The Trys - Distant Lands (Negozio Ebay)
Moments of Reflection (ordinalo qui)
Abbiamo a che fare con una visione modernista, e sperimentale per tanti versi, della musica rock. E della musica tout court. Un'integrazione di linguaggi diversi, senza la componente compiacente e crudelmente buffonesca dell'artista di cassetta.
Come sarebbe facile ora far partire una ballata rock! Ma la musica di Mirko Jymi rimane ricerca, e anche casualità; cosa, quest'ultima, che è un elemento non indifferente dell'avanguardia.
È un discorso comunque che vale fino a Planets. Di recente (2021) è uscito Moments of Reflection, che, pur basandosi su ambient e fusion, è sicuramente un disco tipicamente progressive rock.
First is best? Il debutto (2004) del
MirkoJymiMusicalProject
Dunque: la ricerca insita al MirkoJymiMusicalProject, al Mirko Jymi del tempo di The Trys e a quello del successivo Planets, è musica aleatoria, da una parte limitata ad alcuni parametri fissati dal compositore in partenza, dall'altra affidata alla sostenibilità e alla forza di resistenza dello strumento, degli strumenti usati. Ossia: sintetizzatori Korg, Yamaha CS-80 analog, Minimoog, Poly Moog, Hammond, Arp Odissey...
Abbiamo, a immediata disposizione, due album (in formato fisico): Distant Lands e Planets.
Se il primo CD, quello di The Trys (1995), evoca lunghi binari e foreste dense (il viaggio come esperienza centrale!), il secondo, Planets appunto, pubblicato con il moniker "MirkoJymiMusicalProject" e che ha ugualmente la caratteristica di essere di ottima fattura e contenente bellissime grafiche e un delizioso libretto, già ci fa staccare dalla Terra, ossia dall'astronave madre, e ci porta nello spazio.
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The Trys - Distant Lands
Album di fusion, strumentale, contenente due tracce:
"Start Of The Journey" (12 min.)"Distant Land Suite" (41 min.)
a) Set put on a long Journeyb) Long Trail -- Dense Woodsd) An enchantnebt of streamse) Deer Wolves Eagles, Watching Youf) The Journey Continuesg) Fatigue Makes Itself Felth) Finally Breaki) Resume The Journeyl) End Of The Journey Peace
Ci sono molte figure musicali completamente sconosciute al grande pubblico ma importanti perché hanno contribuito e contribuiscono all'evoluzione della musica. In questo album del 1995, Mirko Jymi mostra già l'uso anticonvenzionale di ritmo, melodia e armonia. In pratica, l'artista ha accorciato la scala dei suoni... nel contempo esplorandola in profondità.
Tu pensi: wow, qui siamo tra Schönberg e Shostakovich! Poi parte il secondo brano - che è in realtà una lunga suite suddivisa in 10 parti - e il tuo udito avvezzo al pop già si allieta per l'inizio che fa pensare a qualche brano dalla melodia corrente, orecchiabile, ma anche in questo caso: la melodia c'è, però insiste su dissonanze. È una ricerca seria, seriosa, con brani che a tratti defineresti monocordi - su scala locria - ma che vanno a svilupparsi in maniera sorprendente. Tutto molto creativo, artistico. E, pian piano, la parte colta e curiosa di te torna a svegliarsi.
Tra vibrafoni e chitarre sintetiche, tra mugugni e ululati di questo o quel moog e parti corali varie, si sentono il basso di Enrico Antonelli (anche Moog Taurus, effetti sonori) e la batteria e le percussioni di Marco Alberti. Jymi stesso suona sintetizzatori Korg, Yamaha CS-80 analog, Minimoog, Poly Moog, Hammond, Arp Odissey, piano elettrico, clavinet (il cui suono è analogo a quello della chitarra elettrica), vibrafono, chitarra elettrica Steinberg, basso, loops, effetti...
Il primo brano ha già tutte le caratteristiche della musica classica moderna, dicevamo. Non mancano le atonalità; eppure, qua e là vengono a inserirsi linee di melodie e ben sonanti triadi. Ma il viaggio vero "decolla" con "Set put on a long Journey", la prima delle dieci sezioni della suite.
Mentre finora era stata lasciata da parte, apposta, la risoluzione cadenzale, e avevamo registrato l'insistere sulla nota iniziale (che dà l'impronta all'intera composizione), qua abbiamo una virata verso soluzioni di bellezza, anche se ricercata. Ma non illudetevi che si vada a parare sul regalo di un easy listening! Valvole rotative e qualche componente di metallurgia producono bits e bytes di musica che rimane - sì - recherche. E che ci fa riflettere sulla correlazione tra l'udito e gli altri sensi.
È, insomma, un'opposizione voluta e cosciente alla musica leggera o musica popolare. Si tratta di inni e canti assolutamente riconoscibili come moderni, e non solo per l'impiego dell'elettronica. Eppure, nel vento dei suoni pare di ascoltare qualche zufolo assiro-babilonese, qualche lyra. Il satiro suona, appare, poi torna a nascondersi...
Anche Planets (c'è, nella confezione, insieme al CD audio, pure il DVD, che è pieno di immagini futuristiche e spaziali, per aumentare l'esperienza di assimilazione) è chiaramente ricerca; ricerca di un metodo che riconosce - come scrittura convenzionale - solo il tempo, semmai, e dà voce soprattutto agli strumenti elettrofoni. Questo prodotto, come quell'altro, si stacca dalla pretesa di semplice musica cameristica per dare voce a paesaggi, dimensioni polifone, fughe piene di colori. Con meno sonate sciancate e più paesaggi sferici.
Inizia con 4 minuti di ascesa lenta, tra piccole scosse, microsismi, prima che "Cybernetics Part I" assuma una chiara connotazione prog. Si interrompe bruscamente (come se il nastro fosse stato tranciato di netto) e parte "Cybernetics Part II" con ben altri suoni: adesso siamo in un luogo di metallo, ci sono i cigolii di un'astronave e pure qui, a 1:22, parte un jazzrock / prog-jazz di buona fattura. ancora un'interruzione brusca e comincia una sinfonia ariosa: "The Space".
L'opera prosegue così, con entrate e uscite non scontate. Una musica abbastanza varia e immaginifica, certo, sempre sotto l'egida di macchine neuroinformatiche e del "trip" attraverso il nostro sistema solare e oltre. (Godetevi il DVD, ove la grafica - un susseguirsi di diapositive - fa il paio con i suoni.)
Conversazione con l'artista
Mirko Jymi, tastierista italo-brasiliano, ci illustra con simpatico accento romanesco:
MirkoJymiMusicalProject è il mio progetto ambient e risale al 2004. Lo sto rispolverando... Sono inoltre impegnato nella ristampa degli album di The Trys, la mia vecchia band, e ho iniziato una buona collaborazione con Alessandro Serravalle [N.d.R.: chitarrista, tastierista, cantante... vedi Officina F.lli Serravalle, Garden Wall, Il Testamento Degli Arcadi et alia]. Per il 2022, spero di concretizzare un grande progetto jazz rock fusion che ho in mente da un po’ e che vede la collaborazione di famosi artisti internazionali.
Nota:
Mirko fa la spola tra Roma e Salvador de Bahia (e anche Sao Paolo). Ed è spesso il Brasile a dargli ispirazione per i suoi nuovi progetti. Tra le collaborazioni "italiane", oltre ad Alessandro Serravalle Mirko ha contatti con Francesco Chiummento, l'ultimo disco del quale è stato prodotto dallo stesso Mirko Jymi oltre che da Paolo Ricca e Alex Catania. Inoltre, c'è in vista la pubblicazione su vinile di molti suoi lavori, e un DVD dei vari 'live'.
Tra una domanda e l'altra al Maestro, torniamo ad ascoltare un po' della sua musica. Ora è come uno scivolare nello spazio ove qua e là si coglie lo stridore della navicella, con cambiamenti quasi impercettibili nella trama dei bits e bytes. E poi ci sono brani come "Improvisation Part 3" di grande forza immaginativa, con il modularsi di sottotrame che arricchiscono il "motivo" principale, in uno sbocciare di sempre nuovi rami. Non più ambient ma già prog-rock. Un elettro-viaggio. Con le note sostenute a punteggiare il ritmo, nello svilupparsi di pattern nuovi.
La sua musica è una gioia per gli audiofili: con questi prodotti sonori, si potrebbero mettere alla prova i diversi sistemi di riproduzione... a parte farne il soundtrack delle nostre attività quotidiane.
The Trys, dall'album Darkness del 1993.
Con Marco Alberti (drums and percussion) ed Enrico Antonelli (bass, guitars, Moog Taurus, effects)
"Life On Mars" (dall'album Planets, 2020)
MirkoJymiMusicalProject - "Tribal Dance"
Dice Mirko:
Cerco sempre di spaziare tra vari generi... come tra l’altro ho sempre fatto nel corso della mia carriera. L’idea per Moments of Reflection mi è venuta una sera in studio in Brasile mentre facevo dei fraseggi al pianoforte. Ero lì quando così all’improvviso ho deciso che avrei fatto un album strumentale di progressive rock.
Prende quindi a parlare del mondo della musica secondo il suo punto di vista di viaggiatore e abitatore di due diversi continenti.
In Italia si va avanti con cover e minestre riscaldate, come si suol dire. In Brasile è diverso. Come mai ho lasciato l'Italia? Come mai ho optato per il Brasile, e anche per i mercati di Germania, Giappone, di tutto il Sud America...? Perché lì fanno versioni di musica Anni '70, '80, '90 e poi arrivano però ai nostri giorni. Quindi, danno la precedenza ad artisti e gruppi moderni e... fanno suonare! In quei Paesi fanno suonare! Poi, certo, è anche bello che ti incontri con il celebre artista brasiliano della psichedelia e del progressive che andava forte in Brasile negli Anni Settanta, okay, bellissimo, però lì si dà spazio alle band meno conosciute. Appunto: il contrario dell'Italia, dove questa cosa non si fa assolutamente. L'Italia... sta distruggendo la musica! In Italia ci si lamenta che "non c'è niente, non c'è niente...". Non è vero: gli artisti ci sono! Ma se non li fanno ascoltare, se non li sponsorizzano, se non gli danno spazio... è normale che non emergeranno mai! Nessuno sa che esistono. Se ancora il sistema italiano degli spettacoli continua con questi gruppi i cui componenti hanno ottant'anni, anziché lasciare il passo alle nuove leve che fanno musica - e alcuni sono musicisti coi controcoglioni, come dicono a Roma, io lo so perché li conosco, li ho ascoltati... - è evidente che non va, che non funziona nulla. I miei sono concetti chiari, credo. Sono anni che mi batto per questa cosa qui!Fare molta ricerca, fermarsi, studiare. Ecco il nostro compito! Altrimenti si sforna sempre lo stesso prodotto. Io faccio di continuo cose diverse. Oggi, tutte queste band post-rock metal eccetera sembrano lo stesso gruppo! Alla fine, cambia solo il nome. Suonano tutte in maniera uguale. Prendine dieci, di band prog-metal: seguono lo stesso genere, lo stesso filone di musica e non riesci a distinguerle. Di contro io, ogni mio progetto cerco di farlo diverso dal precedente. Altrimenti tralascerei di fare musica, di suonare musica; me ne andrei al mare (sogghigna). Capisci? Lascerei perdere. Questo è il punto, ecco. Siete voi blogger e siete voi pubblico a dare soddisfazione. Noi facciamo musica e cerchiamo di dare il nostro meglio. Quando tornerò in Italia, riprenderò un certo progetto che ho in mente e che voglio portare avanti con Gianni Nocenzi. Un progetto che riguarda band italiane. Band che nessuno se le fila, band che cercano di fare cose interessanti, cose nuove, cose inedite. I F.lli Serravalle sono tra questi gruppi. Noi vogliamo fare una selezione di band, iniziando da Roma e via via esplorando altre aree geografiche. Cercare di farle suonare dal vivo. Basta con questi complessi Anni Ottanta, basta! Hanno fatto la loro parte e ora... che se ne andassero in pensione! Non si può andare avanti seguendo la medesima falsariga. Sempre gli stessi festival, sempre gli stessi artisti e le stesse band... con gente sul palco di 70 anni o più. È abbastanza, adesso! Bisogna dare spazio ad artisti che fanno vera musica. Musica innovativa. Inedita, soprattutto. Non minestre riscaldate di mezzo secolo fa. Ecco il mio parere. E queste idee le porto avanti, le sto portando avanti.
Ti racconto un aneddoto: quando parlai con Klaus Schulze, che conobbi a un concerto (anche merito del mio manager. Fu quando stavo con la Cyclops Records: il mio manager conosceva il manager di Klaus Schulze e ci ha fatti incontrare), io stavo in concerto e lui, Schulze, mi spiegava come mai aveva abbandonato i Tangerine Dream. È andato avanti per un po' a fare musica per poi fermarsi; perché sulla musica ambient, quella che facevano loro, alla fine ti fermi, sennò rischi di fare tutti i progetti molto simili l'uno all'altro, praticamente identici. Infatti, pure i Tangerine Dream alla fine si son persi, così come Klaus Schulze stesso. Lui me lo ha detto, personalmente. Ha spesso, per anni, studiato, fatto ricerca, innovazione, per poi pubblicare nuovi progetti. Non erano idee innovative al 100% le sue ma, diciamo, abbastanza innovative. Quindi - capisci? - lui ha cambiato direzione, mentre nel contempo i Tangerine Dream sfornavano album su album, sì, dischi carini, ma alla fine tutti uguali. Ci intendiamo sul senso del mio discorso? Stando all'avanguardia, io non sono rimasto fermo alle sonorità Anni Settanta. Nel progetto che sto portando avanti con Alessando [N.d.R.: Alessandro Serravalle], usiamo entrambi synth, loops, strumentazione moderna, Korg, Yamaha...
Intervistatore: Ad ascoltare i brani che mi hai spedito, sembra di sentire una band intera! Un ensemble di più persone.
Certo, noi suoniamo persino bass e drums. Dal vivo, nonché sui miei album Planets e Moments of Reflection, ho due turnisti, sia in studio sia live, due musicisti bravi - il batterista ha suonato con Sergio Mendes... Per fare il polistrumentista e mixare le varie registrazioni occorre avere un background niente male, sai? Il tutto richiede grande impegno e tanto studio. Anche perché sulla musica ambient ti puoi sbizzarrire come vuoi, come facevano i grandi maestri, i pionieri. Ci sono brani con looper, con sequencer, samples, suoni speciali, effetti sonori... Se ascolti il concept album Planets, noterai forse che contiene brani che ho suonato con la band e altri unicamente miei, dove uso la batteria elettronica... che però sembra vera! Ciò richiede studi, anni e anni di ricerche.
Già uscito: l'EP Moments of Reflection
(Disco che va in una direzione diversa da quella di Planets, Moments of Reflection è molto più chitarristico e progressive.)
A breve: l'uscita di Abyssal Depths
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