La scissione doppia o meglio triplice dei King Crimson agli inizi della loro carriera produsse (dopo che già c'era stata una formazione precedente alla stessa band, Giles, Giles & Fripp) questo album. Fripp intanto si era impossessato in toto del giocattolo King Crimson, cui lui impresse il proprio sigillo.
Lo straordinario multistrumentista Ian McDonald era fuoruscito dai King Crimson dopo l'esordio In the Court of the Crimson King, mentre Peter Giles, che nei KC era stato chiamato a sostituire Greg Lake al basso, se l'era svignata (o era stato allontanato) insieme al fratello Michael (batteria) dopo la fine delle registrazioni del secondo album In the Wake of Poseidon, nel maggio del 1970.
A questi fuggiaschi (o reietti) si aggregò un personaggio già allora di spicco: il tastierista dei Traffic Steve Winwood.
La differenza tra la loro musica e quella dei King Crimson è evidente e non solo per l'assenza del Mellotron: qui si indulge di più verso la melodia e meno in direzione avanguardia e sperimentazione. Ma è ugualmente un disco che non può non far gola ai musicofili.
- Ian McDonald: voce, chitarra, piano, organo, sassofoni, flauto, clarinetto, cetra da tavolo
- Michael Giles: batteria, percussioni e voce
- Peter Giles: basso
- Steve Winwood: tastiera
- Michael Blakesley: trombone in "Tomorrow's People"
Peter Sinfield scrisse il testo della lunga 'suite' "Birdman", che dura oltre 20 minuti e occupa il Lato B dell'LP.
Ispirazione e profondità caratterizzano gli album dei Quanah Parker. Anche questo loro ultimo Nel Castello delle Fate ha potenzialità di successo grazie a musica non ostica ma accessibile, raffinata, ben suonata.
L’idea del concept e le sue musiche sono di Riccardo Scivales, i testi di Meghi Moschino. Arrangiamenti: Quanah Parker.
Scivales Music SM007. Distribuzione internazionale:MaRaCash Records.
L'opera racconta con una sorta di allegoria un percorso catartico, in un teatro ristretto ma con linguaggio planetario. Scivales e i Quanah Parker usano gli stilemi del progressive rock, però con un'apertura crossover necessaria dati i tempi. Se è caduto il Muro di Berlino, non c’è da meravigliarsi che cadano anche gli steccati tra scene e generi musicali...
Protagonista del concept è un uomo che si è smarrito e giunge a un misterioso castello che è abitato da avvenenti Dame Fatate. Dapprima spaventate per la nuova presenza, esse fuggono e si disperdono su per lo scalone del castello, per poi invitare l'uomo ognuna nella propria stanza e sedurlo con la loro Bellezza e le loro Arti Magiche.
«Vagando ferita per strade sconosciute, l’Anima si imbatté magicamente in un Castello Fatato. Luci, voci e suoni magnetici lo abitavano. Era giunto il momento di varcare quella soglia... “Entra, e i tuoi mali guarirò... In ogni stanza c'è la speranza, segui l'istinto che è in te: troverai braccia che ti cullano e ti poseranno in alto, dove la leggerezza ti permetterà di spiccare il volo. E poi, con il Magico Carillon, dipingerai la tela dei tuoi sogni. Le Fate ti aspettano.”»
Foto di Francesca Barriviera. Tante altre le troverete nel booklet del CD.
Ascoltiamo l'opera passo dopo passo.
Dopo l'ingresso, veniamo introdotti in un'atmosfera intrigante. Ben presto ci rendiamo conto che non siamo in ambito ostile. Il contesto ci incuriosisce. Vediamo una mano che si tende attraverso il velo: non è minacciosa ma vuole accompagnarci a un luogo, a un punto d'arrivo riservato a noi.
Procediamo tra buon rock "teso" (sostenuto ma non hard) e arie magiche. L'incanto della voce, delle voci, con i loro echi e richiami del passato parlano e cantano di occulto, ma è magia bianca, nulla di cui temere. Levitiamo tra carillon e gocce di cristallo, inebriandoci alla bellezza dell'ignoto.
Tutto ciò non è fine a se stesso e ha un significato doppio. Il CD ci racconta di un'avventura che ha a che fare con la Guarigione, nel vero senso della parola: Riccardo Scivales, colpito dal Covid, ha dovuto a lungo lottare contro le conseguenze della malattia. E cosa ti può guarire? La Musica; soprattutto se il dono ti viene recato dalle mani di una Donna.
La line-up della band vede, accanto a Scivales, a Pirrotta, a Ongaro e a Simeoni, la splendida vocalist Meghi Moschino. E come ospite speciale c’è anche una figlia di Riccardo, Martina.
- Riccardo Scivales: tastiere
- Meghi Moschino: voce, assorted percussion
- Giovanni Pirrotta: chitarre
- Alessandro Simeoni: basso elettrico
- Paolo Ongaro: batteria
Special Guest
- Martina Scivales: voci aggiuntive e improvvisazione al piano in "Giochi di Fate al Piano"
Meghi Moschino (che è anche insegnante di canto): oltre ad essere la cantante dei Quanah Parker, forma, insieme a Riccardo Scivales, il duo Magico Carillon.
Al termine dell'avventura il protagonista si sente un uomo nuovo; esce dal Castello e si ritrova bambino a camminare tra l’erba alta di un meraviglioso prato luminoso, dove sua madre lo attende e lo prende per mano.
Il CD è uscito per le edizioni Scivales Music (numero di catalogo SM007). Si può ordinare sia scrivendo a riccardo.scivales@gmail.com (15 euro + spese spedizione e tasse) che al suo distributore mondiale Ma.Ra.Cash Records.
La nostra prima reazione:
"Sono senza parole. Pensando al tema, mi dicevo (a priori) che forse oggi il 'pubblico' (d'accordo, è un concetto astratto, in fondo) ha bisogno di altro, testi realistici ecc. Ma già fin dalle prime battute sono stato avviluppato dalle atmosfere. Peraltro, con questi suoni maturi, avanzati, e con questa voce solista ammaliante, non c'è da poter rimanere indifferenti. Grandissimo prog rock, rock sinfonico di livello elevato."
Da notare che i brani sono stati composti nella maggior parte già nel 2021 e sono stati suonati con successo in vari concerti dei Quanah (e del Magico Carillon di Meghi e Riccardo).
L'annuncio per un nuovo album era stato dato già un paio di anni fa. Poi la pandemia con i suoi lockdown - insieme ad altri fattori - hanno rallentato la realizzazione su disco.
Il celebre gruppo milanese ha festeggiato la nuova, attesissima uscita anche inaugurando/rinnovando la sua homepage: https://alphataurus.it/
In questo album, la storica band combina ancora una volta l'hard rock - che costituisce la sua base sonora - con elementi sinfonico-progressivi. La leggerezza mediterranea e i tipici elementi pastoral-folcloristici giocano un ruolo importante almeno quanto le melodie di ispirazione classica. In alcuni brani ("Metà e metà", "E=mc²") gli Alphataurus preservano una genuinità giovanile che ci ricorda la forma "canzone pop artistica" dei tempi pioneristici del prog italiano.
È un grande ritorno. Che segue, a dieci anni di distanza, quello del 2012 (allora accadde dopo 40 anni di assenza dalle scene), quando se ne rispuntarono, in formazione già rimaneggiata, con AttosecondO.
Purtroppo in tempi recenti sono venuti a mancare tre pilastri della formazione: il bassista Alfonso Oliva (R.I.P. 2022), il chitarrista Guido Wasserman (2023) e il cantante Michele Bavaro (2024). La caducità della vita, che si diverte a decimare i grandi gruppi rock Anni '70, ha preso il sopravvento una volta di più, implacabile. Tuttavia 2084... non è propriamente un album funereo, anche se il tema distopico lascia poco spazio alle speranze. Parte dell'umanità sarà costretta a lasciare il pianeta per salvarsi... dove?
Il tastierista Pietro Pellegrini, membro fondatore degli Alphataurus e deciso a non demordere, ha messo insieme un bel combo. E, sotto la sua guida, questa line up, come ben si sente, è in grado di proseguire nella tradizione alphataurusiana di musica di qualità. Dei sei brani, molto riusciti i primi quattro; nelle ultimi due tracce si passa al "mellow", che in una simile narrazione andrebbe bene in realtà come intermezzo. Forse l'unica pecca dell'album è proprio la mancanza di una chiusura "col botto".
La voce solista di Franco Giaffreda è elegiaca, piacevole nella tradizione dei migliori cantanti progressive nostrani. Anche gli altri neo-componenti non sono affatto sconosciuti agli appassionati del genere. E c'è ancora Guido Wassermann sulla tolda, a sigillare l'autenticità di questa operazione creativo-discografica.
Guido Wassermann (R.I.P.): chitarre elettriche e acustiche, synth, campionatore e cori Pietro Pellegrini: organo Hammond, synth e campionatore Franco Giaffreda: voce, chitarra elettrica, chitarra acustica, flauto Andrea Guizzetti: pianoforte, synth, cori Diego Mariani: batteria, glockenspiel, cori
Per chi ha amato e ama la band fin da Alphataurus, troverà appagamento nell'acquisire anche questo nuovo tassello del loro pregevole puzzle discografico. E nuovi fans sono ovviamente sempre "welcome"!
Il primo album solista di Steve Hackett venne pubblicato dalla label Charisma. Steve rimase un componente dei Genesis e non diede notizia del suo addio al gruppo se non dopo aver registrato con i compagni altri due album in studio (e che album!). L'annuncio della partenza del chitarrista fu diramato l'8 ott. 1977.
Voyage Of The Acolyte potrebbe, in tutto e per tutto, far parte della discografia dei Genesis. D'altronde, alle registrazioni parteciparono Phil Collins e Mike Rutherford. Salta all'occhio la mancanza di Tony Banks... e dunque proprio di colui che aveva avuto discussioni con Hackett circa certe sfumature stilistiche nei Genesis.
Tra i collaboratori: John Hackett (flauto, sintetizzatore, campane) e Sally Oldfield, sorella di Mike Oldfield e voce solista nella traccia che qualsiasi cantante dall'ugola davvero sublime vorrebbe avere nel proprio repertorio, ossia la 'suite' "Shadow of the Hierophant".
Line-up :
- Steve Hackett: chitarra elettrica ed acustica, mellotron, armonium, campane, autoharp e voce solista in "The Hermit"
- John Hackett: flauto, sintetizzatore e campane tubolari
- Mike Rutherford: basso elettrico, bass pedal e chitarra a dodici corde
- Phil Collins: batteria, vibrafono, percussioni e voce in "Star of Sirius"
- John Acock: mellotron, armonium, pianoforte
- Sally Oldfield: voce solista in "Shadow of the Hierophant"
- Robin Miller: oboe, corno inglese
- Nigel Warren-Green: violoncello
Non solo la musica: anche la copertina dell’album è, per così dire, di chiara matrice “genesisiana”, con un dipinto molto evocativo di Kim Poor, l’artista brasiliana che all’epoca era compagna di Steve. Steve e la bionda Kim si sarebbero sposati nel 1981, per divorziare nel 2007.
È il rifacimento totale di Stazione Getsemani, il loro album di debutto del 1999, nel 25° anniversario dalla pubblicazione.
- Lorenzo Giovagnoli: voce e tastiere
- Giulio Vampa: chitarra e cori
- Valerio De Angelis: basso e cori
- Marco Fabbri: batteria e cori
- Gianluca Milanese: flauto
Un quarto di secolo dopo l'incipit della loro saga, gli Odessa sono ancora versatili, ispirati e tecnicamente al top. Il gruppo marchigiano oscilla tra Deep Purple e Area. Giovagnoli, il cantante, è stato spesso paragonato a Demetrio Stratos; e, in qualità di tastierista, lui di sicuro conta, tra le figure ispiratrici, Jon Lord.
È presente un'interessante intervista con Lorenzo Giovagnoli - condottanell'occasione dell'uscita di L'Alba della Civiltà.
Ci sono inoltre le recensioni di Stazione Getsemani (l'album del debutto; 1999, Mellow Records), The Final Day (che uscì nel 2009 per Lizard and Andromeda Records) e il suddetto, più recente L'Alba della Civiltà (2021, Lizard Records).
La chiamavano musica "underground" oppure - tipo quella dei Moody Blues - musica "pop" (il percorso dei Moody Blues li portò dal beat al pop sinfonico; o anche rock sinfonico).
Quando uscì l'album d'esordio dei King Crimson, erano già stati pubblicati Revolver (1966) e Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band (1967) ad opera dei baronetti originari di Liverpool ossia John, Paul, George e Ringo e del loro produttore, George Martin. The Nice, quartetto, poi trio dove suonava Keith Emerson, aveva stupito gli ascoltatori con TheThoughts of Emerlist Davjack (1968) e con ArsLonga Vita Brevis (stesso anno). Inoltre occorre ricordare i suddetti Moody Blues sotto la guida in studio di Tony Clarke (Days Of The Future Passed nel 1967 e In Search Of The Lost Chord 1968), i Pretty Things con il loro concept album S. F. Sorrow (1968), Procol Harum (A Salty Dog, marzo 1969) e c'erano stati i Family, i Soft Machine, i Colosseum, gli scozzesi Clouds (che più avanti influenzeranno molto lo stile dei King Crimson, specie per alcune melodie ispirate alla musica classica e al jazz)...
E soprattutto "lui": l'album più leggendario dei californiani Beach Boys, Pet Sounds, nato addirittura nel 1966 (uscì prima di Revolver). Brian Wilson, mente dei Beach Boys, decise di lavorare di più in studio tralasciando le esibizioni dal vivo. In Pet Sounds sperimentò con strumenti insoliti come campanelli di biciclette, clavicembali, flauti, il Theremin e aggiunse pure l'abbaiare di cani.
Eppure, l'importanza di In the Court of the Crimson King non si discute. È un disco formidabile, che si lascia ascoltare a ripetizione senza mai stancare, con il suo ventaglio di stili (dall'hard rock al folk). Pete Townshend, chitarrista dei Who, lo considerò fin da subito "un capolavoro assoluto". Un brano come quello d'apertura, "21st Century Schizoid Man", è antesignano dell'alternative rock e del grunge, e i passaggi orchestrali (à la Moody Blues) nonché le canzoni non-heavy infondono ventate "eteree" e "sacrali".
Fu una partenza col botto: i King Crimson divennero immediatamente i portabandiera del progressive rock.
Foxtrot dei Genesis, altra celebre pietra miliare, sarebbe uscito tre anni dopo...
Con questo album, i King Crimson piombarono sulla scena con un nuovo strumento che aveva fatto il suo ingresso nel panorama rock: il Mellotron.
Nel marzo 1999, Robert Fripp avrebbe messo all'asta i suoi vari Mellotron. Non ne vendette neppure uno: il leader dei King Crimson, come poi risultò, non era incline ad accettare nessuna delle offerte fatte.
- Mellotron Mark II #113 | In the Court of the Crimson King | Thrak
- Mellotron Mark II #232 | In the Wake of Poseidon
[Quando Fripp sciolse una prima volta i King Crimson nel 1974, John Wetton si unì agli Uriah Heep portando con sé questo Mellotron 400, che anni dopo Fripp avrebbe ricomprato.]
- Mellotron M400 #1199 | Red
King Crimson live at Hyde Park, 1969. "21st Century Schizoid Man"
- Robert Fripp: guitar, Mellotron
- Ian McDonald: sax, Mellotron
- Greg Lake: vocals, bass
- Michael Giles: drums
I King Crimson nel 1972 al 'Beat Club', Brema (Germania) - "Exiles"
Come tutto ebbe inizio. In breve: esisteva un duo di musicisti e cantautori - Sinfield/McDonald - ed esisteva un gruppo chiamato Giles, Giles & Fripp. L'unione di queste due formazioni portò alla fondazione dei King Crimson.
Le registrazioni diIn the Court of the Crimson Kingavvennero tra luglio e agosto del ’69, proprio mentre i Beatles incidevano Abbey Road, consegnando al passato la loro gloriosa storia. Era un periodo pieno di eventi mirabolanti. Tanto per dirne una: i King Crimson entrarono nello studio il giorno dopo il primo sbarco sulla luna...
Quando la band si era formata, la situazione era abbastanza improvvisata. Robert Fripp, ideatore del progetto e futuro capo indiscusso di tutte le reincarnazioni dei King Crimson, avrebbe suonato nell'album chitarra e Mellotron; la voce e il basso erano quelli di Greg Lake (poi Emerson, Lake & Palmer). E gli altri due erano in pratica musicisti di strada: Ian McDonald, polistrumentista (flautista in primis) e Michael Giles, batterista. I testi erano di Peter Sinfield, produttore e membro ufficiale del gruppo oltre che paroliere... finché Fripp, nel 1972, non gli disse di andarsene.
[La denominazione "King Crimson" è merito suo, del colto e raffinato Peter Sinfield. È un sinonimo di Belzebù, che originariamente era il nome del dio della città di Ekron nella terra dei Filistei (vedi Antico Testamento). Baal Zebub è tradotto come "Signore delle Mosche" ed è probabilmente una corruzione del nome attuale Baal Zebul ("esaltato Signore"), che veniva usato per deridere il dio e i suoi seguaci. Tutte le forme del nome sono epiteti del dio cananeo Ba'al. Nel pensiero dualistico, questo dio possiede poteri antidivini. Appare anche nel Nuovo Testamento come il capo dei demoni. Nel Paradiso perduto del poeta inglese John Milton (1667), Belzebù è, dopo Satana, il secondo principe più alto dell'Inferno. Secondo Peter Sinfield e il leader della band Robert Fripp, Belzebù significa "uomo con uno scopo".]
La "situazione improvvisata" degli inizi è legata a doppia mandata con la storia della copertina, assai significativa.McDonald & Gilesabitavanoin un appartamento al terzo piano in un sobborgo londinese. Quando i componenti della band salivano o scendevano, notavano che spesso, al secondo piano, c'era un ragazzo seduto che li guardava incuriosito. (Un amico e collega di Sinfield, in realtà.) Alla fine, quando ebbero completato la stesura dell'album, proprio negli ultimi giorni, si trovarono infilato sotto alla porta d'ingresso un disegno: lo stesso che noi conosciamo come iconica cover di In the Court of the Crimson King.
Il disegno piacque loro e decisero, appunto, che sarebbe stato quello a rappresentare il loro album. Purtroppo, il giovane artista (aveva frequentato la Chelsea Art School) era affetto da una malattia che lo avrebbe presto condotto alla morte. Barry Godber, questo il nome dell’autore dell’allucinante e celeberrima copertina - una sorta di Urlo di Munch in chiave psichedelica -, di mestiere era ufficialmente programmatore di computer: aveva un impiego, proprio come Peter Sinfield, alla English Electric Computers, un lavoro allora dal sapore fantascientifico. Si spense, tristemente, a soli 24 anni, nel febbraio 1970.
'In The Court of the Crimson King'
Sottotitolo: 'King Crimson . . . at 50'
Il documentario per la regia di Toby Amies
(trailer)
Reimagining The Court of The Crimson King
Numerosi musicisti di rango, nell'album Reimagining..., hanno contribuito a una magnifica versione-omaggio della pietra miliare del progressive rock.