11/04/21

Wish, da Roma, e il loro album sull'amicizia (o sulla solitudine?)

 Molto valido il CD dei Wish, sia come fattura (nonostante si tratti di un'autoproduzione: grafiche e foto formidabili, tra l'altro), sia per il contenuto - cosa, quest'ultima, non sempre ovvia. 

La data di pubblicazione dice "2019" e, essendo da allora ormai trascorsi due anni, è lecito attendersi, da Patti Salvatore e accoliti, un seguito di questo Stay Here My Friends.



Il quartetto romano apre le danze con lo strumentale "Like A Yes", che può darsi sia nato da una seduta jam, ma è talmente complesso e ben orchestrato da farci credere che il risultato finale sia frutto di lungo lavoro. Non è certo una sonatina semplice, ma per un gruppo del genere equivale al classico esercizio per "scaldarsi le mani". 

Già l'inizio di "Deep Wish", il secondo brano, ci fa addirittura salire di grado. Qui conosciamo la voce di Franceschelli (il canto è in inglese) calata in un'atmosfera cupa, distopica forse. È una traccia dalla quale probabilmente si sarebbe potuto ricavare un tantino di più, anche a livello canoro, ma tra toni strumentali bassi e cantato quasi incerto, impaurito, l'esito rimane quello forse voluto dalla band: creare visioni di un'attesa o di un desiderio che null'altro è che un'utopia, come di chi aspetta Godot. Un perdersi in una dimenticanza senza speranza. (Un po' di prog metal nel pentagramma.) E:


"At night words are lighter 

but in the sleepless dark

they turn in circle..."


Arriviamo così a "Dancing With Myself".

Frasi come "I'm scared by shadows I'm a fly in a jar" ("spaventato dalle ombre, sono una mosca dentro un barattolo") fanno capire che la canzone ci racconta - di nuovo - una situazione di dubbi, di inanità. La musica però si snoda con positività, come se, almeno a livello di desiderio onirico (già: "wish"!), si fosse superata l'impasse. E anche il ritmo cresce.

"Scrambled Eggs", strumentale, è certamente uno dei pezzi migliori dei sei che costituiscono l'album. Sei minuti circa di... "uova strapazzate", proprio: c'e tutto l'armamentario sonoro della storia del rock sinfonico a convogliare nel brano. Atmosfera mediterranea a tratti (a ricordarci gli Alias, da Napoli), poi anche un alito di Nord. Ad ogni modo: più cambi di scene che cambi di tempo. 


"Church" si apre - giustamente - con un organo che si direbbe a canne, poi parte la chitarra di Giorgio Simonetti. E Piergiorgio Franceschelli intona: "Seven the notes and / Seven the days and  / Seven the seals..."  Tutto un elenco di cose che sono "sette": "Seven the verses / Seven the sins and / Seven the branches of Menorah"... Segue un lungo intermezzo carico di lirismo riflessivo (e per questo la canzone si fa volere bene), prima che, attraverso interessanti soluzioni sonore, si torni al tema iniziale: "SEVEN the virtues / SEVEN the wonders..."

L'album si chiude con il brano che dà il titolo al disco: "Stay Here My Friends", molto riuscito. Diciamo pure: il migliore in assoluto, quello per cui vale la pena comprare il CD.



Poiché i testi sono esclusivamente di Franceschelli, è forse da imputare a lui il carattere "dark" di questo disco (unico barlume di speranza proprio nell'ultima traccia: "Standing here, / I'm lonely in this moment / Looking off / here and there to find you / in a frantic crowd / Waiting for the moment to come") ma la sua "filosofia" sembra essere stata abbracciata in pieno dalla band, che lo accompagna facendosi specchio, in fondo, della realtà là fuori; qua fuori.


Sì, siamo curiosi di ascoltare il seguito!

Del resto, i Wish esistono fin dal 1992. Giusto dunque che intensifichino gli sforzi per farsi conoscere meglio e di più!




Piergiorgio Franceschelli - Lead and Backing vocals

Giorgio Simonetti - Guitar, Bass, Backing Vocals 

Massimo Mercurio - Drums

Salvatore Patti - Keyboards



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 Foto pubblicata poco prima del Trasimeno Prog Festival 2020




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