4/22/21

Alias - 'The Second Sun'

Arrivano da Napoli e si chiamano Alias.
Dal loro album del 2020 The Second Sun, questo è il brano omonimo. 




Sono un quartetto. Alla voce:  Romilda Bocchetti (che inoltre suona il piano, le tastiere, la darbuka).


Il gruppo ha dalla sua il fattore spigliatezza, misto a un interessante multiculturalismo e a una spiccata tendenza per la ricerca sonora. Insomma: gli Alias producono musica colta... ma con una certa levità, e quindi musica ballabile, se si vuole! Almeno a tratti. È una di quelle formazioni che possiamo benissimo immaginare esibirsi sia a un festival popolare che sul palco di una manifestazione dedicata alla musica progressive.
Siamo più che certi che ci daranno ancora diverse soddisfazioni... Scommettiamo?


Tra Napoli Centrale e... Medio Oriente. Con qualche accenno di tarantella.


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Il dipinto della cover e dell'interno del CD, opera del maestro Raffaele Bocchetti, raffigura la Wardenclyffe Tower, stazione sperimentale che Nikola Tesla fece costruire a Long Island nel 1901 per le sue trasmissioni senza fili. 

Romilda Bocchetti: voce, piano e tastiere, darbuka
Giovanni Guarrera: chitarra classica, cori
Ezio Felaco: basso
Fredy Malfi: batteria.

Con la partecipazione di Max Fuschetto all'oboe in "Red Six"


Su Spotify c'è l'intero 'The Second Sun', questo piacevole e intelligente album di debutto della formazione partenopea.





#progrock #music #rock #postrock #folkrock #progfolk






Tre dei componenti degli Alias provengono dall'OMM (Orchestra Multietnica Mediterranea) mentre Fredy, il batterista, dai Napoli Centrale. Si sono coesi negli Alias per continuare a suonare e sperimentare progressive rock e musica etnica. 
Le influenze diverse che l'album ci suggerisce sono di folk tradizionale, folk-rock, jazz, rock, pop (ma un pop di tipo artistico: art pop)... 

Si parte con "Red Six", traccia di 4 minuti che disegna e stabilisce le coordinate dell'opera. Una sorta di latin jazz arricchito da passaggi ariosi. Per certi versi, qui gli Alias ci ricordano un'altra scoperta degli ultimi anni: gli Aliante (ma questi ultimi sono privi dei cori...). 
Si passa a "Pitch Black", forse il brano migliore (ma è difficile dirlo!), che ci porta a un rock psichedelico con una melodietta ossessiva cantata che arriva ad entrarti in testa e che ci richiama certe egregie produzioni francofone degli ultimi decenni (sebbene il canto sia, qui come nel resto del disco, in inglese). Il significato di "Pitch Black" va comunque oltre. Vi si evocano, sia con le note del pentagramma che con il testo, i sogni e le speranze dei migranti. "Pitch Black" ci riporta alla mente quelle fragili imbarcarzioni cariche di persone meno fortunate di noi le quali cercano un futuro migliore... e alla fine si ritrovano ad annaspare in acque nere. Acque nere, picee; in tutti i sensi. 
L'inizio di "Mediterraneo Prog" ci fa riprendere un po' fiato, con il suo clima più amichevole, relaxed... apparentemente. Poi parte un tema veloce, un inserto di stampo jazz che tradisce l'eleganza e il buon gusto di tutta la band (non solo della brava cantante, la quale lungo tutto l'album ci fornisce vocalizzi gradevoli). Si trovano qui le influenze medio-orientali cui accennavamo più sopra. Dal dolce assolo di pianoforte, un venticello caldo ci agguanta teneramente per sollevarci in volo. Ancora acqua, ancora una distesa enorme, ma stavolta c'è molto blu...  
Arriva poi “Around The Universe” che, davvero, sembra volerci far continuare il viaggio: tra diverse etnie - e diverse stelle - tramite una chitarra classica che sa di latin. Il nostro procedere in volo si è fatto più siderale... La canzone è basata su versi di Raffaele Bocchetti.



"Danza Dei Due Mondi" è una suite strumentale contraddistinta da un continuo scambio tra chitarra folk classica (a corde di nylon) e modulazioni prog tastieristiche, non dissimile dal prog-rock Anni Settanta. Tarantella-wise. Poco da invidiare alla PFM... 
Il brano che dà il titolo all'album, e dunque "The Second Sun", è di una brillantezza non facile né scontata. È qui che entrano in gioco Nikola Tesla e i suoi esperimenti che ai profani sanno di stregoneria futuristica. L'aura misteriosa evocata da note cupe si infrangono in luce, in un forte raggio di fotoni. Vediamo tante scintille (e le "sentiamo" pure! Bravi tutti a rendere frizzante ed elettrica l'atmosfera) ed entriamo in un tunnel di vento magnetico. Finché, tra echi suggestivi, non vedremo stagliarsi nel cielo il secondo sole... 
"Samsara" è, di nuovo, folk etnico con incursioni nel progressive tradizionale. Prog folk, insomma. Che riesce però a liberarsi da ogni confinamento e si fa... gioia. Non gioia assoluta: c'è qualche inquietitudine tra le corde. Ma gioia, tuttavia. Il titolo si riferisce ovviamente al ciclo della vita eterna attraverso il vagolare dell'anima (vita, morte e rinascita: la ruota dell'esistenza). Un brano allegro o, diciamo, allegro moderato, di una lietezza non proprio spensierata, nient'affatto sciocca, che conclude degnamente l'album, lasciandoci con un senso di speranza e, sì, anche ricchi di una qualche saggezza confermata o riscoperta.





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