2/21/23

Steven Wilson, ricapitolando la sua carriera solista [2]

                            Seconda parte

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Hand. Cannot. Erase. (2015)


La faccia di Steven Wilson, che campeggia da quasi trent'anni ormai su tutti i magazines dedicati al rock progressivo, è diventata un'icona del genere. E su Prog gli articoli su di lui si succedono a cadenza regolare. Non passa praticamente numero di Prog - così come di altre riviste - senza che ci sia, su questo artista, almeno un trafiletto...




Nel periodo di Hand. Cannot. Erase., dell'EP 4 ½ e dell'album successivo To the Bone (2017) abbiamo l’ultima incarnazione di Wilson, ormai una figura a parte nel genere della musica popolare-ma-non-banale e del rock più ispirato e, sì, colto.

(L'ultimo album solista a oggi, The Future Bites, è uscito nel 2021 ed è tutt'altro discorso, secondo noi.)

In Hand. Cannot. Erase. siamo su livelli molto più piacevoli e meno introversi del lavoro precedente.

Con una chitarra elettrica che a tratti ricorda i gloriosi The Who e tastiere più aperte al mondo e dunque solari, ci viene offerta una vasta gamma di suoni. C'è qualche reminiscenza addirittura genesisiana. E, comunque, le composizioni hanno una vicinanza più sana alla forma "canzone".


   Line-up / Musicians

- Steven Wilson / vocals, electric (3-7,10) & acoustic (2,4-6,8,10) guitars, banjo (7), keyboards, Mellotron M4000, bass (1,2,5-7), hammered dulcimer (9), shaker, Fx, programming, choir (5,10,11) & strings (9,10) arrangements, producing & mixing

    With:

- Leo Blair / vocal solo (5)

- Guthrie Govan / lead guitar (1,2,5-7,9,10)

- Dave Gregory / guitar (2,10) & 12-string guitar (3)

- Adam Holzman / piano, Hammond B3, Fender Rhodes, celesta (3,5,9), Wurlitzer (7), Moog solo (7)

- Theo Travis / baritone saxophone & flute (9)

- Nick Beggs / bass (3,9), Chapman Stick (4,6,10), backing vocals (2,4-6,9,10)

- Marco Minnemann / drums

- Chad Wackerman / drums (10)

- Ninet Tayeb / backing vocals (3,5,9)

- Katherine Jenkins / voice (4)

- Dave Stewart / choir (5) & strings (9) arrangements

- Schola Cantorum of The Cardinal Vaughan Memorial School / chorus vocals (5,10,11)

- London Session Orchestra / strings (9,10)


   Tracks

1. First Regret (2:01)

2. 3 Years Older (10:18)

3. Hand Cannot Erase (4:13)

4. Perfect Life (4:43)

5. Routine (8:58)

6. Home Invasion (6:24)

7. Regret #9 (5:00)

8. Transience (2:43)

9. Ancestral (13:30)

10. Happy Returns (6:00)

11. Ascendant Here on... (1:54)


   Total Time 65:44



Album migliore del precedente, questo Hand. Cannot. Erase e sono d'accordo che trattasi di uno dei dischi meglio riusciti degli ultimi decenni, non solo in ambito neo-prog. In my humble opinion!

Per la pubblicazione dell'album, Steven Wilson venne intervistato da Jerry Ewing in persona, che è stato il fondatore della prestigiosa rivista Prog. L'intervista non aggiunge e non toglie nulla all'immagine di S. Wilson, da molti considerato arrogante e che dà forse fastidio per la sua onnipresenza, ma che intanto, grazie al fatto di essere tanto diligente, è uno dei pochi attori del prog che riescono a campare grazie alla vendita dei dischi. E a campare bene, come si sottolinea nell'articolo.



È un concept ispirato al caso di Joyce Vincent, una donna ben inserita nella società londinese la quale tuttavia, dopo essere spirata nel proprio appartamento, sembrò essere stata dimenticata da tutti e cancellata dalla memoria del mondo... finché tre anni dopo non se ne trovò lo scheletro. Qui c'è meno Theo Travis che nel precedente platter, quindi è un album meno jazzato e con momenti rock più "vivaci"... nonostante lo spunto funereo.





4 1/2 (EP, 2016)


Hand. Cannot. Erase. dell'anno prima fu l'album di maggior successo nella carriera di Steven Wilson - fino a quel momento. Grande risultò essere anche il riscontro di pubblico nel tour successivo. Proprio durante quei concerti, Wilson & Co. presentarono alcuni brani inediti (insieme ad altri del repertorio dei Porcupine Tree), brani che furono aggiunti nella cartella dei suoi progetti e pubblicati poi nel'EP 4 1/2 insieme a tracce che erano state escluse dagli ultimi suoi due album. 

4 1/2 uscì mentre Wilson lavorava già al suo quinto album (To the Bone). 

È un EP di 37 minuti. 4 dei titoli sono nati durante le sessioni per Hand. Cannot. Erase. e uno risale a The Raven That Refused to Sing. L'ultima traccia, "Don’t Hate Me", è una canzone originariamente registrata dai Porcupine Tree e riproposta in una versione rimaneggiata nel tour europeo. Per l'EP ci sono diverse aggiunte fatte successivamente nello studio di registrazione. 

Il cantato di "Don't Hate Me" vede affiancati Steven e Ninet Tayeb. È un duetto, dunque.

Tre tracce di 4 1/2 sono strumentali: "Year of the Plague", "Sunday Rain Sets In" e "Vermillioncore".



Released on Jan 22nd, 2016

Key Tracks: 1. "My Book of Regrets", 3. "Happiness III"

 

   Track listing

1. My Book of Regrets (9.23)

2. Year of the Plague (4.15)

3. Happiness III (4.31)

4. Sunday Rain Sets In (3.50)

5. Vermillioncore (5.09)

6. Don’t Hate Me (9.34)




To the Bone (2017)


"I'm tired of Facebook

Tired of my failing health

I'm tired of everyone

And that includes myself"


A maggio 2017, il singolo "Pariah" preannunciava l'uscita del quinto disco solista di Steven Wilson - senza contare, ovviamente, l'intermedio EP 4 ½ - e, anche dopo aver ascoltato più volte tutte le tracce di To the Bone, è questo il passaggio - dal brano "Pariah", appunto - che rimane più impresso nella mente. Questo e, anche, la canzone "Refuge", incredibilmente "catchy" e incredibilmente potente.



To the Bone segna il culmine della carriera del quasi 50enne musicista; è un compedio della sua inventiva, con novità sparse qua e là. La novità più grossa è ovviamente lo stile. Wilson stavolta voleva fare un album più pop-rock, sull'esempio di Peter Gabriel ('So'), dei Talk Talk...! Qualcosa che si avvicinasse e lo avvicinasse al mainstream. (Ricordo che diede decine, forse centinaia di interviste in cui cercava di spiegare il perché della svolta.) In To the Bone, il songwriting cerca di essere diretto, senza troppi orpelli, prova a dipanarsi lungo una narrazione rock che non sia necessariamente progressive... Forse vuole un po' rifarsi anche à la Kate Bush dei grandi successi, ai dischi di artpop. Ne esce fuori un prodotto eccellente, non importa quale etichetta vogliamo affibbiargli: la cura dei dettagli e la tecnica - anche nelle e delle cosiddette "canzoni pop" (ma... "Permanating" è una canzone pop? Leggera?... Ma sì, dài!) - rivelano la mano del maestro. L'eclettismo inoltre è presente, non ci sono mai due brani che si assomigliano. E i testi sono molto seri e ben strutturati, evocano immagini spesso dark, come negli anni precedenti. È tutto troppo ben fatto e troppo ponderato perché Wilson possa ingannarci. Ah, a proposito dei testi, lui stesso dichiara:


>> Lyrically, the album’s 11 tracks veer from the paranoid chaos of the current era in which truth can apparently be a flexible notion, observations of the everyday lives of refugees, terrorists and religious fundamentalists, and a welcome shot of some of the most joyous wide-eyed escapism I’ve created in my career so far. Something for all the family! <<


Ricordiamoci di una cosa: mentre noi ripassiamo questo segmento della sua carriera solista, Wilson è impegnato su vari fronti contemporaneamente. Oltre ai Porcupine Tree, milita nei No-Man, nei Blackfield, nei Bass Communion, negli Storm Corrosion; si è occupato del remix di album targati King Crimson, si destreggia con le sonorità di epoche diverse e le ricopre di una patina moderna... In questo album dall’artwork minimale e forse per questo tanto efficace, vuole "rilassarsi" un po'... Beh, togliamoci il cappello.



Attenti, puristi! Adesso arriva la doccia fredda.

The Future Bites (2021)

Differente, molto differente, di sicuro non prog-rock... Siamo lontani, musicalmente, dai Porcupine Tree e dai primi album solisti di Steven Wilson. E tuttavia: da ascoltare, per meglio conoscere.

Mojo ha assegnato all'album 4 stelle su 5 descrivendolo come "un grande disco di pop maggiorato", aggiugendo che "il lavoro solista [di Wilson] ha portato l'artista ad abbracciare la dance, l'elettronica e il pop e ciò ha causato il miglioramento". Uncut, Classic Rock, il tedesco Rocks Magazine...: tutte le testate specializzate hanno lodato l'imprevedibilità di Wilson, i suoi "agganci vocali in falsetto", il suo "metapop anticonformista". 

Un altro trionfo? Commercialmente, sì.



Le tracce sono state tutte composte da Steven Wilson e sul package i titoli sono stilizzati in maiuscolo. Anche il titolo dell'album lo è: 

'The Future Bites' ---> THE FUTURE BITES™. 

È il suo sesto lavoro personale in studio (full-lenght). Coprodotto da Wilson e David Kosten e registrato a Londra.

The Future Bites tratta due temi ricorrenti della produzione di Wilson: l'identità dell'essere umano e la tecnologia. A proposito di quest'ultima, un comunicato stampa in concomitanza con l'uscita del disco ci dice che la tecnologia "è un muro di separazione della nostra utopia del 21° secolo, consentendo anche momenti di crescita personale e ottimismo". Di The Future Bites è stato inoltre detto che è "meno la visione cupa di una distopia prossima ventura quanto più una curiosa lettura del qui e ora".

"Personal Shopper" il primo singolo, "ci immerge completamente nella danza e nella neo-disco, mantenendo in qualche modo un taglio rock".

"In qualche modo": già!


   Track listing

1. "Unself" 1:05

2. "Self" 2:55

3. "King Ghost" 4:06

4. "12 Things I Forgot" 4:42

5. "Eminent Sleaze" 3:52

6. "Man of the People" 4:41

7. "Personal Shopper" 9:49

8. "Follower" 4:39

9. "Count of Unease" 6:08

           

                Lunghezza totale: 41:59


     Line-up e collaboratori

  - Steven Wilson: voce, chitarre, tastiere, campionatore, basso, percussioni, programmazione

  - David Kosten: programmazione, sintetizzatori, drone in "Count of Unease"

  - Michael Spearman: batteria, percussioni

  - Nick Beggs: basso in "Personal Shopper", Chapman Stick in "Eminent Sleaze"

  - Adam Holzman: tastiere in "Eminent Sleaze" e "Follower"

  - Richard Barbieri: sintetizzatori in "Self"

  - Jason Cooper: piatti e percussioni in "King Ghost"

  - Blaine Harrison, Jack Flanagan: cori in "12 Things I Forgot"

  - Elton John: parola pronunciata in "Personal Shopper"

  - Bobbie Gordon, Crystal Williams, Wendy Harriott, Fyfe Dangerfield, Rou Reynolds, Rotem Wilson: cori

  - London Session Orchestra in "Eminent Sleaze"

 

  Steven Wilson -

          Album da solista


2008 Insurgentes
2011 Grace for Drowning
2013 The Raven That Refused to Sing (And Other Stories)
2015 Hand. Cannot. Erase.
2017 To the Bone
2021 The Future Bites



   Links relativi: 

Steven Wilson, la vita al di là della band [1]

                        Etichetta discografica Kscope 

 

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