11/08/20

Camel

Quando si accenna ai Camel, il pensiero corre subito a due immagini iconografiche: il cammello che campeggia sulle copertine di molti loro dischi (e per cui il gruppo ebbe addirittura qualche guaio giudiziario con una nota fabbrica di sigarette...) e Andy Latimer che suona il flauto con la chitarra appesa al collo.

 

  





Nei primi album sicuramente la loro musica ha qualche somiglianza con quella dei Caravan, ma questo basta davvero per ascriverli alla Scena di Canterbury? Per molti "studiosi" del progressive rock, i Camel non hanno alcun legame vero con la scena suddetta, se si esclude il fatto che, dopo Moonmadness, Richard Sinclair e qualche altro membro dei Caravan entrò nel gruppo.
Del resto, lo stesso termine "Canterbury" è un concetto nebuloso, se si pensa che quasi nessun complesso della Scena di Canterbury proveniva da quella città di circa 50.000 abitanti non lontana dalla capitale del Regno... 
Ovviamente, il luogo è una scelta di comodo per indicare la tendenza a suonare "Psychedelic Jazz in Rock". Sì, è questo il motivo: molti dei gruppi che vengono fatti rientrare nella Scena di Canterbury fanno spesso ricorso ad elementi di jazz oppure psichedelici; o ambedue insieme. 

[ ... La musica rock-jazz fusion trova probabilmente il suo apice non in Inghilterra ma in Olanda! Andatevi ad ascoltare Present From Nancy, album del 1970 dei Supersister. Più "canterburiani" di così...!  ]




La storia dei Camel ebbe inizio nel Surrey (Sud-Est dell'Inghilterra, alle porte di Londra). Il periodo: metà Anni ’60. Un giovane chitarrista capace anche di suonare il flauto, tale Andrew Latimer, forma una band: The Fantom Four. Attivi localmente, nel '68 costoro si ribattezzano "Strange Brew", in seguito semplicemente "The Brew". Il posto di bassista viene occupato da Doug Ferguson, a cui segue l’entrata nel gruppo nel 1969 del batterista Andy Ward, all’epoca quattordicenne.

Una delle demo di The Brew finisce nel 1971 nelle mani dell’ex produttore dei Beatles, Dick James. James li convince a fare i sessionmen per un album del tastierista Phillip Goodhand-Tait. Disco che non ha alcun riscontro commerciale. Ma l’esperienza con quel tastierista spinge i ragazzi a mettere un annuncio per trovarne uno di ruolo. Una risposta arriva da Peter Bardens, il cui curriculum elenca collaborazioni con Mick Fleetwood, Peter Green, Rod Steward, Beryl Mardsen, Van Morrison...

 


 
Novembre 1971: cambiano nome ancora una volta. Ora si chiamano appunto "Camel", e i Camel, nella formazione classica (Peter "Pete" Bardens alle tastiere, Andrew "Andy" Latimer alla chitarra, alla voce e al flauto, Doug Ferguson al basso, Andy Ward alle pelli), giungono a una certa credibilità grazie a una serie di concerti, tanto da ottenere un contratto discografico con la MCA. Verso la fine del 1972 iniziano le registrazioni dell'LP Camel, che uscirà nel febbraio del 1973. 

Camel rivela influenze dei Pink Floyd sydbarrettiani ("Mystic Queen"), dei Jethro Tull (assolo flautistico in "Never Let Go") e dei Soft Machine e di Brian Auger per la scrittura jazzistica dell'organo. È Pete Bardens la colonna portante del gruppo. Come detto, Bardens non era Mister Nobody: aveva suonato nei Them con Van Morrison, aveva accompagnato Rod Stewart e aveva alle spalle due album solisti: The Answer (Transatlantic, 1970), con Peter Green alla chitarra, e un album eponimo (Transatlantic, 1971).
Ascoltando oggi Camel, ci sorprendiamo piacevolmente per l'equilibrio tra grinta e atmosfere bucoliche... Sono sette tracce - alcune di 4 minuti circa, le altre di 6 minuti circa - che tradiscono appena qualche ingenuità. Con la voce di Peter Bardens che riesce a piacere (almeno a noi) più di quella di Latimer.

L'album non ebbe successo. Di conseguenza, i Camel decisero di lasciare la MCA Records e di passare alla Decca.




Mirage (1974) si apre con "Freefall", dove la chitarra di Andy Latimer è protagonista in un magnifico duetto con l'organo di Bardens. Segue, come da regola, una canzone delicata ma pimpante, "Supertwister", costruita su misura per il flauto di Latimer. "Nimrodel: The Procession / The White Rider" (ispirata al Signore degli Anelli di Tolkien) è una suite molto evocativa: atmosfere fiabesche e medievali, con tanto di marcia trionfale iniziale, rulli di tamburi, campane. Il resto del disco si snoda tra funambolismi e passeggiate attraverso paraggi sonori meno frenetici. Il pezzo forte di Mirage è "Lady Fantasy", 13 minuti di musica splendidamente eseguita, assai affascinante. 



Neanche quest'opera riscosse successo in Inghilterra ma permise ai Camel di farsi notare nella West Coast degli USA, conducendoli a un tour di 3 mesi in quella regione. Si iniziava a decollare...



 La band







1975. La musica progressive è in procinto di tramontare e i Camel non si possono definire esattamente "commerciali". Tuttavia il quartetto inglese ha ormai un proprio stile. Ebbene: decidono di affinarlo. 
Bardens, Latimer, Ferguson & Ward hanno all'attivo due ottimi album e ne sfornano un terzo che piace - e piacerà - agli amanti del progressive. Soprattutto a coloro che non hanno nulla da ridire contro le linee melodiche chiare. The Snow Goose è una suite in sedici sezioni caratterizzata da temi di natura classico-romantica. Il discorso pentagrammato è ulteriormente snellito rispetto ai primi due dischi. Brillante Latimer al flauto. Ma ci stiamo allontanando sempre più da Canterbury...
 Ispirato all'omonimo racconto dell'autore americano Paul Gallico è, questo, un concept scritto in sole due settimane in una sorta di ritiro dentro un cottage del Devon. (Saranno poi costretti a cambiare il titolo del disco in Music Inspired by The Snow Goose per le obiezioni sollevate - per vie legali! ma perché? - dallo scrittore.) 
Le parti vocali, da sempre non molto diffuse negli album dei Camel, svaniscono interamente qui, lasciando l'ascoltatore da solo con le suadenti note della chitarra di Andy Latimer e con il piano struggente di Bardens. E in più il flauto, certo. Un po' troppo mieloso il tutto...
Ad ogni modo! Il racconto è ambientato durante la ritirata di Dunkerque del 1940. The Snow Goose (di Gallico) narra dell'amicizia tra un solitario e deforme guardiano del faro dell'Essex e un'oca delle nevi che è ferita. Ambedue assistono impotenti e stupefatti alla disfatta delle truppe anglo-francesi... I Camel rendono bene la narrazione del romanziere usando la forma prettamente musicale. Molti passaggi tuttavia risultano soporiferi. Ma che importa? Il successo dà loro ragione: saranno invitati a tenere un concerto nella Royal Albert Hall insieme alla London Symphony Orchestra. (Ott. 1975.) E risulterà un 'tutto esaurito'.




Moonmadness (1976) è un altro esempio di pop sinfonico, ma ritorna il cantato, con l'aggiunta di qualche impulso jazz e con Pete Bardens ai tasti e Andy Ward alla batteria più in forma e più convinti che mai. È un riflusso di vita, dunque, nei suoni dei Camel. Si è ai livelli di Mirage... 
Molto bella e suggestiva "Spirit Of The Water", quarta traccia.

                                

Rain Dances (1977) segna l'entrata di Richard Sinclair (Caravan) al basso e al canto, al posto di Ferguson. Il sound diventa più decisamente "jazzy". All'album collaborano Eno (suoni elettronici, effetti di studio) e Mel Collins (sassofonista, ex King Crimson). Già la prima traccia colpisce nel segno: la stupenda "First Light"... La seconda, "Metrognome", è ugualmente piacevole, ritmica, mossa e ben eseguita. Ma manca, nel full-lenght, l'organicità, e alcuni fan della band hanno come l'impressione di uno sbandamento e una perdita d'orientamento, mentre per altri è questo invece il loro album più originale e meglio suonato. In generale dobbiamo ammettere che non c'è quella certa coerenza stilistica degli album precedenti. Tuttavia, si ha in Rain Dances, come detto, un suono più jazzato, non solo grazie a Richard Sinclair, ma anche perché, con Fiona Hibbert all'arpa, Martin Drover al flugelhorn e Malcolm Griffiths al trombone, i Camel dispongono di una piccola orchestra jazz.

Breathless dell'anno successivo rappresenta - grazie soprattutto a Mel Collins e Richard Sinclair - un nuovo vertice nella carriera dei Camel: una serie di composizioni gentili di buon livello, con il canto che torna a essere centrale. Nessuna delle nove songs è da scartare: tutte dolci e gradevoli. Bella la voce di Richard Sinclair in "Breathless", "Down on the Farm" e "Summer Lightning". Qualche divagazione jazzrock, poche sperimentazioni.


Dopo questo lavoro, Pete Bardens lascia il gruppo per riprendere la carriera solista (formerà i Mirage proprio con Richard Sinclair). A lui succedono Dave Sinclair (cugino di Richard) e Jan Schelhaas (due tastieristi!), entrambi provenienti dai Caravan, mentre Latimer è ora il leader indiscusso.




L'album del 1979, il loro settimo in studio, I Can See Your House from Here, è in generale in stile pop, softrock, con qualche pezzo dance. Invano si cerca di trovare l'ispirazione di Breathless. È, finora, il loro disco più debole, a detta di tanti recensori. Tuttavia, paradossalmente, segna il ritorno nelle classifiche degli album più venduti (nel Regno Unito in primis, dove raggiunge la 45. posizione), per la prima volta dopo Snow Goose. E ciò malgrado i pubblicitari abbiano difficoltà a rendere il prodotto appetibile alla massa, a causa della cover che mostra un astronauta crocefisso che, dall'alto, osserva la Terra. 


Al termine del tour, i cugini Dave e Richard Sinclair abbandonano il gruppo, sostituiti dal tastierista Kit Watkins, già leader degli statunitensi Happy The Man, e dal bassista (ma è polistrumentista) Colin Bass.

Due anni dopo, un concept album dal titolo Nude. Intanto anche Watkins ha lasciato il gruppo, sostituito da Duncan Mackay (che, al keyboard, è stato presente nei primi tre album di Kate Bush). Nude racconta di un soldato giapponese abbandonato in un'isola del Pacifico dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e ritrovato solamente trent'anni dopo. (Una storia autentica.) Qui, i Camel tornano al rock o meglio pop progressivo dalle melodie semplici di The Snow Goose, con una ripresa di atmosfere pinkfloydiane. Album dignitoso, con qualche traccia ("Drafted" ad esempio) che ha la funzione di canzone orecchiabile.

The Single Factor (1982) vede all'opera ben cinque tastieristi: Latimer, Mackay, il produttore Hydne Bendall, Anthony Phillips di genesisiana memoria e Francis Monkman degli Sky. Un sound che ricorda l'Alan Parsons Group, con melodie tra il rock e la neoclassica tipo E.L.O. Il "fattore singolo" del titolo potrebbe riferirsi al fatto che Latimer è rimasto ormai l'unico dei membri originali. Infatti, anche Andy Ward ha lasciato il gruppo, per gravi motivi personali. (Pensieri suicidali causati da alcool e droga...) 




Stationary Travel (1984; concept ambientato nella Berlino divisa in due dal Muro) reitera senza sorprese la scrittura di Nude. Ma anche quella dell'album successivo a Nude e precedente a questo, The Single Factor, con tastiere a manetta e, alla voce, Chris Rainbow, dell'Alan Parsons Group.

Segue un periodo di silenziosa crisi - ben otto anni - e Latimer, trasferitosi a Los Angeles e ormai padrone unico del marchio, incide nel '92 Dust and Dreams, ispirato al romanzo Furore di Steinbeck (musica ancora dettata dall'influenza dei Pink Floyd).
Nuova base operativa è Mt. View (CA) e la realizzazione di questo e degli album successivi è resa possibile dalla neoformata Camel Productions. Dust and Dreams viene inciso peraltro con l'apporto di nuovi sessionmen. Ha un tono malinconico ed esprime concetti profondi. Nella foto in copertina (in bianco-e-nero) è mostrato un bambino, in quella del retro (sempre in bianco-e-nero) un vecchio: a significare il viaggio della vita.

[ Anche Bardens intanto si è trasferito a Los Angeles e tenta in tutti i modi di sfondare nella musica commerciale, ma senza riuscirci. Lascerà questo mondo nel 2002, a soli 57 anni, per un  cancro ai polmoni. R.I.P., mitico Pete. ]


E il progressive in tutto questo dov'è?
Beh, Andy Latimer in realtà parlando della propria musica non la considerava esattamente progressive rock. Lui la chiamava "emotional music"... Ad ogni modo, ascoltando bene, il progressive (rock...?) è ancora presente. 




Harbour of Tears del 1996 è un album autobiografico sulle radici irlandesi di Latimer. Suo padre è morto nel 1993 e il musicista-compositore-cantante compie una ricerca genealogica alla ricerca del passato della propria stirpe. Ecco uscirne fuori, dunque, questo concept-album che parla delle famiglie costrette ad abbandonare la propria terra e cercare fortuna su litorali e continenti lontani. Belle canzoni e non mancano momenti di buona ispirazione melodica (l'assolo chitarristico che chiude "For Today"). Il disco offre un copioso fioccare di temi che restano in testa. Ma di prog vero o comunque di sperimentalismo c'è ben poco. 






Rajaz (1999) e A Nod and a Wink (2002) sono buoni prodotti artrock in cui, oltre alla solenne tranquillità pinkfloydiana, ci sono momenti ispirati ai Genesis della seconda metà degli Anni Settanta.

Rajaz: atmosfere orientaleggianti, con il brano intitolato proprio così - "Rajaz" - a significare il canto dei poeti che accompagnavano la carovana usando una metrica che si accordava con il passo del cammello...

The music of poets once carried caravans across the great deserts. Sung to a simple metre of the animal's footsteps, it transfixed weary travellers on their sole objective... journey's end. This poetry is called "Rajaz". It is the rhythm of the camel.

... e "Lawrence", possente brano dedicato a Sir Thomas Edward Lawrence, noto come "Lawrence d'Arabia". 
Rajaz è un album che vuole trasportarci, riuscendovi, in luoghi distanti e atmosfere esotiche.  





 

In continua evoluzione musicale, con nuove idee motivate dal successo del precedente lavoro, l’ultima fatica per il cammello porta ancora una volta un cambio di rotta. La magnifica copertina è la sintesi perfetta di questo particolare e coraggioso disco, atmosfera fiabesca e il passare in lontananza di un treno a vapore che si muove verso chissà dove! Proprio il fischio di una locomotiva apre il disco, seguito dal frizzante flauto di Latimer; la canzone è completata da un finale carico di angoscia e malinconia. 
Le composizioni di A Nod and a Wink sono slegate concettualmente, ma unite dal un comune significato: la magia dell’esistenza. Il brano migliore è "Fox Hill", che è anche il brano più vario e progressivo di tutto il lotto. 
Disco suonato e prodotto benissimo. Da segnalare "For Today", un pezzo commovente dedicato alle vittime dell'11 settembre 2001.





Una lunga malattia colpisce Andy Latimer, ma i Camel tornano con un tour europeo nel 2013 e subito dopo esce una rinnovata versione di The Snow Goose, dedicata da Latimer allo scomparso Peter Bardens. A questo punto del loro viaggio, i Camel sono formati da Andrew Latimer (chitarre, fiati, tastiere); Guy LeBlanc (tastiere); Denis Clement (batteria, percussioni); Colin Bass (al basso).

Di nuovo in giro per l'Europa nel 2014, con due tappe italiane nel mese di marzo (a Torino e a Vicenza). 2015: nuovo tour sul Vecchio Continente per Andy Latimer e la sua band (dal 6 al 25 luglio). E l'anno successivo suonano in Giappone dal 18 al 22 maggio...


Album in studio

1973 - Camel
1974 - Mirage
1975 - Music Inspired by The Snow Goose
1976 - Moonmadness
1977 - Rain Dances
1978 - Breathless
1979 - I Can See Your House from Here
1981 - Nude
1982 - The Single Factor
1984 - Stationary Traveller
1991 - Dust and Dreams
1996 - Harbour of Tears
1999 - Rajaz
2002 - A Nod and a Wink

Inoltre: dozzine di album dal vivo e compilation. Tra queste ultime consigliamo Lunar Sea (1973-1985). Ottimo anche il doppio A Live Record (1978). 











Vedi anche il nostro articolo









11/07/20

Stefano D'Orazio R.I.P. - Storia dei Pooh

 Addio a Stefano D'Orazio, batterista storico dei Pooh. aveva 72 anni.







Stefano D’Orazio (Roma, 12 settembre 1948 – Roma, 6 novembre 2020). Batterista/cantante/flautista.
Nei Pooh dal 1971 al 2009, poi di nuovo nel 2015 e 2016, in occasione della "reunion" per il cinquantennale. È stato anche autore di una parte dei testi delle canzoni del gruppo, del quale in seguito sarebbe divenuto responsabile amministrativo.
L’8 settembre 1971 entra a far parte dei Pooh, in seguito all’uscita di Valerio Negrini (che d’ora in poi si occuperà solo della scrittura dei testi delle canzoni). La band già conosceva il batterista romano e, nonostante le ritrosie del produttore Giancarlo Lucariello, lo accoglie tra i propri ranghi; dopo una settimana di prove al 'Vun Vun' di Roma, dal successivo 20 settembre esordisce con una serie di serate di rodaggio in Sardegna. La prima canzone interpretata da D'Orazio da solista nei concerti è stata “Tutto alle tre“, ereditata dal suo predecessore Negrini.

 Una storia dei Pooh




(già pubblicata su Topolàin al tempo della scomparsa del paroliere Valerio Negrini, gennaio 2013



La recente morte di Valerio Negrini, paroliere dei Pooh, ci fa rifocalizzare l'attenzione su quello che è certamente il gruppo storico italiano di maggior successo
 

Da quasi mezzo secolo sulla breccia. Dal loro primo exploit discografico, il 45 giri "Piccola Katy", all'album Dove comincia il sole, passando per la raccolta di cover Beat ReGeneration del 2008, la loro storia si legge - e si ascolta - come un lungo viaggio, un viaggio spesso meraviglioso, ma durante il quale - immancabilmente - la carrozzeria ha subito qualche ammaccatura.



I Pooh nascono come gruppo beat nel 1966 in un cascinale di Bologna. La prima formazione: Valerio Negrini (batterista e mente primigenea della compagine), Mario Goretti, Gilberto Faggioli, Roberto Gilliot e Mauro Bertoli. Dopo molti reimpasti e defezioni (fece scalpore quella di Riccardo Fogli, che aveva perso la testa per Patty Pravo), divennero un quartetto che, per lungo tempo, ha compreso Dodi Battaglia (voce e chitarre), Stefano D'Orazio (voce e batteria), Red Canzian (voce e basso elettrico) e Roby Facchinetti (voce e tastiere).
D'Orazio si era fatto conoscere nella scena romana come componente dei Naufraghi; Bruno Canzian detto "Red", entrato nel gruppo nel '73, aveva militato con la band di rock progressive Capsicum Red.



I primi Anni Settanta - contratto con la CGD - rappresentano l'Età dell'Oro dei Pooh: "Tanta voglia di lei", "Alessandra", "Cosa si può dire di te", "Noi due nel mondo e nell'anima" sono solo alcuni dei brani di quel magico periodo che li vede spesso al primo posto dell'hit parade nazionale. Nel 1975 la svolta: decidono di automanagerializzarsi. I testi rimangono intimistici anche se cominciano a "sbirciare" verso determinate realtà sociali, ma la musica conosce una svolta radicale e anticipa addirittura certe sonorità tipiche degli Anni Ottanta. Se in Opera Prima e Parsifal la melodia italiana ancora si fondeva con la musica sinfonica (Parsifal è elencato in quasi tutte le enciclopedie del prog rock; e anche secondo me è, a tutti gli effetti, rock progressivo), a cominciare da Poohlover (1976) le loro canzoni diventano più decisamente commerciali: una sterzata sicuramente dettata dal successo non strepitante dei due album precedenti Un po' del nostro tempo migliore e Forse ancora poesia, ritenuti troppo "difficili" dai consumatori del pop italiano (mentre sono in realtà assai belli).

 1973


Nel 1977 si inaugurerà l'epoca dei concerti sfarzosi, a base di laser e altre tecnologie all'avanguardia: i Pooh si propongono definitivamente come supergruppo, esibendosi davanti alle platee entusiaste dei palasport. Da allora, la loro scalata è veramente inarrestabile, con brani di sicura presa sul pubblico di ogni età. Almeno una decina di TIR li accompagna sempre nelle loro tournée: l'impianto tecnico è imponente e non ha nulla da invidiare alle più celebri formazioni del rock mondiale. Questa voglia di portare innovazioni "futuristiche" nelle loro performance diverrà un po' il marchio di fabbrica dei nuovi Pooh.  È dei Pooh, nel 1983, il primo CD ufficialmente pubblicato in Italia, così come lo è il primo laser disc nell' '84; e sempre dei Pooh sono il primo videoclip ad alta definizione realizzato in Europa (1990) e la prima traccia multimediale inserita gratuitamente in un CD italiano ('96).


*



Nel febbraio del 2008 esce Beat ReGeneration, album di 12 grandi successi dell’epoca beat, riletti e reinterpretati dai Pooh. Il 29 Marzo parte da Mantova il “Beat ReGeneration Tour”, che tocca 16 grandi città italiane, registrando il sold out a Milano, Roma, Torino, Treviso, Mantova.
Intanto con i singoli “29 Settembre” e “Ragazzo di strada”, Beat Regeneration supera le 150.000 copie vendute, conquista il Doppio Disco di Platino ed è premiato a giugno a Roma in occasione del Wind Music Awards trasmesso da Italia1.
Segue un tour estivo di 20 date negli stadi e nelle piazze d’Italia, culminato nel concerto sul lungomare di Reggio Calabria davanti a oltre 60.000 persone.
Viene lanciato il quarto singolo “Pugni chiusi”. 

Il 2009 si apre con una notizia che rattristisce molti fans: Stefano D'Orazio lascerà i Pooh!
Il gruppo è insieme da 43 anni, e D'Orazio ne è componente da 38 (come abbiamo visto, arrivò a sostituire il batterista Valerio Negrini nel 1971; Negrini divenne il "quinto elemento" - quello occulto - della band).
In qualità di paroliere, l'esordio di D'Orazio risale al 1975 con il testo di "Eleonora mia madre", canzone inclusa nel 33 giri Un po' del nostro tempo migliore, mentre come voce solista debuttò in "Fare, sfare, dire, indovinare", che fa parte di Poohlover (1976).
Prima del congedo, fa in tempo a firmare con il resto della band un ultimo album... e viene annunciato che parteciperà anche al tour estivo, fissato per il 24 luglio.  
 
L'album, Ancora una notte insieme (contenente 30 brani e 1 inedito), racconta le emozioni e gli stati d’animo di quel momento particolare della carriera del gruppo e, per extenso, del mondo.
I 30 brani sono tutti cantati a quattro voci dai Pooh. Ancora una notte insieme diventa ben presto disco di platino e viene premiato nell’Arena di Verona in occasione del Wind Music Awards. Il tour è un trionfo e ogni esibizione lungo la penisola italiana fa registrare il sold out.

Il 12 ottobre 2010 esce Dove comincia il sole, nuovo album di inediti dei tre Pooh superstiti. Dal vivo però si esibiscono in sei, con Steve Ferrone alla batteria (sostituito poi da Phil Mer), Ludovico Vagnone alla chitarra e Danilo Ballo alle tastiere. Il “Dove comincia il sole Tour” dura anche per tutto il 2011. E' la tournée più lunga della loro carriera, con quasi 90 concerti (tutti sempre esauriti) in nove mesi.
Il “Dove comincia il sole Tour” si conclude il 27 agosto 2011 nella splendida cornice del Castello di Este (Padova) tra scenografie di fuochi e luci, suoni e immagini, sbandieratori e comparse in costume d’epoca.
Il 6 marzo 2012 esce Pooh Legend, un cofanetto racchiudente oltre dieci ore di video della band, filmati inediti e vere e proprie “chicche”: primo capitolo di un percorso di rimasterizzazione dell'intero catalogo dei Pooh.




I Pooh hanno ripetutamente fatto opere di beneficenza. Sono stati attivi per il WWF, hanno partecipato al Rock No War per la Sierra Leone e - tra le altre iniziative sociali - hanno aiutato a raccogliere fondi per i bambini dello Sri Lanka.






* DISCOGRAFIA * (solo album)

Per quelli come noi (1966)
Contrasto (1968 - originariamente bootleg)
Memorie (1969)
Opera prima (1971)
Alessandra (1972)
Parsifal (1973)
I Pooh 1971-1974 (1974)
Un po' del nostro tempo migliore (1975)
Forse ancora poesia (1975)
Poohlover (1976)
Rotolando respirando (1977)
I Pooh 1975-1978 (1978)
Boomerang (1978)
Viva (1979)
Hurricane (1980)
...Stop (1980)
I Pooh 1978-1981 (1981)
Buona fortuna (1981)
Palasport (1982)
Tropico del nord (1983)
Aloha (1984)
I Pooh 1981-1984 (1984)
Anthology (1985)
Asia non Asia (1985)
Giorni infiniti (1986)
Goodbye (1987)
Il colore dei pensieri (1987)
Oasi (1988)
Uomini soli (1990)
25: la nostra storia (1991)
Il cielo è blu sopra le nuvole (1992)
Musicadentro (1994)
Buonanotte ai suonatori (1995)
Poohbook (Set di 6 Cd) (1995)
Amici per sempre (1996)
The Best of Pooh (1997)
Un minuto prima dell'alba (1998)
Un posto felice (1999)
Cento di queste vite (2000)
Best of the Best (2001)
Pinocchio (2002)
Ascolta (2004)
La grande festa (2005)
Noi con voi (2006)
Beat ReGeneration (2008)
Dove comincia il sole (2010)






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#musica #rock #progressivo
#progressiverock





11/06/20

FAMU-video di "Ed ora io domando tempo al tempo"

 "Ed ora io domando tempo al tempo" (da Darwin!),

stupendo video di Alessandro Famu



Ecco il testo della canzone:


Ruota eterna ruota pesante
Lenta nel tuo cigolio
Stai schiacciando le mie ossa e la mia volontà

Meccanismo fatto di croci
Coi tuoi fantocci attaccati
Che pendono dai tuoi raggi
E girano coi tuoi ingranaggi
Va...

Va la ruota va
Un colpo non lo perde mai

Cambia i volti non cambia niente
Lo sperma vecchio dei padri
Ho urlato forte la mia rabbia
Ma agonizzo anch'io anch'io

Ah ruota gigante
Perché dunque mi fai pensare
Se nel tuo girare
La mente poi mi frenerai

Va la ruota va
Un colpo non lo perde mai
Mai e va.


Compositori: Vittorio Nocenzi / Francesco Di Giacomo


 Su Amazon.it, il vinile!


11/05/20

La cena è servita! Avanguardia di un quarto di secolo fa. ('TV Dinner')

 Esce domani, 6 novembre, TV Dinner, in una nuova edizione!


Una realizzazione di: M.P. & Records  

Distribuzione: G.T. Music Distribution 

TV Dinner, progetto del duo Saro Cosentino - Mino Di Martino,  disco concettuale e facilmente godibile anche a distanza di un quarto di secolo dalla sua comparsa: almeno per chi ha orecchie evolute! È una ristampa dunque. L'album uscì allora per Musicando (l'etichetta ferrarese di Paolo Bertelli) e qui, nel CD del 25ennale,  c'è una bonus track: " Sheltering Sky".



Anzitutto bisogna specificare che il "TV dinner" per gli americani è il menù pronto, quello che si ordina nel rincasare per mettersi seduti e cenare mentre ci si appresta a beneficiare (o anche no) di una serata televisiva. Cosentino e Di Martino dipingono un paesaggio non con i pennelli bensì con il martello pneumatico: in maniera gentile per certi tratti, meditativa in qualche modo. Ma senza scendere a compromessi.

Rumori industriali misti a impressioni spaziali, cosmiche: è questo che l'ascoltatore riceve dall'usufruizione di TV Dinner. Ci sono improvvisi inserti come di biglie di metallo in movimento ripetitivo, e quindi il viaggio riprende con le immagini mentali suggeriteci dall'instancabile, implacabile procedere sonoro. Ma non è tutto uguale, e ogni traccia ha la sua speciale identità, sebbene ci sia il filo rosso dello strumentarium a legarle. Così, si entra e si esce dal tunnel, dalle scatole complementari che sono ognuna un mondo a parte... Ed è il titolo di ciascuna track a suggerire il significato o l'idea che ne ha dato la stura.


TRACKLIST:

 

1. Parco Nazionale dei Grattacieli (5:11)
2. Koah (7:12)
3. Le radici dell'obbedienza (8:53)
4. Agnus Dei (4:21)
5. Alphaville (4:11)
6. Uscite dal mondo (8:02)
7. Sheltering Sky (6:39, Bonus Track)


Questa, la copertina del 1995...

ed ecco, ancora, la copertina attuale.  In uscita domani!




L'edizione si presenta in un digipack a tre ante con leporello di 8 pagine, pensato e realizzato da Francesco Messina, storico "personaggio" legato al mondo di Franco Battiato, come del resto il duo Saro Cosentino e Mino Di Martino.


Ma chi sono i fautori dell'album? Allora, Saro Cosentino: ancora un interessante compositore romano dedito alla musica d'avanguardia; riconosciuto a livello mondiale. (Saro Cosentino Music, su Youtube) E

Mino Di Martino: un milanese (paroliere, cantautore) attivo fin dal 1960, ex chitarrista dei mitici Giganti, che ha scritto canzoni per Giuni Russo e per Alice (tra l'altro), che ha suonato con Franco Battiato e Juri Camisasca... che ha lavorato con la cantautrice e polistrumentista Maddalena Bianchi (ilcompleannodimary)... 



                               *********************


 

Negli Anni Settanta Cosentino iniziò a suonare musica tradizionale del Nord America, acustica dunque, e parallelamente collaborò con diversi artisti nostrani della scena blues. Nel '79 risaltò il suo interesse per la ricerca di suoni elettronici grazie alla  collaborazione con Franco Battiato. Insieme al celeberrimo cantautore siciliano scrisse "I Treni di Tozeur" e No time no space" (sue le parole), tra le varie cose. Compose inoltre musica per Giusto Pio, per Alice... Il duo A'sciara fu formato da lui e dall'arpista Vincenzo Zitello nel 1985, allo scopo di mischiare musica celtica tradizionale con l'elettronica. A'sciara (pubblicata sull'etichetta "alternativa" di Battiato, L'Ottava) partecipò anche al Festival di Riva del Garda, dove vinse il primo premio, la "Vela d'argento", per il miglior singolo dell'anno. 

 Cosentino: ritratto di artista da giovane...




Nel 1987 Saro Cosentino fu autore della musica dello spettacolo teatrale Macchina dell'Amore e della Morte, scritto e diretto da Taddeus Kantor e presentato al "documenta" di Kassel in Germania (il "documenta" è una delle più importanti manifestazioni internazionali d'arte contemporanea), oltre che in varie città d'Europa. Nello stesso anno collaborò alla realizzazione dell'opera Genesi al Teatro Regio di Parma. 

Debuttò come musicista solista nel 1988 con l'album eponimo. Sempre nel 1988 andò in tournée con Battiato ("Fisiognomica"-tour). Dal 1990 alterna la produzione in studio con la composizione. Nel 1993 produsse Café de la Paix di Battiato e prese parte alla registrazione di Secret World Live, di Peter Gabriel. Nel 1998 uscì il suo secondo album, Ones and Zeros, prodotto in Europa e nel Nord America. La registrazione di Ones and Zeros avvenne ai Real World Studios di Peter Gabriel (nello Wiltshire, Inghilterra) e vi parteciparono musicisti del rango di Peter Hammill, David Rhodes, Trey Gunn, Kudsy Erguner, Pandit Dinesh e Shankar. 


Produsse anche Ferro Battuto, ancora di Battiato, nonché l'album di debutto del filosofo Manlio Sgalambro, Fun Club, quello del debutto di Massimo Zamboni, Sorella Sconfitta, e l'album dei Radiodervish dal titolo In Search of Simurgh. Scrisse il soundtrack del film Sfiorarsi (per la regia di Angelo Orlando) e produsse due singles del gruppo RIO, oltre al nuovo album dei romani Bludeepa e un secondo album di Zamboni, L'inerme è l'imbattibile.

Alcune soundtracks di Cosentino: per Rocco tiene tu nombre (regia di Angelo Orlando), Rough Hands "Ayadin Khachina“ (di Mohamed Asli) e musica per i documentari La maglietta rossa e 1960 - I Ribelli (regia di Mimmo Calopresti).

Vedi anche su discogs.


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 Mino di Martino è un altro esponente della scena “di frontiera” italiana, un distinto maestro del mondo musicale "non allineato", di ricerca; non prono ai gusti della massa. 

Nasce da padre siciliano a Milano e ha nove fratelli, tra i quali Sergio. Comincia la sua carriera nel 1960: viene scoperto da Carlo Alberto Rossi, che gli procura un contratto per la sua CAR Juke-Box, etichetta con la quale incide alcuni 45 giri. Nel 1962 entra come chitarrista ne Gli Amici, gruppo di accompagnamento di Guidone, e Gli Amici si trasformano in The Ghenga's Friends e infine - nel 1964 - ne I Giganti. 


A costoro viene legato spesso il nome di Mino Di Martino, ma la vera essenza del suo lavoro è riscontrabile - come vedremo - nel lungo cammino intrapreso a metà Anni 70: improvvisazione, minimalismo, influenze space, una canzone stupenda per Giuni Russo, imperdibili lavori di sperimentazione, un pugno di gioielli scritti per Alice...

Comunque, seguendo il suo curriculum: dopo il primo scioglimento dei Giganti, alla fine del 1968, Mino incide due 45 giri con il fratello minore Sergio Di Martino, per poi formare nel 1970 il Supergruppo (con Ricky Gianco, Victor Sogliani e Gianni Dall'Aglio). Torna nel 1971 nuovamente nei Giganti, fino al nuovo scioglimento della band nel 1972. (Per la cronaca: I Giganti risultano tuttora in attività...)

In un'intervista, il musicista parla così degli esordi:

Ho sempre visto il fenomeno rock di quegli anni come un fenomeno di rottura soprattutto sul sociale, non mi interessava poi così tanto l’aspetto propriamente musicale. È per questo che ero un grande fan di Elvis: perchè ha letteralmente inventato il concetto moderno di show live!

I nostri riferimenti più che i Beatles erano gli Everly Brothers, gruppo davvero avanti come impostazione vocale, ma i primi Beatles non mi piacevano tanto.

Ho creduto molto ne I Giganti; firmavo i pezzi e poi dividevamo i diritti, ma presto ho visto che non funzionava,specialmente in quattro...

Quello che si sa dei Giganti è infatti uscito nell’arco di 4 mesi, poi il progetto si è sfaldato.

Il fatto di puntare sull’impatto vocale nacque quasi per caso, eravamo nati come gruppo strumentale, e su 7-8 pezzi siamo andati avanti un bel po’ per la forza dell’inerzia…

Terra in bocca (il concept album del ‘72) è invece già un discorso diverso: lì ero già io con un nucleo di interpreti notevoli. Gianni Sassi scrisse i testi e tra noi nacque un feeling eccezionale; fece un ottimo lavoro... È un peccato che non ci sia più. (NdR: Gianni Sassi, “inventore” tra gli altri degli Area - promozionalmente parlando -, è morto nel 1993.) Tra i musicisti compaiono invece Vince Tempera, che allora aveva davvero idee geniali, nel ruolo di arrangiatore e Ares Tavolazzi (Area, NdR). È un bel lavoro, Terra in bocca, ma non c’entra più niente con i Giganti...

Nel 1975 Mino Di Martino forma con la sua prima moglie, l'attrice Terra Di Benedetto, e con Franco Battiato, Juri Camisasca, Roberto Mazza e Lino Capra Vaccina, il gruppo sperimentale Telaio Magnetico, la cui breve esperienza dal vivo viene testimoniata vent'anni dopo dall'album Live '75

Nel 1978 forma con la moglie Terra il duo di avanguardia Albergo Intergalattico Spaziale (dal nome del locale gestito da entrambi a Roma), con cui pubblica un album. 

Su questo interessante progetto c'è anche una pagina in inglese, con recensioni, sul noto sito web 'Prog Archives'


Nel 2009 è la volta del CD Angeli di solitudine, con inediti degli Anni '70. Nel 1984 pubblica per la Polydor il suo primo album da solista, Alla periferia dell'impero. A partire dagli Anni '90 si dedica all'attività di autore per altri artisti come le già citate Giuni Russo e Alice. 

         Nel 1995 realizza con Saro Cosentino l'album TV Dinner

Nel 2008 realizza con la cantante, musicista e compositrice Maddalena Bianchi (ilcompleannodimary) l'album Holywood' Songs (vinile presente su G.T. Distribution: clicca qui). 

2008: Battiato incide la sua canzone "L'addio", scritta in origine per Giuni Russo, e la include in Fleurs 2


Mino Di Martino continua la sua carriera di compositore, lavorando in modo particolare per la cantante Alice...

 


SARO COSENTINO - MINO DI MARTINO


TV Dinner


 


Digipack CD - Cod.: MPRCD092 -


Etichetta: M.P. & Records - Anno: 2020


www.mprecords.it

www.gtmusic.it



11/04/20

'Garden Shed', album degli England (1977)

     Side 1


     Side 2


Vagamente indefinibile nella sua mania di emulazione... e alquanto limitato. Ma ci sono punte "progressive" piacevoli, echi (quasi sfacciati) di gruppi famosi. E' uno dei primi Genesis-Yes-Gentle Giant Revisited.


Tracks lato A (Side 1):

1. Midnight Madness
2. All Alone (Introducing)
3. Three Piece Suite

 Tracks lato B (Side 2):

4. Paraffinalea
5. Yellow
6. Poisoned Youth

Label: Arista

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Il bonus-CD uscito nel 2015 offre ben otto tracce extra, oltre a quelle dell'LP. E un libretto di 28 pagg.

Gli England si erano formati nel 1975. Formazione:

Martin Henderson: basso, voce
Frank Holland: chitarra, voce
Robert Webb: tastiere, voce
Jode Leigh: batteria, voce, basso

Rilevanti: la voce di Henderson, alta ma piacevole e ben calibrata, degna degli Yes... e il mellotron di Webb.

Maggiori info su: