano; in inglese credo qualcuno lo scriva "IPR").

           

Grandissimo l'album 'Banco', l'esordio in inglese del Banco del Mutuo Soccorso e Francesco Di Giacomo per l'etichetta (vedi sopra) Manticore (di Greg Lake: Emerson, Lake & Palmer).


Era il 1975. Scopriamo che Di Giacomo è emozionante (nonché credibile) anche in una lingua non sua, che sembra ben padroneggiare. Ascoltatevi "Leave Me Alone", che sarebbe la versione di "Non mi rompete" nell'idioma del bardo di Stratford-upon-Avon!



1. "Chorale" (From "Traccia" Theme) (2:30)

2. "L'Albero Del Pane" ("The Bread Tree") (4:45)

3. "Metamorphosis" (14:54)

4. "Outside" (7:42)

5. "Leave Me Alone" (5:20)

6. "Nothing's The Same" (9:58)

7. "Traccia II" (2:42)


  - Francesco Di Giacomo: vocals

  - Rodolfo Maltese: electric & acoustic guitars, trumpet, backing vocals

  - Vittorio Nocenzi: organ, synthesizer, Mellotron (strings), producer

  - Gianni Nocenzi: grand piano, clarinet, synthesizer

  - Renato D'Angelo: bass, acoustic guitar

  - Pier Luigi Calderoni: drums, percussion


 BMS allora



... e l'anno dopo...




Come in un'ultima cena del Banco del Mutuo Soccorso, 1976: il canto del cigno del prog rock italiano del periodo classico (il punk e la disco music domineranno, manipolandoli, i tardi Anni '70 e tutti gli Anni '80).
Il brano più lungo arriva qui ai 7 minuti e mezzo. Il progressive è ancora presente ma si fanno spazio già i motivi pop, e ciò, soprattutto in seguito, fu ragione di cruccio per i fans della prima ora del Banco.


1. "...a cena, per esempio" (6:20) 2. "Il ragno" (4:55) 3. "È così buono Giovanni, ma..." (3:32) 4. "Slogan" (7:23) 5. "Si dice che i delfini parlino" (5:50) 6. "Voilà Mida" ("Il guaritore") (6:14) 7. "Quando la buona gente dice" (1:57) 8. "La notte è piena" (4:14) 9. "Fino alla mia porta" (4:30) - Francesco Di Giacomo: lead vocals - Rodolfo Maltese: electric & acoustic guitars, trumpet, French horn, vocals - Vittorio Nocenzi: Hammond organ, synthesizer, harpsichord, Solina, vocals - Gianni Nocenzi: electric & acoustic pianos, synthesizer, clarinet, recorder - Renato D'Angelo: bass, acoustic guitar - Pierluigi Calderoni: drums, percussion

La scomparsa - risalente ormai a oltre un decennio fa - di una delle più grandi voci del progressive italiano ha rattristato tutti i cultori del genere. Il modo migliore per ricordare Francesco Di Giacomo è quello di riascoltare la sua straordinaria voce. Uno dei brani prediletti dai suoi ammiratori è contenuto proprio in questo album: "È così buono Giovanni, ma..." Lo si potrebbe ascoltare all'infinito, senza mai stancarsi. Ovvio: i primi tre album della band sono senza ombra di dubbio i migliori della loro carriera, ma anche nella produzione posteriore troviamo perle non da poco. "È così buono Giovanni, ma..." ha un'intensità e un impatto emotivo paragonabili a quelli di "R.I.P." e "Non mi rompete".

Nello stesso 1976, Come in un'ultima cena venne realizzato altresì in lingua inglese (As in a Last Supper) con i testi di Angelo Branduardi: un po' troppo "cerebrali" per essere recepiti dal pubblico anglosassone. Sarebbe stato meglio chiamare Peter Sinfield o Peter Hammill, come già accaduto rispettivamente per la PFM e per Le Orme di Felona & Sorona.
Comunque, questo Come in un'ultima cena è un album che ancora si lascia apprezzare. Anche in inglese! Di Giacomo lo rimpiangiamo per vari motivi - e a ragione.
Links attinenti (circa album recenti, senza più Big Francesco)

   Transiberiana (2019)