Gold & Grey (2019)
2/25/23
Baroness (U.S.A.)
2/21/23
Steven Wilson, ricapitolando la sua carriera solista [2]
Seconda parte
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Hand. Cannot. Erase. (2015)
La faccia di Steven Wilson, che campeggia da quasi trent'anni ormai su tutti i magazines dedicati al rock progressivo, è diventata un'icona del genere. E su Prog gli articoli su di lui si succedono a cadenza regolare. Non passa praticamente numero di Prog - così come di altre riviste - senza che ci sia, su questo artista, almeno un trafiletto...
Nel periodo di Hand. Cannot. Erase., dell'EP 4 ½ e dell'album successivo To the Bone (2017) abbiamo l’ultima incarnazione di Wilson, ormai una figura a parte nel genere della musica popolare-ma-non-banale e del rock più ispirato e, sì, colto.
(L'ultimo album solista a oggi, The Future Bites, è uscito nel 2021 ed è tutt'altro discorso, secondo noi.)
In Hand. Cannot. Erase. siamo su livelli molto più piacevoli e meno introversi del lavoro precedente.
Con una chitarra elettrica che a tratti ricorda i gloriosi The Who e tastiere più aperte al mondo e dunque solari, ci viene offerta una vasta gamma di suoni. C'è qualche reminiscenza addirittura genesisiana. E, comunque, le composizioni hanno una vicinanza più sana alla forma "canzone".
Line-up / Musicians
- Steven Wilson / vocals, electric (3-7,10) & acoustic (2,4-6,8,10) guitars, banjo (7), keyboards, Mellotron M4000, bass (1,2,5-7), hammered dulcimer (9), shaker, Fx, programming, choir (5,10,11) & strings (9,10) arrangements, producing & mixing
With:
- Leo Blair / vocal solo (5)
- Guthrie Govan / lead guitar (1,2,5-7,9,10)
- Dave Gregory / guitar (2,10) & 12-string guitar (3)
- Adam Holzman / piano, Hammond B3, Fender Rhodes, celesta (3,5,9), Wurlitzer (7), Moog solo (7)
- Theo Travis / baritone saxophone & flute (9)
- Nick Beggs / bass (3,9), Chapman Stick (4,6,10), backing vocals (2,4-6,9,10)
- Marco Minnemann / drums
- Chad Wackerman / drums (10)
- Ninet Tayeb / backing vocals (3,5,9)
- Katherine Jenkins / voice (4)
- Dave Stewart / choir (5) & strings (9) arrangements
- Schola Cantorum of The Cardinal Vaughan Memorial School / chorus vocals (5,10,11)
- London Session Orchestra / strings (9,10)
Tracks
1. First Regret (2:01)
2. 3 Years Older (10:18)
3. Hand Cannot Erase (4:13)
4. Perfect Life (4:43)
5. Routine (8:58)
6. Home Invasion (6:24)
7. Regret #9 (5:00)
8. Transience (2:43)
9. Ancestral (13:30)
10. Happy Returns (6:00)
11. Ascendant Here on... (1:54)
Total Time 65:44
Album migliore del precedente, questo Hand. Cannot. Erase e sono d'accordo che trattasi di uno dei dischi meglio riusciti degli ultimi decenni, non solo in ambito neo-prog. In my humble opinion!
Per la pubblicazione dell'album, Steven Wilson venne intervistato da Jerry Ewing in persona, che è stato il fondatore della prestigiosa rivista Prog. L'intervista non aggiunge e non toglie nulla all'immagine di S. Wilson, da molti considerato arrogante e che dà forse fastidio per la sua onnipresenza, ma che intanto, grazie al fatto di essere tanto diligente, è uno dei pochi attori del prog che riescono a campare grazie alla vendita dei dischi. E a campare bene, come si sottolinea nell'articolo.
È un concept ispirato al caso di Joyce Vincent, una donna ben inserita nella società londinese la quale tuttavia, dopo essere spirata nel proprio appartamento, sembrò essere stata dimenticata da tutti e cancellata dalla memoria del mondo... finché tre anni dopo non se ne trovò lo scheletro. Qui c'è meno Theo Travis che nel precedente platter, quindi è un album meno jazzato e con momenti rock più "vivaci"... nonostante lo spunto funereo.
4 1/2 (EP, 2016)
Hand. Cannot. Erase. dell'anno prima fu l'album di maggior successo nella carriera di Steven Wilson - fino a quel momento. Grande risultò essere anche il riscontro di pubblico nel tour successivo. Proprio durante quei concerti, Wilson & Co. presentarono alcuni brani inediti (insieme ad altri del repertorio dei Porcupine Tree), brani che furono aggiunti nella cartella dei suoi progetti e pubblicati poi nel'EP 4 1/2 insieme a tracce che erano state escluse dagli ultimi suoi due album.
4 1/2 uscì mentre Wilson lavorava già al suo quinto album (To the Bone).
È un EP di 37 minuti. 4 dei titoli sono nati durante le sessioni per Hand. Cannot. Erase. e uno risale a The Raven That Refused to Sing. L'ultima traccia, "Don’t Hate Me", è una canzone originariamente registrata dai Porcupine Tree e riproposta in una versione rimaneggiata nel tour europeo. Per l'EP ci sono diverse aggiunte fatte successivamente nello studio di registrazione.
Il cantato di "Don't Hate Me" vede affiancati Steven e Ninet Tayeb. È un duetto, dunque.
Tre tracce di 4 1/2 sono strumentali: "Year of the Plague", "Sunday Rain Sets In" e "Vermillioncore".
Released on Jan 22nd, 2016
Key Tracks: 1. "My Book of Regrets", 3. "Happiness III"
Track listing
1. My Book of Regrets (9.23)
2. Year of the Plague (4.15)
3. Happiness III (4.31)
4. Sunday Rain Sets In (3.50)
5. Vermillioncore (5.09)
6. Don’t Hate Me (9.34)
To the Bone (2017)
"I'm tired of Facebook
Tired of my failing health
I'm tired of everyone
And that includes myself"
A maggio 2017, il singolo "Pariah" preannunciava l'uscita del quinto disco solista di Steven Wilson - senza contare, ovviamente, l'intermedio EP 4 ½ - e, anche dopo aver ascoltato più volte tutte le tracce di To the Bone, è questo il passaggio - dal brano "Pariah", appunto - che rimane più impresso nella mente. Questo e, anche, la canzone "Refuge", incredibilmente "catchy" e incredibilmente potente.
To the Bone segna il culmine della carriera del quasi 50enne musicista; è un compedio della sua inventiva, con novità sparse qua e là. La novità più grossa è ovviamente lo stile. Wilson stavolta voleva fare un album più pop-rock, sull'esempio di Peter Gabriel ('So'), dei Talk Talk...! Qualcosa che si avvicinasse e lo avvicinasse al mainstream. (Ricordo che diede decine, forse centinaia di interviste in cui cercava di spiegare il perché della svolta.) In To the Bone, il songwriting cerca di essere diretto, senza troppi orpelli, prova a dipanarsi lungo una narrazione rock che non sia necessariamente progressive... Forse vuole un po' rifarsi anche à la Kate Bush dei grandi successi, ai dischi di artpop. Ne esce fuori un prodotto eccellente, non importa quale etichetta vogliamo affibbiargli: la cura dei dettagli e la tecnica - anche nelle e delle cosiddette "canzoni pop" (ma... "Permanating" è una canzone pop? Leggera?... Ma sì, dài!) - rivelano la mano del maestro. L'eclettismo inoltre è presente, non ci sono mai due brani che si assomigliano. E i testi sono molto seri e ben strutturati, evocano immagini spesso dark, come negli anni precedenti. È tutto troppo ben fatto e troppo ponderato perché Wilson possa ingannarci. Ah, a proposito dei testi, lui stesso dichiara:
>> Lyrically, the album’s 11 tracks veer from the paranoid chaos of the current era in which truth can apparently be a flexible notion, observations of the everyday lives of refugees, terrorists and religious fundamentalists, and a welcome shot of some of the most joyous wide-eyed escapism I’ve created in my career so far. Something for all the family! <<
Ricordiamoci di una cosa: mentre noi ripassiamo questo segmento della sua carriera solista, Wilson è impegnato su vari fronti contemporaneamente. Oltre ai Porcupine Tree, milita nei No-Man, nei Blackfield, nei Bass Communion, negli Storm Corrosion; si è occupato del remix di album targati King Crimson, si destreggia con le sonorità di epoche diverse e le ricopre di una patina moderna... In questo album dall’artwork minimale e forse per questo tanto efficace, vuole "rilassarsi" un po'... Beh, togliamoci il cappello.
Attenti, puristi! Adesso arriva la doccia fredda.
The Future Bites (2021)
Differente, molto differente, di sicuro non prog-rock... Siamo lontani, musicalmente, dai Porcupine Tree e dai primi album solisti di Steven Wilson. E tuttavia: da ascoltare, per meglio conoscere.
Mojo ha assegnato all'album 4 stelle su 5 descrivendolo come "un grande disco di pop maggiorato", aggiugendo che "il lavoro solista [di Wilson] ha portato l'artista ad abbracciare la dance, l'elettronica e il pop e ciò ha causato il miglioramento". Uncut, Classic Rock, il tedesco Rocks Magazine...: tutte le testate specializzate hanno lodato l'imprevedibilità di Wilson, i suoi "agganci vocali in falsetto", il suo "metapop anticonformista".
Un altro trionfo? Commercialmente, sì.
Le tracce sono state tutte composte da Steven Wilson e sul package i titoli sono stilizzati in maiuscolo. Anche il titolo dell'album lo è:
'The Future Bites' ---> THE FUTURE BITES™.
È il suo sesto lavoro personale in studio (full-lenght). Coprodotto da Wilson e David Kosten e registrato a Londra.
The Future Bites tratta due temi ricorrenti della produzione di Wilson: l'identità dell'essere umano e la tecnologia. A proposito di quest'ultima, un comunicato stampa in concomitanza con l'uscita del disco ci dice che la tecnologia "è un muro di separazione della nostra utopia del 21° secolo, consentendo anche momenti di crescita personale e ottimismo". Di The Future Bites è stato inoltre detto che è "meno la visione cupa di una distopia prossima ventura quanto più una curiosa lettura del qui e ora".
"Personal Shopper" il primo singolo, "ci immerge completamente nella danza e nella neo-disco, mantenendo in qualche modo un taglio rock".
"In qualche modo": già!
Track listing
1. "Unself" 1:05
2. "Self" 2:55
3. "King Ghost" 4:06
4. "12 Things I Forgot" 4:42
5. "Eminent Sleaze" 3:52
6. "Man of the People" 4:41
7. "Personal Shopper" 9:49
8. "Follower" 4:39
9. "Count of Unease" 6:08
Lunghezza totale: 41:59
Line-up e collaboratori
- Steven Wilson: voce, chitarre, tastiere, campionatore, basso, percussioni, programmazione
- David Kosten: programmazione, sintetizzatori, drone in "Count of Unease"
- Michael Spearman: batteria, percussioni
- Nick Beggs: basso in "Personal Shopper", Chapman Stick in "Eminent Sleaze"
- Adam Holzman: tastiere in "Eminent Sleaze" e "Follower"
- Richard Barbieri: sintetizzatori in "Self"
- Jason Cooper: piatti e percussioni in "King Ghost"
- Blaine Harrison, Jack Flanagan: cori in "12 Things I Forgot"
- Elton John: parola pronunciata in "Personal Shopper"
- Bobbie Gordon, Crystal Williams, Wendy Harriott, Fyfe Dangerfield, Rou Reynolds, Rotem Wilson: cori
- London Session Orchestra in "Eminent Sleaze"
Steven Wilson -
Album da solista
2008 Insurgentes2011 Grace for Drowning2013 The Raven That Refused to Sing (And Other Stories)2015 Hand. Cannot. Erase.2017 To the Bone2021 The Future Bites
Links relativi:
Steven Wilson, ricapitolando la sua carriera solista [1]
Album da solista2008 Insurgentes2011 Grace for Drowning2013 The Raven That Refused to Sing (And Other Stories)2015 Hand. Cannot. Erase.2017 To the Bone2021 The Future Bites
Released 25 February 2013Recorded 15–21 September 201217 October 2012Studio EastWest Studios, Los AngelesAngel Recording Studios, London
Links relativi:
2/17/23
Etichetta discografica Kscope
Kscope, label che è tra le colonne portanti del nuovo prog-rock
Ancora nel XXI secolo il progressive rock dà molti bei frutti e ciò si deve anche alla vivace etichetta britannica Kscope, sotto la cui egida sono uscite diverse pietre miliari del neo-prog.
Fondatore nonché capo dei reparti di marketing e di vendite della Kscope è Johnny Wilks. Alla fine degli Anni Novanta, Wilks fondò la Kscope esclusivamente per i Porcupine Tree ma presto la label londinese assunse un'identità propria anche al di fuori dell'orizzonte artistico di Steven Wilson. Un passo decisivo fu quello di prendere sotto contratto The Pineapple Thief. Poi venne il turno degli Anathema e dei Lunatic Soul. Era il 2008 e l'avventura era appena iniziata...
Curiosamente, il marchio "Kscope" appartiene a Wilson, il quale è rimasto nell'azienda come musicista nonché prezioso consigliere.
Il rapporto tra la Kscope e il frontman dei Porcupine Tree raggiunse l'apice nel 2013, con la pubblicazione di The Raven That Refused To Sing (And Other Stories), album che aiutò l'etichetta a crescere.
"La nostra politica è quella di sentirci e far sentire ciascun artista come parte di una grande famiglia, dove il colloquio e le cooperazioni hanno un ruolo primario" dice Johnny Wilks.
Le strategie vanno applicate individualmente...
"e perciò il nostro metodo di lavoro muta sensibilmente a seconda se il prodotto fa parte dell'ambito 'meditative rock' - per esempio di un gruppo ancora relativamente sconosciuto come i Nordic Giants - oppure se è di un vecchio leone del prog, tipo Ian Anderson. Ci sono inoltre shooting stars dei quali prendersi cura, come i TesseracT..."
Una delle band dell'etichetta Kscope: TesseracT
(Acle Kahney [tutti gli strumenti]· Ashe O`Hara per un certo periodo, ora di nuovo Daniel Tompkins [vocals] · Amos Williams [basso] · Jay Postones [drums]),
qui con l'album del 2021
P o r t a l s
"L'importante è che le singole formazioni non abbiamo paura a sperimentare, per non replicare a menadito lo stile barocco e i virtuosismi autocompiacenti delle icone del prog-rock classico."
"Post-progressive" è l'appellativo che la stessa etichetta ha scelto per l'indirizzo musicale che la contraddistingue. Dopo appena dieci anni, il nome "Kscope" faceva parte già degli standard del genere progressive; e ne è oggi - dicono in tanti - la pietra angolare.
Articolo sui Klone (Brescia Oggi)
Alcuni degli atti che hanno pubblicato e pubblicano con la Kscope: Giancarlo Erra (Nosound), Anathema, Mariusz Duda (Lunatic Soul), Gazpacho, Aviv Geffen (Blackfield è il progetto che Aviv conduce insieme a Steven Wilson), The Pineapple Thief con Gavin Harrison, il duo russo iamthemorning composto da Marjana Semkina e Gleb Kolyadin...
Gli Empyre dagli Stati Uniti, una delle ultime acquisizioni della Kscope
Altri link
Il "Kscope Podcast" (su Soundcloud) presenta varie e interessanti selezioni, come questa "Top 10 Steven Wilson Songs"
The Kscope (Video-)Podcast with Billy Reeves
Dove poter comprare i vinili e i CD degli artisti della Kscope? Nel Kscope store su Burningshed!
"... post-progressive"?
2/07/23
La bellezza della stranezza: Kay Hoffman - 'Floret Silva'
Sembrerebbe un disco di musica religiosa ma è di più: è un'opera che rientra nel folk-rock d'avanguardia, nel Krautrock, nel rock progressivo, nel folk medievale, nello psych folk.
Di "psych" si deve assolutamente parlare, giacché l'iniziatrice del progetto è in seguito diventata celebre come autrice di libri di terapia di danza, trance, estasi, ipnosi, esperienze mistiche. Nata a Basilea ma di nazionalità americana, Kay Hoffman ha compiuto studi di musica, filosofia e ipnosi e si è dedicata alla programmazione neurolinguistica. Ha insegnato danza, sviluppando il suo personale sistema di terapia del movimento.
Disco stranissimo ma per noi interessante questo Floret Silva, in quanto la Hoffman (nel ruolo di compositrice e musicista) si servì anche di alcuni nostri vecchi conoscenti del progressive rock per realizzarlo: i Pierrot Lunaire, più segnatamente Gaio Chiocchio e Jacqueline Darby (quest'ultima, la conosciamo per aver partecipato all'album Gudrun).
Tracks:
1. Iste Mundus2. Floret Silva3. Exorcisms4. Intermezzo (Chume Chume)5. Ich Will Truren6. Rondo7. Mai Tanz8. Quot Sunt Horae9. Tot10. Sonus Dulcis Lyrae11. Ouverture Zum Fest12. Intermezzo (Fagott Sommer Nacht Promenade)13. Tempus Instat14. Langueo (Vacilantis)15. Chume Chume16. Nummus17. Post Communio Sancti Cyrilli
- All: Choir/Chorus
- Mark Armstrong: Reissue Coordination- Carlo Bardi: Bassoon- Gaio Chiocchio: Arranger, Guitar (Electric)- Jonathan Coleclough: Design- Renato Cordovani: Clarinet, Clarinet (Bass), Sax (Tenor)- Jacqueline Darby: Laughs, Siren, Vocals, Voices- Christoph Heemann: Tape Transfer- Kay Hoffman: Arranger, Clavinet, Composer, Percussion, Piano, Primary Artist, Voices- Michele Losappio: Arranger, Clavinet, Composer, Engineer, Fender Rhodes, Piano, Trombone, Vocals- Tolmino Marianini: Trumpet- Maurizio Pieri: Engineer- Sandro Raimondi: Drums, Engineer, Percussion, Sax (Alto)- Gianni Salaorni: Guitar (Acoustic), Guitar (Electric)- Kevin Spencer: Audio Restoration- Simo Valzania: Arranger, Bass, Bass (Electric), Bouzouki, Composer, Effects, Engineer, Flute, Glockenspiel, Guitar, Guitar (Acoustic), Harp, Harpsichord, Organ, Recitation, Toy Piano, Violin, Vocals, Water Effects- Nicola Vernuccio: Bass, Bowed Double Bass, Double Bass
Chi lo ha recensito (pochi) ha accostato questo disco allo stile di Dr. Strangely Strange, Gong, Stone Angel, Incredible String Band... Comus. diciamo che appartiene a un sottogenere dell'IPR (Italian Progressive Rock) - allo psych folk underground.
La Hoffman si è sforzata di mettere in musica parti dei Carmina Burana, come già fece il tedesco Carl Orff nel 1935-36 (sua la celebre cantata intitolata appunto 'Carmina Burana'). Si tratta di un'antologia medievale (dell'XI-XIII sec.) di 253 componimenti poetici a tema mistico-religioso in Altdeutsch e in francese antico.
Aiutata dai Pierrot Lunaire (in primis dalla cantante classica gallese Jacqueline Darby), Hoffman realizzò dunque il suo Floret Silva, che ha una genesi tumultuosa per causa di tempi non rispettati e altri ostacoli, cosicché l'opera non vide la luce nel 1977 e neppure nel 1978, come era previsto (e doveva uscire per la RCA), ma soltanto nel 1985, grazie a una piccola etichetta giapponese (Belle Antique). Tre decenni dopo la sua nascita, il disco venne finalmente pubblicato in un'edizione degnissima: da Robot Records.
A tratti sembra di sentire una protoversione dei Dead Can Dance... se questi sapessero cantare il latino (la Darby, a quanto possiamo giudicare, l'antico idioma lo conosceva bene). Gli strumenti principali sono il flauto, l'arpicordo o clavicembalo, fiati e strumenti a corde. La musica tradizionale dalla coloratura medievale presenta inserti avanguardistici (con risate, sirene, aggiunte vocali à la Luigi Nono o Luciano Berio) e ornamenti di sonorità rock stile Anni Settanta. Ad un certo punto non si sa più cosa sia più anacronistico: le melodie pastorali e a sfondo religioso (ma a tratti sembra piuttosto un prendersi gioco di tanto trasporto di fede!) oppure i passaggi modernistici.
È un album davvero strano e intrigante, che piace e cattura chi sul serio vuole essere catturato. E che ci impone di riascoltarlo più volte.
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